27 Giugno 2018
Ritratto dell’artista OTTAVIO MAZZONIS DI PRALAFERA
«Nella contraddizione con il proprio tempo c’è una coerenza perfetta di Mazzonis pittore. Mazzonis sceglie l’Uomo e si pone davanti al Cristo come gli artisti hanno sempre fatto, per tutti, alla ricerca di valori universali. Mazzonis è olimpico: il suo riferimento più vicino e l’ultimo universale è Tiepolo. E da lì riparte, come se nulla vi fosse stato in mezzo. Al centro della sua concezione artistica vi è sempre Dio, anche quando affronta soggetti profani».
Con queste parole Vittorio Sgarbi parla di Ottavio Mazzonis, in occasione della mostra “Ecce Homo, Viaggio intorno alla Sindone”, accolta dai Padri Rosminiani alla Sacra di San Michele, in concomitanza con l’ostensione del 2015, cinque anni dopo che il pittore ha lasciato questo mondo.
«Ma tra le imprese notevoli di Mazzonis – prosegue lo storico dell’arte – vanno ricordate due grandi tele, modelletti incompiuti per gli altari del transetto nella cattedrale di Noto: due straordinarie invenzioni che legano il pittore a un’esperienza giovanile all’ombra del suo maestro Nicola Arduino che, nel 1952, dipinse la “Gloria di san Corrado” sul soffitto della cattedrale. Dopo la distruzione di quell’affresco, fui io a chiedere a Mazzonis di proporne una variazione, nello stesso spirito. E appresi così che Mazzonis era stato a Noto per lavorare con il maestro e che quindi ne era il più coerente e autorizzato successore. L’età gli impedì di compiere l’opera e scegliemmo l’alternativa delle due pale che l’artista avrebbe potuto dipingere in studio».
Purtroppo, anche questo progetto è venuto meno, nonostante l’accanimento a dipingere sino all’ultimo, che lo portava a affermare: «devo lavorare perché ho tanto da dire in pittura e scultura: il tempo lo sento tiranno e non posso indugiare, la stanchezza passa».
Ottavio Mazzonis era nato nel 1921 in una famiglia di famosi imprenditori tessili, di origine astigiana, che si erano stanziati con i loro stabilimenti a San Germano Chisone, a Torre Pellice e a Pralafera, località divenuta parte del loro cognome, quando avevano ottenuto il titolo di baroni, nel 1880.
La casa della sua gioventù fu quel palazzo in via San Domenico 11 a Torino, dove oggi si trova il Museo di Arte Orientale e che ancora adesso mostra al visitatore opere del pittore poco più che trentenne: la volta ad affresco con l’allegoria dell’arte e dell’industria e le insegne araldiche della famiglia e, sulla parete orientale, il giudizio di Paride, a olio.
Mazzonis mostra grande predilezione per le arti visive, andando a lezione, soltanto undicenne, da Luigi Calderini (figlio del famoso Marco, che possiamo ammirare alla Galleria d’Arte Moderna di Torino) e riesce poco alla volta a convincere della bontà delle sue scelte il padre Federico, che gli raccomanda unicamente serietà e perseveranza.
Inizia così la frequentazione dello studio di Nicola Arduino e nel 1946 lo segue nel padovano, dove per la prima volta sperimenta la tecnica della pittura a fresco e poi a Venezia, dove dipinge dal vero.
Nel 1947 Mazzonis si iscrive, quale allievo di Arduino, al Circolo degli Artisti di Torino e, sempre insieme con il suo maestro, partecipa il 18 e il 19 aprile al Convegno dei pittori, che raduna dieci artisti nella galleria Rege Santiano di Pinerolo.
Proprio in questa occasione, succede l’evento che conferma le aspirazioni di qualsiasi artista: vende la sua prima opera.
Nel 1959 Emma Santiano e Antonio Rege celebreranno i tre lustri di attività con un’antologia delle presenze più illustri e, tra i ventisei pittori, ci sarà anche Ottavio Mazzonis: il settimanale pinerolese “Il Corriere Alpino” commentava con orgoglio che «per coloro che troppo sovente lamentano le scarse iniziative artistiche di Pinerolo, questa mostra antologica, che raccoglie opere ad alto livello, rappresenta senz’altro una manifestazione importante ed interessante, quale non è facile incontrare in altre città».
Nel 1960 e 61 ritorna a salire sulle impalcature e si dedica alle decorazioni a tempera nella cupola e nell’abside della Pieve di Cumiana, dove raffigura rispettivamente l’Assunzione di Maria e la Comunione della Madonna.
Luigi Chiesa, sull’Osservatore Romano del 12 agosto 1963, esprime la sua ammirazione: «L’impressione che si prova entrando nel rinnovato tempio di Cumiana è di stupore e meraviglia per l’improvvisa visione di un capolavoro di arte religiosa, che si manifesta anche ai profani».
Ancora una volta viene citato Giambattista Tiepolo, il grande pittore del settecento veneziano ed è proprio qui il segreto di Ottavio Mazzonis che, anche quando era in studio, non rinunciava all’eleganza del suo papillon: negli anni in cui l’arte si esprime con tele prese a rasoiate o sacchi mezzi bruciacchiati, sceglie la faticosa e difficile cultura della tradizione, divenendo famoso come ritrattista ed elaborando un percorso personale, che lo porterà a trasfigurare i protagonisti dei suoi quadri, rendendoli più evanescenti, ma senza tradire mai l’imperativo categorico di farsi capire da tutti.
Luca Reteuna
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