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Territorio  

Val Chisone. L'alluvione del 2000: i ricordi di un sindaco e di un volontario AIB

Val Chisone. L'alluvione del 2000: i ricordi di un sindaco e di un volontario AIB

Ponti e strade spazzati via, torrenti diventati fiumi, aziende in ginocchio e persone isolate, avendo perduto inoltre quasi tutto. Le immagini dell’alluvione nel cuneese riportano alla mente di chi li ha vissuti i giorni dell’ottobre di vent’anni fa quando un disastro analogo investì le valli Chisone e Germanasca.

«Da allora in caso di forti piogge, porto la brandina in ufficio»

Laura Zoggia, sindaco di Porte (allora come oggi), racconta la sua esperienza (per molti versi simile a quella di tanti sindaci delle valli). «Verso le 4:30 della domenica (ndr 15 ottobre 2000) mi alzai, indossando in fretta i pantaloni sopra il pigiama per andare a vedere il livello inquietante dell’acqua al Ponte Palestro. Scendevo a piedi la strada dell’Inverso, poi una pattuglia dei Carabinieri mandatami incontro mi raccolse: tempo di arrivare al municipio e la strada crollò». Bloccata così la via per rientrare a casa, la giovane sindaca (eletta la prima volta nel ‘99) trascorrerà i tre giorni seguenti in municipio. «Da allora – ricorda con un sorriso – in caso di forti piogge, mi porto una brandina in comune, non si sa mai…» A peggiorare il tutto, «i cavi del telefono nella zona di casa mia erano stati tranciati, così per giorni non riuscii a sentire i miei (che sapevo essere rimasti senza luce e riscaldamento)». I telefoni cellulari non erano diffusi come oggi, così «per ogni evenienza mi diedero una ricetrasmittente». Qualche ricordo, col senno di poi, appare persino divertente «come l’evacuazione di una famiglia avvenuta facendoli salire nella benna di un trattore (il loro piano terra era sommerso dall’acqua)».

Il Ponte Palestro sommerso dal Chisone

A dare la forza di resistere in quei giorni disperati, non mancarono le manifestazioni di solidarietà. «Ci fu Edda Basso, sindaco di Piscina, che mi raggiunse (a piedi sotto la pioggia dopo aver dovuto lasciare la macchina) per testimoniarmi la sua vicinanza. Anche Alberto Barbero mi chiamò più volte, offrendo dei posti negli alberghi per chi ne aveva bisogno». Dei lavori post alluvione rimane ancor oggi sul ponte Palestro un tratto di ponte militare Bailey, installato nelle settimane successive, ma soprattutto il ricordo della solidarietà ricevuta. Come i 150 milioni di lire inviati dalla “Fondazione Specchio dei Tempi” per il ripristino degli impianti sportivi e il grande lavoro dei volontari «che permisero di completare i lavori in brevissimo tempo, lasciando basito il responsabile di Specchio dei Tempi (“Lo avessi saputo – ci disse -, vi avrei fatto avere ancora più soldi”)».

I detriti ammucchiatisi contro il Ponte Palestro

Pensando al presente, Laura Zoggia si dimostra ottimista: «Negli anni si sono fatti molti interventi sulla collina, in particolare, grazie ai PMO (ndr i Piani di manutenzione ordinaria del territorio, finanziati con una quota delle bollette dell’acqua della provincia di Torino). Adesso inoltre abbiamo la convenzione con gli AIB di Villar Perosa, che controllano puntualmente il comune. E grazie anche a quell’esperienza, abbiamo imparato a gestire meglio le situazioni di pericolo».

«Alla sera a tavola c’era stanchezza ma anche un grande senso di unità»

L’alluvione del 2000 fu una delle prime grandi emergenze in cui si rivelò fondamentale il contributo dei volontari AIB.

Giorgio Bresso allora era il vice capo squadra del gruppo pinaschese, ma si trovò di fatto a presiedere le operazioni (il caposquadra Flavio Clot e altri volontari erano impegnati in una missione umanitaria in Kosovo). «Ricordi precisi non ne ho molti – racconta -, di fronte all’emergenza bisognava agire e non c’era molto tempo per soffermarsi. Certo era grande la responsabilità che sentivo per tutti i volontari AIB impegnati in una situazione molto rischiosa. Per fortuna ci fu l’allora sindaco Sergio Pera con cui potevo sempre confrontarmi vista la sua presenza costante presso la nostra sede».

Come in tutte le emergenze le decisioni difficili non mancarono neppure allora. «Come quando dovemmo far evacuare alcune persone che vivevano in case a rischio per sentirci in seguito rimproverare dagli stessi visto che, per fortuna, non era capitato quanto temuto. “Sì, non è successo niente – gli risposi -, ma se capitava…!” Ci furono anche persone che non volevano sentire ragioni e che si rifiutavano di abbandonare la loro attività. Ma le cose si possono rimpiazzare, le vite no».

Una delle ultime immagini del Ponte “Principe di Napoli” prima del crollo

Conclusa l’alluvione, a Pinasca (e in tutta la valle) rimase la conta dei danni – sventrate alcune fabbriche (Taltos e Comep), crollate numerose strade e anche il ponte “Principe di Napoli” (che collegava con Inverso Pinasca) e, insieme al ponte, le condutture del metano e dell’acqua -, il lavoro dei volontari AIB non diminuì. «Dovevamo presidiare i punti pericolosi, assistere durante le operazioni di distribuzione di acqua (quella delle condutture non era sicura) e di “pompaggio” di gas dove la rete lo permetteva. E spalare tanto fango».

Il ponte di Inverso dopo il crollo

Di quei giorni, però, Giorgio conserva pure qualche ricordo bello. «Nella sede dell’AIB, alla sera quando ci trovavamo tutti intorno al tavolo per mangiare – un grazie va al grande lavoro di alcune delle nostre mogli! -, c’era stanchezza ma anche un grande senso di unità come in una grande famiglia». Una famiglia in cui erano presenti anche dei bambini, come ricorda Silvana Prot (moglie di Giorgio e una delle “volontarie” di cucina): «Quelle di noi che erano lì, si erano portate dietro anche i figli di sette/otto anni. Così nella sede, nella concitazione di quei momenti, c’erano anche loro che a seconda dei momenti giocavano o cercavano di dare una mano».

La sede della squadra AIB di Pinasca

La sede AIB di Pinasca era diventata un punto di ristoro anche per gli operatori intervenuti nei giorni successivi all’alluvione e Silvana ricorda le difficoltà di approvvigionamento: «A mangiare arrivavano i nostri, ma anche, ad esempio, i Vigili del Fuoco – certe sere tra tutti saranno stati duecento – e non era semplice fare rifornimento di viveri: i negozianti locali ci diedero quello che avevano, ma a un certo punto dovemmo andare a Pinerolo a fare scorte. Con la statale interrotta, fummo costrette a passare da Pra Martino!»

GUIDO ROSTAGNO

Foto dell’alluvione Bruno Galliano

 

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