9 Ottobre 2013
Rita e Renato, 900 Km a piedi sulla via di Gerusalemme
9 ottobre 2013
Che cosa si prova a camminare per centinaia di chilometri sulle antiche vie battute nel medioevo dai pellegrini che attraversavano l’Italia per poi imbarcarsi verso Gerusalemme? Ce lo raccontano due pellegrini di oggi, Rita e Renato Garbolino, che da qualche anno hanno scoperto quello che loro stessi definiscono il “mondo del pellegrinaggio”.
Pinerolesi, ora poco più che sessantenni, si sono avventurati per la prima volta in questo “mondo” sul cammino di Santiago di Compostela, per terminare ciò che aveva iniziato la loro figlia, tragicamente scomparsa, e ne sono stati da subito conquistati. Da allora ogni anno sono tornati a percorrere chilometri e chilometri come pellegrini, prima sul cammino di san Francesco, che da Assisi porta a Roma passando per la splendida valle Reatina, poi, sulla Via Francigena del nord dal Monginevro a Roma, infine lo scorso settembre, sul percorso che dalla capitale porta al capo di Santa Maria di Leuca, da cui partivano le imbarcazioni dirette verso la Terra Santa.
Da subito tengono a precisare che il camminare del pellegrino non va confuso con il fare dello sport o del trekking. «Percorrere queste antiche vie è soprattutto un’esperienza spirituale, un viaggio interiore. Su queste strade hanno posato i loro passi una grandissima moltitudine di pellegrini, e la loro fede e le loro preghiere hanno lasciato una traccia che nel silenzio e nella solitudine del cammino è ancora possibile percepire.
Quest’anno poi –racconta la signora Rita- mi è parso di avvertire in modo del tutto particolare la comunione dei santi». Il pellegrino è una persona che si mette alla ricerca, di Dio, di se stesso, o di qualcosa che neppure lui sa bene identificare. Viaggiare come pellegrini aiuta a recuperare cose che nel nostro modo di vivere quotidiano abbiamo ormai perso, come ad esempio la percezione del tempo e dello spazio.
Si perde l’ansia e le fretta, si recupera il gusto di viaggiare, di godere della bellezza che è attorno. Si ritorna a percepire che cosa è l’uomo e quali sono i suoi limiti. Camminare a piedi aiuta ad essere umili e a fare i conti con le proprie forze. «Questo –spiega Renato- vale soprattutto per quest’ultimo pellegrinaggio sulla Via Francigena del sud che è stato riscoperto solo da pochissimi anni. È un’esperienza quasi pionieristica se si pensa che le persone che lo percorrono sono circa cinquanta all’anno, contro le duemila della Via Francigena del nord e le più di mille al giorno del cammino di Santiago di Compostela.
Abbiamo percorso novecento chilometri in trenta giorni esatti, con pochissimi posti di accoglienza. Per lo più abbiamo dormito in bed and breakfast e più raramente siamo stati ospitati dal parroco del paese. La sveglia alle cinque e trenta e qualche volta anche alle quattro, e poi via, per trenta o anche più chilometri al giorno, vivendo sulla strada in una condizione psicologica tutta particolare in cui veramente si riesce a gustare la bellezza del momento presente, diretti verso la meta ma senza l’assillo dell’arrivo.
Si incontra la gente e non si è guardati come turisti; un uomo su un carretto ti regala un cocomero, qualcuno ti invita a colazione, le foto con persone appena incontrate che già si sentono amiche, le domande dei curiosi… E su tutto un grande senso di libertà, tra la bellezza del mare del Salento, con le sue scogliere e le sue insenature, e i monumenti della fede cristiana che fanno andare la mente indietro nel tempo, anche a prima dell’anno mille».
Quando poi chiediamo a Rita e Renato se in tutto questo non possano esservi anche dei pericoli, ci parlano dell’angelo del pellegrino che non spiana del tutto le difficoltà ma che, spesso proprio all’ultimo minuto, fa trovare un aiuto insperato, una persona amica, un’indicazione stradale, un ricovero accogliente. Ogni pellegrinaggio riesce sempre a sorprendere.
«Quest’anno – confida Rita- sono stata colpita moltissimo dai martiri di Otranto, dalla loro fede, dalla loro forza e dalla testimonianza straordinaria che hanno saputo dare, ancora viva e toccante dopo così tanti secoli».
Ci sarebbero ancora moltissime cose da raccontare ma è difficile comunicare quale sia la vera bellezza del camminare da pellegrini. «Non si può spiegare a parole –ammette alla fine Renato- per capirla veramente bisogna provarla».
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