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Ricordando don Morero a dieci anni dalla sua scomparsa

Ricordando don Morero a dieci anni dalla sua scomparsa

Aprile 2014

Sono dieci anni che è mancato don Vittorio Morero, dopo una malattia abbastanza lunga e sofferta.
Aveva lavorato sino all’estremo delle sue forze.
Molti lo ricordano come scrittore, giornalista, opinionista.
Egli era strenuamente legato alle radici di questo angolo del Piemonte che amava, elogiava, sferzava e difendeva con quella vivacità che spesso lo faceva apparire a taluni persino scomodo ed urtante. Ma non era solo quello.
Era innanzitutto un prete che viveva con molta autenticità la sua vocazione, che credeva nella potenza della Parola di Dio annunciata sempre con grande passione.
Molti lo hanno conosciuto giovane prete a Casa Alpina dove, accanto a Don Barra, trascorreva le estati nella animazione dei gruppi che vi soggiornavano; altri nella FUCI e nella San Vincenzo dove, ancora con don Don Barra, svolgeva il suo ministero; l’Azione Cattolica Giovanile a sua volta lo ha avuto Assistente in diversi dei suoi settori, apprezzando il suo entusiasmo ed il suo stile di presenza.
Molti poi, leggevano le sue numerose pubblicazioni che spaziavano dalla storia alla teologia, dalle biografie agli studi sociali, ed hanno scoperto non solo la vastità della sua cultura, ma anche la sue capacità di porsi di fronte al proprio tempo sempre con coscienza critica.
Era un prete che sapeva stare con tutti: con i ragazzi ed i giovani senza acconsentire a tutte le loro mode, pur cercando di capirli sino in fondo; con gli anziani, con i quali, giovane prete, per diversi anni abitò e svolse le funzioni di cappellano della Casa di Riposo “J. Bernardi”; con le piccole comunità delle sue parrocchie, site ai confini tra la città e la campagna: 15 anni a Baudenasca, 26 a San Luigi di Pinerolo.
Detestava, andando avanti con gli anni, il giovanilismo di tanti adulti e la mondanità che non voleva confusa con la modernità; apprezzata l’organizzazione quando era necessaria, ma non tale da esaurire tutte le energie.
Non lo convinceva una “presenza” ostentata dei cristiani nel mondo. Preferiva l’essere all’apparire.
Le sue meditazioni, le riflessioni o le conversazioni evitavano ogni superficialità: erano sempre di ampio respiro, portavano verso nuovi traguardi, aprivano orizzonti non esplorati.
Aveva una visione positiva della laicità e della secolarizzazione, non rimpiangeva la fine del “regime di cristianità”.
Egli amava l’Azione Cattolica perché vedeva in essa la forma associativa capace di far crescere un laicato che operava per una animazione cristiana delle realtà terrene rimanendo, nello stesso tempo, inserito nella propria parrocchia.
Era un uomo creativo, spontaneo, così ricco di immaginazione e di proposte, tanto che spesso passava da un progetto ad un altro prima ancora che il primo fosse concluso.
Amava quei laici che avevano saputo assumersi le proprie responsabilità nelle scelte della vita privata e sociale, lontano da ogni clericalismo od integralismo di sorta.
Del VI Sinodo Diocesano fu non solo uno dei promotori, ma in esso diede il meglio della sua formazione teologica, elaborando gran parte degli strumenti di lavoro, le tesi di dibattito ed i documenti finali.
Il suo paese, Bricherasio, dove era nato nel 1931, il 28 marzo 2014 ha voluto dedicargli una piazza per ricordare la sua figura e il molteplice suo impegno come sacerdote, docente, direttore dal 1970 sino alla morte de “L’Eco del Chisone”  e la sua intensa attività pastorale nel settore della cultura.

Aurelio Bernardi 

 

 

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