13 Febbraio 2024
Villar Perosa e la famiglia Iachia, una bella storia di accoglienza
Bruno Iachia ricorda quando la sua famiglia fuggì da Torino ai Ciardossini (Villar Perosa) per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei e l’accoglienza della comunità villarese.
La Storia, come un grande puzzle, si compone di tante tessere, tante piccole storie. Se si ha la fortuna di sentirle raccontare, queste colorano di vita le immagini in bianco e nero dei libri di scuola.
Bruno Iachia, classe 1935, aveva poco più di due anni quando arrivò a Villar Perosa, dove il papà Oreste, ebreo di origine, cercava rifugio con la sua famiglia, dopo l’inizio delle campagne antiebraiche del regime fascista.
Una famiglia come tante
A un paio di settimane dal Giorno della Memoria, il racconto di Bruno porta in luce come la Storia sia passata anche dalla val Chisone. «Sono nato a Torino nel giugno 1935. Mio papà si chiamava Oreste ed era del 1892, mia mamma, Maria Rosa Montebro, era cattolica e originaria di Masio (il paese del presidente del Toro, Urbano Cairo) in provincia di Alessandria. C’era anche mia sorella Carla, di un anno e mezzo più vecchia di me…» Una famiglia come tante, insomma. «Vivevamo in Via Catania, papà aveva aperto un laboratorio per il trattamento della cellulosa, una cartiera». Poi tutto cambiò.
Oreste Iachia, ebreo e antifascista
L’essere di religione ebraica e le sue opinioni politiche antifasciste (dopo la guerra farà parte del consiglio comunale di Villar Perosa in quota P.C.I.) rendevano pericoloso per Oreste Iachia rimanere in città e lo spinsero a spostarsi in un posto più tranquillo, come la val Chisone. «Mamma – racconta Bruno – era già stata a Villar Perosa dove aveva lavorato alla Cooperativa (vendeva il pane, mi pare) e chiese a qualche sua conoscenza di aiutarci. Così salimmo in valle e andammo ad abitare in un paio di stanze ai Ciardossini (ndr una borgata di Villar sulla montagna sopra la chiesa di San Pietro in Vincoli)».
Un laureato a fare il boscaiolo
Per vivere Oreste trovò lavoro nella Ditta Damiano, quella a cui il senatore Agnelli affidò la costruzione dei rifugi antiaerei: «Mio padre, che pure era laureato in Economia e Commercio, iniziò a fare l’operaio per la Ditta Damiano, che oltre a occuparsi di lavori di muratura, faceva anche tagli boschivi, mio papà non era certo un abile boscaiolo tuttavia cominciò a tagliare legna… Dopo un paio di mesi, i titolari della Ditta si resero conto che, con la sua istruzione e la sua intelligenza, avrebbe potuto essere più utile per un lavoro di ufficio, così papà prese a lavorare come segretario tuttofare dell’azienda».
Da impiegato ad assicuratore
Iachia rimase a lavorare dai Damiano fino al 1947: «Dopo la guerra, mio padre decise di lasciare il lavoro presso i Damiano e aprì un’agenzia di assicurazioni (della Compagnia Latina), che è poi passata, cambiando denominazione, a mio cognato Giusto Galliano e ora a suo figlio Daniele».
Usavamo un altro cognome
Villar Perosa si rivelò accogliente per la famiglia Iachia: «Una sera sentimmo come un botto provenire dalla camera da letto: qualcuno dall’esterno aveva lanciato un sacco con due micche di pane. Voleva aiutarci ma di nascosto per non creare un debito di gratitudine… Anche se per non dare nell’occhio invece di Iachia all’inizio usavamo il cognome Iachio e poi quello di mamma, Montebro, Villar è stato il posto ideale per noi, tanta gente ci ha aiutato e nessuno ci ha mai tradito rivelando la nostra presenza. Fino alla Terza sono andato a scuola a Caserme (ndr la borgata dove sorgono anche la chiesa di San Pietro e il cimitero), per finire le elementari sono dovuto scendere in paese, poi ho frequentato la scuola professionale e ho lavorato alla RIV: pur essendo nato a Torino, mi sono sempre sentito di Villar, anche se da tanti anni vivo a Perosa Argentina, il paese di mia moglie Lina Maurino».
GR
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