Al concorso “Comuni fioriti” molti paesi delle valli si son fatti onore. Non è detto, però, che il futuro del territorio sia tutto rose e fiori.

La Tekfor, una delle industrie più importanti – almeno dal punto di vista occupazionale – della val Chisone naviga ancora a vista.

La vicenda è nota. La fabbrica, quando si chiamava RIV, era un fiore all’occhiello. O quanto meno dava da vivere a gran parte dei valligiani (e non solo a loro). Poi la proprietà passò agli svedesi di SKF. In anni più recenti ancora altri cambi di proprietà (tedeschi, indiani, un fondo finanziario), e per i lavoratori difficoltà e, soprattutto, incertezza.

Racconta Cristina Maccari, sindacalista FIM-CISL: «L’attuale proprietà, KKR, quando si è trovata ad inglobare Tekfor per recuperare crediti non onorati dai proprietari precedenti (ndr non ha avuto alternativa!), aveva annunciato l’intenzione di procedere a una ristrutturazione del personale con incentivi per far uscire volontariamente circa 125 dipendenti tra Villar e Avigliana (ndr sede di un’altra fabbrica controllata dal fondo finanziario KKR) in vista della cessione ad altri dell’azienda».

Obiettivi lontani dall’essere raggiunti. Anche perché come sottolinea Sergio Palmero, dipendente dello stabilimento villarese: «Chi era vicino alla pensione – una sessantina di persone – ha già approfittato degli incentivi (45 mila euro lordi) per gli esuberi volontari». Attualmente per evitare che qualcuno venga lasciato a casa nei due stabilimenti (Villar e Avigliana) è in piedi un contratto di solidarietà: «ogni lavoratore – spiega Maccari – a rotazione non lavora per un giorno a settimana o 15 giorni e usufruisce per questo sacrificio della cassa integrazione».

La sindacalista FIM – CISL Cristina Maccari

Se l’azienda finora si è comportata seriamente riguardo al pagamento dei salari, come conferma Palmero: «Gli stipendi sono sempre stati regolari», è la situazione quotidiana a destare qualche perplessità. «Il lavoro c’è, ma le macchine sono ancora quelle di SKF e senza investimenti diventa difficile mantenere i volumi richiesti». A questo si aggiunge una certa confusione e, soprattutto, una totale mancanza di informazione. «La speranza – commenta Palmero – è di finire come l’SKF di Pinerolo, che dopo la cessione si è rilanciato, ma incertezza e preoccupazione per il futuro sono reazioni normali dopo i continui passaggi di proprietà nel giro di pochi anni: da SKF a Neumeyer, ad Amtek, a KKR». Ogni volta con progetti di rilancio a parole e “riorganizzazioni” (con perdita di posti di lavoro) nei fatti. «Certo – riflette ancora Palmero – se l’azienda investe 3 o 4 milioni di euro per gli incentivi alle uscite volontarie, si presume che un piano per il futuro ci sia».

Anche per provare a dare risposte alle inquietudini dei lavoratori, il sindacato era riuscito a programmare, a metà ottobre, un incontro con la proprietà davanti all’amministrazione regionale. «Purtroppo – spiega Cristina Maccari – quando tutto era concordato con la Regione, l’azienda ci ha fatto sapere che non intendeva venire a questo confronto. Secondo loro rimane sufficiente il tavolo sindacale poiché in Regione si dovrebbe andare solo di fronte alla prospettiva di chiusura dell’azienda». In realtà «forse se la parte politica venisse coinvolta un po’ prima – abbozza la Maccari – sarebbe possibile ricevere qualche aiuto (ndr agevolazioni fiscali) per evitare di trovarsi a mal partito».

Certo la speranza è l’ultima a morire, ma qualche informazione a supporto non farebbe male, soprattutto quando le indiscrezioni sussurrano che il responsabile, per conto di AlixPartners (società internazionale di consulenza), della riorganizzazione aziendale stia per essere sostituito.

GUIDO ROSTAGNO