11 Maggio 2020
Si fa presto a dire rifugio. Novità in vista delle riaperture

A sentir ventilare l’ipotesi di un divieto di uscire dalla Regione quest’estate, potrebbe nascere spontanea la risposta: “Allora andremo in montagna”, sognando polenta, spezzatino e un bicchier di rosso in un qualche rifugio alpino.

Non la fa così facile chi in un rifugio ci lavora, come Massimo Manavella, gestore del “Selleries” (sulle montagne tra Roure e Fenestrelle). «Per ora – spiega – non abbiamo ancora capito come sarà la riapertura (che dovrebbe essere a inizio giugno) e continuiamo a chiederci come offrire un ambiente sicuro ai nostri frequentatori». Impensabile nel 2020 rivedere una marea umana come lo scorso anno alla “Messa in vetta” con il vescovo; «Monsignor Derio – ricorda con un sorriso Manavella – aveva preparato 400 ostie, pensando di avanzarne, invece non sono bastate tanta era la gente».

Per osservare le distanze previste dalle norme, il Rifugio Selleries ridurrà i posti a tavola – «da 90 passeremo a 35-40 cercando di fare due o tre turni a pranzo per accogliere più persone possibile» – e dovrà rendere obbligatoria la prenotazione, senza la quale l’organizzazione del servizio «diventerebbe impossibile».

Anche se le norme lo assimilano ad alberghi e ristoranti, un rifugio ha un’altra missione, quella di «dare assistenza anche a chi va per la montagna e viene sorpreso dal freddo o da un temporale. Per questo installeremo una tensostruttura che consenta anche a chi non ha prenotato di trovare riparo». Magari gustando i piatti “da asporto” del Selleries: «attraverso una finestra, dalla cucina potremo servire vivande che si potranno mangiare, tenendo le distanze, sotto il tendone come sopra una roccia». All’esterno «ci saranno anche due bagni e un dispenser di gel sanificante (in cui basterà infilare le mani)». Attrezzature necessarie, queste, ma costose, specie «dopo tre mesi di chiusura in cui abbiamo dovuto rinunciare a Pasqua e ai ponti del 25 aprile e 1° maggio e dopo che sono saltati i soggiorni scolastici che ci assicuravano presenze da metà aprile ai primi di giugno». Un piccolo ma gradito aiuto è arrivato dal contributo a fondo perduto stanziato il 4 maggio dalla legge regionale “Riparti Piemonte”: duemila euro per ciascuno dei 226 rifugi piemontesi; sempre dalla Regione, che è proprietaria del Rifugio, Massimo è fiducioso «di trovare comprensione anche sugli affitti».

Nonostante tutte queste complicazioni «ci proponiamo – sottolinea Manavella – di arrivare in pareggio alla fine della pandemia, riuscendo a fornire il consueto servizio a chi viene in montagna». Obiettivo non facile perché al diminuire degl’incassi, il personale rimarrà quello solito: «Al normale lavoro si aggiungeranno l’assistenza all’area esterna e, soprattutto, la sanificazione continua dei tavoli e dei bagni per cui serviranno più o meno le stesse persone (una dozzina nel periodo estivo)». Lavoro a parte, però per evitare rischi di contagio, «è fondamentale che le persone che saliranno in montagna mostrino lo stesso senso di responsabilità richiesto in città, tenendo la mascherina quando necessario e prestando attenzione a sé e agli altri; se ci sarà questo, noi siamo sicuri che l’esperienza in rifugio sarà piacevole come gli scorsi anni».
GUIDO ROSTAGNO
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