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Città  

Un “pizzo” di storia sull’ex merlettificio Turk di Pinerolo

Un “pizzo” di storia sull’ex merlettificio Turk di Pinerolo

9 novembre 2014

Intervista esclusiva a Valentina Bassetti, autrice di una singolare installazione artistica

 

A metà del mese scorso è comparso sull’ex Merlettificio Turck, un vero e proprio… merletto. La vecchia costruzione, agonizzante e parzialmente devastata dal recente incendio, così addobbata, sembrava mostrare con nostalgia gli antichi fasti. Un pizzo – rimosso dopo pochi giorni – stava lì, sospeso sul Moirano, ad evidenziare l’importanza che l’edificio ha avuto nella storia della città e dell’architettura industriale.
Ma chi si è preso la briga di realizzare e appendere un merletto lungo i 94 metri della facciata del Turk? L’autore, anzi l’autrice è rimasta anonima per alcuni giorni, poi ha deciso di svelarsi inviando una lettera aperta ad alcuni giornali locali. Vita diocesana l’ha incontrata e intervistata in esclusiva. È una giovane pinerolese, si chiama Valentina Bassetti e si è appena laureata all’Accademia delle Belli Arti di Torino nel corso di Decorazione.
«La mia tesi si intitola “Homo laborans ergo faber” e analizza l’importanza del lavoro fatto con le mani – spiega Valentina con l’entusiasmo dei suoi 23 anni -. Ho preso spunto da autori come Richard Sennet che evidenziano anche l’importanza pedagogica del lavoro fatto a mano, ad esempio in bottega. E poi da Enzo Mari che mette in luce l’importanza del design, settore in cui l’Italia è stata leader per molti anni (adesso ha lasciato la produzione manifatturiera ad altre nazioni con i risultati che sappiamo!). Infine Maria Lai, artista sarda -tra le mie preferite – che analizza i manufatti tessili della propria regione. Mi ha stupito come siano utilizzati e manipolati i diversi materiali. Come il pane che, in Sardegna, a seconda dei luoghi e delle feste, assume forme diverse e finemente lavorate».
Questa artista sarda è stata una tua “ispiratrice”?
Prendendo spunto da lei ho iniziato ad analizzare la mia regione, gli spazi e gli edifici per vedere che cosa è rimasto delle antiche produzioni.
Nasce da qui l’idea di “immerlettare” il Turck?
Sì. Per la tesi dovevo eseguire tre elaborati. Il primo è stato un modulo eseguito all’uncinetto – amo questa tecnica – da poter comporre a seconda delle esigenze. Il secondo è un nido realizzato sempre all’uncinetto con filo di maglina colorato. L’ho appeso ad un albero, perché mi piace l’idea dell’ambiente naturale. Ci si poteva perfino accovacciare dentro! Il terzo è stato il merletto sul Turck.
Con che materiale lo hai realizzato?
In un primo momento volevo farlo all’uncinetto ma, data la lunghezza dell’edificio, sarebbe stato troppo impegnativo. Quindi l’ho realizzato in carta ritagliata da me, pezzo per pezzo, in modo da sottolineare la dimensione del lavoro fatto mano. Prima pensavo solo al mio lavoro ma, in seguito, ho preferito evidenziare l’importanza del Turk, la sua storia, il suo ruolo sociale e i lavori eseguiti nel suo interno.
Come hai fatto ad appendere all’edificio quasi 100 metri di merletto?
Immergendoci nelle acque Moirano! Eravamo cinque persone. Pensavo, dal mio primo sopraluogo, che degli stivali normali fossero sufficienti. Invece l’acqua era più alta del previsto e, nonostante ci fossimo “impacchettati” con dei sacchi di plastica, ci siamo bagnati ugualmente! Comunque lo abbiamo teso e fissato con un filo alle finestre.
Quale messaggio hai voluto lanciare con questa istallazione?
Ho semplicemente voluto richiamare l’attenzione della citta su questo importante edificio storico che rischia di scomparire. Ma ho voluto farlo in modo delicato e non provocatorio.

Cristina Menghini

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