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Pracatinat verso una difficile liquidazione

Pracatinat verso una difficile liquidazione

A giorni si riunirà l’assemblea dei soci dell’Ente Pracatinat S.C.p.A. per deliberare ancora una volta in merito alla liquidazione della società partecipata che utilizza le strutture dei sanatori voluti dalla famiglia Agnelli negli anni ‘30. L’obiettivo è sempre evitare il fallimento. Purtroppo sembra che la Città Metropolitana di Torino si sia tirata indietro e la liquidazione “pro bono pacis” (dove tutti i soci mettono la loro parte di liquidità per sciogliere la società) sia lontana. Insieme al consigliere regionale Elvio Rostagno abbiamo cercato di ricostruire i passaggi e capire che cosa siano le società partecipate. «Sono attività societarie – riferisce Rostagno – delle quali possono fare parte come soci sia enti privati che enti pubblici». Per enti privati possiamo pensare ad associazioni culturali, o di gestione turistica e per enti pubblici Comuni, Regioni o enti legati all’amministrazione statale. «La loro caratteristica sta nella loro missio (l’obiettivo) che deve essere a carattere di pubblica utilità. Facciamo un esempio: l’Acea pinerolese è una società partecipata. I soci interessati sono tutti enti pubblici: i Comuni coinvolti. L’Acea è una azienda particolare: non ha concorrenza per il tipo di servizio che svolge (la raccolta dei rifiuti per la cittadinanza e altre attività) per cui le cose funzionano e non potrà arrivare a essere in rosso». Diverso il caso di Pracatinat dove l’utilità pubblica sta nella dimensione educativa e ambientale (interlocutori privilegiati sono sempre state le scuole e gli enti educativi per i quali si facevano tariffe facilitate per non gravare sulle famiglie), alla quale si affianca una attività ricettiva turistica. «Nel corso degli anni – continua il consigliere – si sono ridotte progressivamente le domande per i soggiorni delle scolaresche e nel contempo è anche diminuita la domanda legata al turismo montano. Però le spese di gestione e di manutenzione non sono diminuite. Questo ha fatto sì che molti soci, soprattutto i pubblici, abbiano perso interesse per questa attività». Il risultato è che si è arrivati al momento di dover chiudere le attività della struttura e sciogliere la società. Non è consolante ma non va meglio a molte altre partecipate in Italia. Tanto che ormai il termine è quasi diventato spregiativo.
«A livello nazionale si è visto che queste società avevano un ruolo interessante ma non tutte rispettavano la missio sociale. Oppure non riuscivano a restare nelle spese. Così l’obiettivo attuale del Governo è di ridurre il numero delle partecipate esistenti oggi sul territorio nazionale da 8.000 a 2.000».
Per la società della Val Chisone, dunque, le prospettive possono essere le seguenti: che tutti i soci coinvolti, sia gli enti pubblici che i consorzi privati, possano contribuire alla liquidazione mettendo i soldi necessari pro bono. Oppure, se qualcuno degli enti si tira indietro, di sancire il fallimento delle strutture private perché non ci sarebbe la copertura finanziaria. In un caso o nell’altro ci si chiede cosa ne sarà della struttura. «È di proprietà della società. Una volta sciolta il Comune di Fenestrelle, sul territorio del quale sorgono i due edifici, avrà una opzione privilegiata nell’acquisizione. Ma vi è il dubbio se sia un vantaggio o non piuttosto un onere per una amministrazione relativamente piccola come quella del comune montano».
Rostagno non è del tutto pessimista sulla prima soluzione: «Sia la Città Metropolitana che la Regione Piemonte devono ancora fare il bilancio annuale. Questo lascia aperta la possibilità che la copertura ci sia». Non tarderà la risposta.

Ives Coassolo

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