8 Luglio 2013
Intervista a Paolo Mottura, pinerolese e disegnatore della Disney Italia

Paolo Mottura, classe 1968, pinerolese di nascita, è un appassionato di fumetti, di tram (ne tiene uno in giardino) e di china. Ma soprattutto è un disegnatore della Disney Italia ormai da anni: nel 1997 per esempio ha vinto un Topolino d’oro per la miglior storia dell’anno.
Insomma un piccolo gioiello pinerolese incastonato nei pressi della pianura di San Secondo. Abbiamo quindi deciso di fare quattro interessanti chiacchiere con lui.

Come funziona il tuo lavoro? Lavori più spesso nel pinerolese o altrove?
Diciamo che di solito questo è un lavoro molto casalingo e molto solitario. Si allestisce uno studio in una stanza e si passa la maggior parte del proprio tempo lavorativo lì. È un lavoro che chiaramente implica una certa solitudine e che, quindi, in qualche modo forma il carattere. Io personalmente ho avuto un po’ di difficoltà all’inizio perché avendo frequentato fino a quel momento il mondo della scuola ero abituato ad incontrare molta gente.
Mi sono ritrovato così solo in una stanza. Questa cosa ha molti aspetti positivi comunque: aiuta la concentrazione, non richiede orari di lavoro da seguire, si ha una grande libertà. A me poi piace cambiare spesso studio. Per questo ho approntato diversi luoghi: ne ho uno nella mia piccola casetta al mare e anche nel tram. Per me sono luoghi ideali in cui trovo l’ispirazione e la pace per lavorare nel modo migliore.
Quali sono le case editrici con cui lavori di più?
La casa editrice di riferimento è la Disney Italia ed è quella con cui lavoro da quando ho iniziato. Per la Disney ho realizzato più di cento storie a fumetti coi personaggi standard di Topolino, Paperino, etc… Tuttavia ho affiancato a quest’attività principale collaborazioni per altri editori. Ricordo con piacere il periodo francese, che è durato 5-6 anni a partire dal 2005, in cui ho lavorato con tre case editrici d’oltralpe. In particolare con Les Humanoïdes Associés per la quale ho disegnato una serie intitolata “Carême”, che mi ha dato molte soddisfazioni e mi ha permesso di conoscere uno dei miei idoli del fumetto, cioè Albert Uderzo, il creatore di Asterix.
Negli anni più recenti ho iniziato una collaborazione con Sergio Bonelli, un editore molto conosciuto in Italia, sperimentando un genere semi-umoristico che non avevo ancora provato, avendo sperimentato il genere umoristico con la Disney e quello realistico in terra francese. È stato un po’ una sfida di questi ultimi anni perché un disegnatore come me, di matrice umoristica, ha dovuto reinventarsi e mettersi in gioco per imparare uno stile molto diverso, quasi un mestiere diverso. Vedremo come andrà a finire quest’avventura.
Facendo disegni per la Disney ti trovi in qualche modo a dover essere una figura ”educativa” anche se in un ambito particolare. Ti senti questo ruolo di educatore?
Diciamo che questa è una domanda soprattutto per gli sceneggiatori che scrivono le storie. A me è capitato di scriverne ma di rado. Sono soprattutto disegnatore per cui mi tocca il ruolo d’interpretare quello che viene scritto da altri. Personalmente penso che i fumetti debbano avere un ruolo educativo: ai ragazzi bisogna insegnare intanto quali sono i valori positivi, qual è la buona morale delle storie.
Chiaramente non bisogna scrivere, o disegnare, delle storie volgari o delle tematiche che siano sconvenienti. Noi ci rivolgiamo a dei ragazzi che sono abbastanza piccoli per cui quest’argomento è delicato. Detto questo non mi piacciono le storie troppo didattiche, troppo pesanti. I fumetti devono innanzi tutto divertire. Ma divertire nel modo giusto, in maniera positiva.
Perché il tram? Perché ricavarne uno studio?
Il tram desta sempre la curiosità di tutti. È una cosa un po’ strana. Mi piace, come dicevo, poter cambiare luogo di lavoro e trovare anche posti che mi danno serenità e in cui quindi mi sento a mio agio. Era un periodo in cui cercavo un nuovo studio perché probabilmente non ne avevo uno. Mi è venuto in mente di allestire questo tram che spesso andavo a fotografare da uno sfasciacarrozze qua vicino. Mi piaceva perché era molto fotogenico e un giorno ho pensato che poteva essere trasformato in qualcosa di adatto. Così sono andato e l’ho acquistato.
A quel punto sono iniziati i problemi perché si trattava di metterlo a posto. Inizialmente era un ammasso di rottami per cui è stato un lavoro lungo che ha richiesto i suoi anni. Però sono stati momenti in cui mi sono anche divertito perché ho imparato a fare lavoretti manuali: ho iniziato a fare il falegname e a lavorare il ferro. Insomma alla fine il tram è rinato e sono abbastanza soddisfatto di come è venuto. E così adesso è diventato uno dei miei luoghi di lavoro che mi piace utilizzare, non spessissimo perché ci sono alcune problematiche legate all’isolamento termico.
Però in alcuni momenti dell’anno è un luogo eccezionale dove lavorare.
Manuel Marras
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