11 Settembre 2011
Rassegna dell’artigianato pinerolese. Considerazioni sparse
Tra agio e disagio Davanti al Museo diocesano abbiamo allestito un piccolo stand di “Vita diocesana pinerolese”. Offriamo ai visitatori – davvero numerosi! – l’ultimo numero del nostro giornale, un segnalibro, la disponibilità a scambiare due parole. C’è chi si ferma. Chi fugge. Chi prende in mano il giornale, lo sfoglia e lo ripone dell’espositore. Qualcun altro ringrazia: «Ce l’ho già, l’ho preso in parrocchia domenica scorsa. Vi leggo volentieri».
Una signora finge di confondere il nostro tavolino per un bidone dell’immondizia e ci lascia sopra un volantino. Prendo il volantino, la inseguo e lo restituisco spiegandole la differenza tra tavolino e bidone. Cose che capitano.
Via del Pino, dove ci siamo noi, è la strada più mangereccia. I coltivatori diretti non lesinano profumi e colori invitanti ai quali è sinceramente difficile resistere. Noi siamo in mezzo, tra il castelmagno e la propoli. E ci sentiamo a nostro agio.
Ci sentiamo, invece, a disagio, quando scorgiamo all’inizio di Via Duomo l’insegna gigante del centro commerciale che sorge, inquietante, alle porte della città. Già non ha giovato alla fragile economia del centro storico. Se ne stesse almeno al posto suo a mietere fedeli spesaioli domenicali. Invece no. Aggiungendo la beffa al danno, si presenta anche lui, proprio in quel centro storico che ha contribuito a impoverire.
Ci sentiamo a disagio anche quando vediamo commendatori stazionare impettiti ad eventi e premiazioni assortite. Giusto per far pesare la loro presenza. Giusto per ricordare a tutti che la massoneria conta qualcosa in città. Giusto per lasciarsi sfiorare dalla plebe. E continuare a fumare il loro sigaro.
Ci sentiamo, altresì a disagio, quando ci accorgiamo che l’artigianato sta diventando una nicchia di cosine coccolose che saranno anche simpatiche ma non servono a nulla. Ninnoli superflui ai margini dell’economia che conta. Il “made in china” trionfa in 360 giorni all’anno. Il cucchiaino chi ti porge il miele di collina, così come il coltello che affetta il salame della pianura provengono dal paese che, con un insignificante spostamento di lettere (almeno nella nostra lingua), si è trasformato da patria del comunismo in patria del consumismo (taroccato per di più).
Ritorniamo a sentirci a casa nostra ogni qual volta un volto amico, che magari non vediamo da anni, emerge dalla folla e si sbraccia per salutarci. La rassegna è anche questo. Rivedere gente. Dirsi come si sta. Che cosa si fa. Ci vediamo qualche volta? Ti lascio la mia e-mail.
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