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Giovani  

Sette giorni con Dio

Sette giorni con Dio

Il racconto di una partecipante alla Settimana comunitaria degli universitari a Torino

Settimana comunitaria aTorino
Il gruppo di giovani universitari che hanno partecipato alla settimana comunitaria

Universitari a Torino. Siamo tantissimi, ne conosciamo molti. Ma ci conosciamo? Quanto e come investiamo il nostro cuore e la nostra intelligenza? Pensare con Lode, la Pastorale degli universitari, è là dove, ogni giorno, tanti studenti tentano di mettere un mattone in più alla loro vita, al loro futuro. Una compagnia di amici di Cristo che gli universitari possono incontrare in facoltà e nelle residenze universitarie, presso la sede in via XX Settembre a Torino oppure sul web. La chiesa di Torino propone loro occasioni di incontro e condivisione, momenti di confronto, ascolto e accompagnamento spirituale, luoghi e spazi dove studiare, pregare, dialogare e fare festa insieme.
A partire da domenica 17 marzo si è svolta la settimana comunitaria “God in touch” presso il Seminario Minore di viale Thovez, che ha accolto ed ospitato più di 40 universitari provenienti da molte facoltà e da più diocesi, tutti accomunati dallo studio e dalla voglia di dare un tocco in più alla loro quotidianità. Una settimana comunitaria proposta da un’equipe che ha vissuto l’università e ancora la vive, una settimana fuori dall’ordinario, che sin dall’inizio ha segnato uno stacco dalla routine. La mia prima settimana comunitaria. Dopo la prima serata in cui ci siamo ambientati e abbiamo iniziato a conoscerci, ogni giornata è stata scandita dai soliti impegni ed arricchita da momenti di preghiera, condivisione dei pasti e delle pulizie, dallo studio in biblioteca, da coinvolgenti momenti trascorsi attorno ad un tavolo a giocare e a confrontarsi. Ogni sera un’equipe mista formata da sacerdoti, sposi, religiosi e religiose ha proposto incontri su temi molto vicini agli universitari; molti sono stati gli spunti per riflettere, porre domande e confrontarsi sul proprio percorso universitario, sull’esistenza o meno di un progetto a monte, sulla felicità di oggi e domani e se la viviamo come legata alla realizzazione nello studio, sulle delusioni e sulle aspettative per il futuro, su quanto lo studio sia un atto di fede.
Un’esperienza che porterò sicuramente con me è il servizio di volontariato che ci è stato proposto alla mensa dei poveri presso la parrocchia di Sant’Antonio da Padova. Ogni mattina un gruppetto di volontari preparava gli ambienti e distribuiva pasti caldi e da asporto ai molti indigenti che si presentavano. Al di là del portone si potevano vedere più di duecento persone in attesa del pranzo. È difficile spiegare l’impatto che crea questo quadro, è un momento che gela e scuote al contempo. Il portone si apre e un centinaio di persone entrano e prendono posto, mentre il resto del gruppo riceve un pacchetto con il pranzo da portare via; ognuno di noi doveva occuparsi di due o tre tavoli, servire i piatti e fare in modo che tutto si svolgesse in tranquillità. Per alcune persone era la prima volta che si recavano alla mensa ed erano visibilmente a disagio, altre cercavano con gli occhi uno sguardo, un saluto, una parola, per poi aprirsi, raccontarti un po’ della loro vita e ascoltare un po’ della tua. E ad essere in imbarazzo eri proprio tu, che non sai vivere a fondo il tuo tempo e ne perdi a lamentarti di ciò che ti manca e di cosa ti capita, senza cogliere quanto c’è di bello, tante volte senza nemmeno provarci. Tre ore frenetiche, che non appena concluse si fanno sentire, con tutta la loro forza. Hai dato qualcosa, hai ricevuto tanto e rimane un forte segno per il futuro. È stato frastornante tornare a casa per pranzo con una miriade di pensieri in testa e un’espressione diversa sul viso, la stessa che aveva chi era stato alla mensa i giorni precedenti, e vedere che l’esperienza contagiava allo stesso modo anche i volontari dei giorni successivi. Soddisfazione, stanchezza, gioia, turbamento e, come denominatore comune, uno sguardo nuovo.
Un’esperienza intensa, che ha contribuito a portare una ventata di novità nella mia vita, ma il più è dovuto alla straordinarietà dell’ordinario. Svegliarsi presto al mattino, iniziare la giornata con un momento di preghiera tutti insieme e sfruttare al massimo ogni momento, da soli o in compagnia, in silenzio, chiacchierando o cantando, con un libro, una tazza di tè, un mazzo di carte, il Vangelo tra le mani, riposati o stanchi per la giornata o dopo una partita a ping pong, tra domande impegnative e sorrisi. E poi concludere la giornata di nuovo insieme, sotto la croce a cantare in cerchio “l’Emmanuel”, tornare in camera per riposarsi in attesa del giorno dopo e sentire di aver vissuto una giornata piena, di aver vissuto alla grande, con Lode.
Per chiunque fosse interessato suggerisco www.universitari.to.it e da lì si possono trovare i riferimenti Facebook e Twitter, nonché le prossime proposte.

Chiara Ricca

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