24 Settembre 2018
L’ultima studentessa di Arturo Genre ricorda il docente e l’uomo
«Chi era costui?» si interrogava il don Abbondio de “I promessi sposi” davanti a un nome per lui sconosciuto.
Purtroppo oggi persino a personaggi come Arturo Genre (1937-1997) – che molto hanno dato alla cultura italiana – può toccare a volte il ruolo di Carneade.
Per ricordarlo e scuoter via la polvere caduta sul suo nome, sabato 29 settembre (dalle 15) a Pomaretto, in quella Scuola Latina che gli ha intitolato la “Biblioteca del patouà”, è in programma “L’eredità di Arturo Genre”, un convegno dedicato a questo studioso e docente di fonetica e della lingua occitana, originario della Val Germanasca.
Erika Piombino – di cui Arturo Genre, prima di morire precocemente, seguì la tesi di laurea – lo ricorda così: «Aveva bellissimi occhi grigio-azzurri. Amava molto la sua terra. Era una persona semplice che anche all’università veniva con la camicia a quadri tipica della gente di montagna».
Del professore Erika era venuta a sapere per caso «da un guardia-parco venuto a Gran Dubbione, il quale, saputo che studiavo lingue e parlavo patois, mi aveva raccontato di una sua amica a cui Genre aveva fatto da relatore per una tesi sulla toponomastica occitana, un lavoro interessante anche per la storia del territorio». Incuriosita dalla cosa «andai a cercarlo nel piano interrato di Palazzo Nuovo nell’aula di Fonetica sperimentale». L’aula e il retrostante piccolo laboratorio erano il regno del professore: «Nel laboratorio a noi studenti faceva assistere a esperimenti molto interessanti. Ricordo una volta in cui Genre ci insegnò a far suonare un vinile sul giradischi solo usando un ago da cucito e una scatoletta (come cassa di risonanza): rimanevo incantata quando ci faceva vedere queste cose».
Tra i contributi di Genre alla cultura occitana spiccano sia lo sforzo per una grafia concordata delle parlate occitane sul versante italiano delle Alpi sia l’intuizione che portò alla nascita dell’”Atlante Toponomastico del Piemonte Montano” (ATPM)». Quest’ultimo progetto si occupa ancor oggi della raccolta e la valorizzazione dei toponimi della tradizione orale montana piemontese, restituendoli nella forma in cui sono ancora in uso, prima che il tempo ne cancelli la memoria e la possibilità di documentarli.
Racconta Erika Piombino che per la tesi di laurea si occupò proprio di raccogliere i nomi dei luoghi di Gran Dubbione (Pinasca), paese di origine della sua famiglia: «La tesi di toponomastica mette insieme aspetti di Fonetica e altri di filologia romanza: si individua un toponimo, ne si ricostruisce la grafia e la pronuncia, si cerca l’origine leggendaria o legata alla geografia del luogo, le eventuali citazioni, gli eventi reali o meno accaduti, la forma latina da cui il nome deriva e, infine, si compilano delle mappe militari, abbinando i nomi (con fotografie dei posti) alla loro precisa posizione». Un lavoro lungo che va dalla ricerca di archivio «in parrocchia a Pinasca da don Virgilio Gelato» ai sopralluoghi sul campo: «Devo dire grazie a mio papà per le foto, la compilazione delle mappe e per gran parte della tesi».
Con Arturo Genre, a metà anni ‘90, Erika lavorò a lungo: «Nel febbraio 1996 feci un breve periodo di ricerche per la mia tesi presso la Biblioteca Nazionale Antica di Parigi con una piccola borsa di studio (cercavo di far economie per prolungare il soggiorno e andar avanti nel lavoro). Tra le altre cose cercai in mezzo a documenti antichissimi – che non si potevano nemmeno toccare con le mani! – notizie che mi aveva chiesto Arturo sul “gimerou” (ndr animale noto anche come “jumarre” che si credeva un incrocio tra un toro e un’asina). Cercavo e trascrivevo quel che trovavo, poi la sera in ostello preparavo il materiale per lui». In quel soggiorno la studentessa capì in modo curioso la considerazione di cui godeva il suo insegnante: «Un giorno a Parigi, in una libreria al Centro commerciale Lafayette, mi capitò di trovare a scaffale alcuni libri di Arturo. “Perbacco – pensai -, è famoso il mio prof”».
Purtroppo, poi, Genre contrasse una leucemia acuta che lo portò via prima che Erika potesse discutere la tesi. «Andai a trovarlo alle Molinette e ne rimasi colpita. Era già molto malato, ma si scusò perché non riusciva più seguirmi adeguatamente nella tesi, che era quasi finita».
A testimoniare quanto Genre fosse benvoluto, «al suo funerale c’era tutto Palazzo Nuovo» e, in occasione della tesi di Erika, «il 27 novembre 1997, l’ultima tesi che Arturo aveva seguito, alla discussione furono invitati la moglie Luisa e il figlio Andrea e, fra i presenti, c’erano il famoso professor Beccaria, Lorenzo Massobrio (ndr che interverrà anche al Convegno alla Scuola Latina) e tutto il Senato Accademico».
GUIDO ROSTAGNO
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