7 Maggio 2021
Parchi Alpi Cozie. Un'indagine sulla lana nel progetto sul lupo
Un progetto sul lupo che si occupa di lana? Potrà sembrare strano, ma è così. Il progetto LIFE WolfAlps EU studia la diffusione del lupo sul territorio alpino con un approccio sistemico volto a tutelare sia il grande predatore, sia coloro che subiscono maggiormente le conseguenze della sua presenza, cioè i pastori, cercando di migliorare la coesistenza fra lupo e attività umane (che, non a caso, è l’obiettivo complessivo del programma cofinanziato dall’Unione Europea nel periodo 2020-2024). La valorizzazione della lana diventa così uno strumento concreto per fornire ai pastori di ovini nuove prospettive visto che, indubbiamente, le loro pecore sono tra le prede più vulnerabili agli attacchi da lupo. Per l’Ente di gestione delle Aree Protette delle Alpi Cozie questo argomento è centrale nelle politiche di gestione del territorio perché all’interno dei suoi confini ogni anno vengono ospitate alcune migliaia di ovini per la monticazione estiva.
Nel dicembre 2020 sono stati pubblicati i risultati di un approfondito lavoro di indagine nel comparto laniero italiano, con un focus sull’area di progetto, per individuare i limiti e le opportunità di sviluppo del prodotto lana. La ricerca, intitolata Lana: che fare? è stata realizzata da Luisa Vielmi, tecnico dell’associazione difesAttiva (http://www.difesattiva.info) con il contributo e sostegno del progetto LIFE WolfAlps EU. Si tratta di un’indagine preliminare, di un primo passo per pianificare un’attività concreta per il recupero di questo prezioso materiale. Il documento può essere scaricato al seguente link:
https://www.lifewolfalps.eu/wp-content/uploads/2021/02/C7_Relazione-tecnica_lana_2020_12.pdf
Una premessa amara
Il lavoro di Luisa Vielmi e l’interesse del progetto LIFE WolfAlps EU sul tema nasce dalla triste constatazione che spesso la lana non rappresenta una risorsa per gli allevatori di ovini, ma solo un costo. Le pecore vanno tosate almeno una volta l’anno per garantir loro benessere e pulizia e ad occuparsene è del personale specializzato con un costo tra i 2 e i 4 euro a capo; la lana ricavata si vende sottocosto nel migliore dei casi, oppure va smaltita come “materiale contaminato” con un ulteriore aggravio per l’allevatore. Un circolo vizioso dovuto al regolamento n. 1774/2002 della Commissione Europea che inquadra la lana come Sottoprodotto di Origine Animale (SOA) cioè come materia che porta rischi igienico-sanitari e necessita di un trattamento specifico per essere trasformata in prodotto tecnico, oppure va smaltito nella categoria dei rifiuti speciali. Nel quadro normativo europeo esistono, poi, 6 regolamenti che forniscono le corrette indicazioni per il trattamento della lana sucida e la sua trasformazione in lana trasformata o lana da scarto. Processi che provocano un aumento delle spese rendendo più vantaggiosa l’importazione della materia dai paesi extra Ue. Dal 2002 a oggi sono stati innumerevoli i tentativi di modifica di tali norme, soprattutto da parte dell’Italia – quarto paese dell’Unione Europea per numero di ovini allevati – dove la lana è inquadrata come prodotto agricolo, ma la situazione rimane sostanzialmente invariata nonostante alcune revisioni che nella pratica non hanno sortito alcun effetto concreto. È il momento di condurre a livello nazionale una battaglia legale per cambiare lo status normativo della lana in Europa.
Le prospettive concrete
Il lavoro di Vielmi non si limita a denunciare le storture normative che limitano il settore lana ma propone anche un’analisi approfondita degli utilizzi più innovativi di questa materia in settori come filatura, arredamento, edilizia, farmaceutico e cosmetico, biomedicale e agro-silvo-florovivaistico. Procede poi con un’analisi qualitativa e quantitativa sulle varie razze ovine allevate nelle Alpi italiane e nell’Appennino Ligure-Piemontese per ottenere alcune stime sulle quantità e qualità di lana prodotta in tali territori. Questa analisi si è avvalsa del contributo delle tre Organizzazioni Professionali degli Agricoltori. Inoltre la ricerca offre ai lettori e agli addetti ai lavori un primo censimento delle realtà italiane ed europee che stanno sviluppando progetti di recupero della lana, nonostante le difficoltà dettate dalle normative. È questa, probabilmente, la parte dell’indagine che maggiormente può interessare pastori e allevatori poiché fornisce informazioni preziose e i riferimenti diretti di molti progetti che stanno faticosamente cercando di riattivare una filiera virtuosa per la lana, in grado di garantire un giusto riconoscimento economico alla materia e di creare un nuovo mercato. Con la speranza che questo studio preliminare possa innescare una reazione a catena di progetti e idee concrete per dare nuova linfa a un settore come la produzione laniera e nuova vita a una materia così ricca di qualità come la lana di casa nostra.
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