29 Aprile 2019
Pragelato. Una tragedia ancora attuale: la valanga del Beth
Anticipa di poco il primo maggio, un’altra data, il 28 aprile, che invita a riflettere i lavoratori: la giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro.
Un tema sempre attuale, come testimonia l’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro, – un ente che tiene quotidianamente la triste contabilità degli incidenti mortali sui luoghi di lavoro, arrivati già a centonovantanove il 23 aprile.
Qualche giorno prima ancora, il 19 aprile, si ricorda per combinazione la più grande tragedia sul lavoro mai avvenuta in Italia. In questa data nel 1904 una valanga travolse e uccise 81 lavoratori delle miniere del Beth (sopra Pragelato).
Nel centoquindicesimo anniversario di quel luttuoso evento, la chiesa parrocchiale di La Ruà ne ha ospitato la commemorazione, con la preghiera e le riflessioni guidate da don Pasqualino Canal Brunet, presenza fissa e apprezzata ormai da anni tutti i 19 aprile. «È significativo – ha commentato il parroco di Trossieri – che quest’anno la data della valanga del Beth sia coincisa con il Venerdì Santo, un giorno in cui tutti i cristiani riflettono sulla morte di Gesù Cristo con la speranza nella resurrezione da lui promessa».
Accanto alla preghiera, la mattinata ha visto le riflessioni storiche del guardia-parchi e studioso Domenico Rosselli («dopo la morte del professor Maggiorino Passet Gros – lo ha presentato don Canal Brunet –, il maggiore esperto delle miniere del Beth»). Rosselli ha raccontato come nacque lo sviluppo dell’attività estrattiva in alta quota – «un’intuizione dell’imprenditore Pietro Giani, famoso per le sue cave (anche quelle di Malanaggio) da cui provenivano le pietre utilizzate nella Torino sabauda di metà ottocento» -, accompagnato a quello dell’economia locale. Si giovarono infatti della presenza dei minatori – impegnati a estrarre a 2800 metri di altitudine la calcopirite cuprifera (da cui si traeva il 7% di rame e il 42% di zolfo) – anche osterie, negozi e altre attività di servizio. Negli anni a cavallo tra la metà del XIX e l’inizio del XX secolo, alle miniere fu portata l’acqua e poi l’elettricità, consentendo a quasi trecento persone di utilizzare percussori pneumatici e di lavorare nelle gallerie durante tutte le stagioni. Le condizioni erano però estreme e la valanga del 1904 ne diede prova funesta: solo a giugno inoltrato furono recuperate le ultime salme.
Nel suo intervento il sindaco di San Giorio di Susa (che nella valanga perse due suoi cittadini), Danilo Bar ha analizzato l’attualità delle morti di chi cerca lavoro – «magari muore in mare durante una traversata» – e sulla doppia tragedia vissuta, allora come oggi, dai familiari: «accanto alla dolorosa perdita, furono spesso ridotti in miseria dal venir meno dello stipendio del loro caro». «Troppo spesso – ha commentato – libri di storia non ricordano i i caduti sul lavoro: bisogna studiare i fatti del Beth, di Marcinelle e Bhopal!» Monica Berton, sindaca di Pragelato, con le sue parole ha segnalato come la valanga del Beth abbia unito, ma anche travalicato nel dolore le valli Chisone e Germanasca: molti minatori ad esempio erano di Pinasca, di Massello, di Perosa e Perrero, altri provenivano dal bellunese, uno persino da Perugia.
A concludere la commemorazione la lettura dei nomi, dell’età e della provenienza degli 81 minatori il cui ricordo, l’amministrazione pragelatese cerca di prolungare coinvolgendo, ogni anno, in questa giornata i ragazzi delle scuole.
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