TRE CIME IN VAL BORBERA

Tre cime oggetto di studio per la morfologia del terreno variegato della Val Borbera sono state studiate e raggiunte dalla “Commissione Interregionale Tutela Ambiente Montano Piemonte e Valle d’Aosta”, con la collaborazione dell’Ente “Aree Protette dell’Appennino Piemontese”e il CAI di Novi Ligure. Questa valle che s’incunea tra la val Boreca (Piacenza) ad est, la val Vobbia, Valbrevenna e alta val Trebbia (Genova) e la valle Spinti (Alessandria e Genova) a sud e la val Curone, val Grue e valle Ossona (Alessandria) a nord, è delimitata ad ovest dallo Scrivia. È circondata da alte montagne, che la rendono un luogo isolato dalle vallate circostanti, poco toccato dall’industrializzazione e quindi con una natura ben conservata. È l’unica valle del Piemonte a confinare con l’Emilia-Romagna. L’area di studio è il “territorio delle Quattro Province”, montagna che unisce: cioè Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza, province che condividono il crinale appenninico lungo il quale si articola anche il confine politico delle quattro regioni di appartenenza. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, i diversi versanti e le valli secondarie che da questa parte dell’Appennino si dipanano, presentano un’identità culturale omogenea che si manifesta in usanze e tradizioni comuni e in particolare con musiche e antichi balli eseguiti con l’accompagnamento di strumenti tipici di questi luoghi. Un altro evidente aspetto comune a tutto questo territorio è l’abbandono, cominciato nella seconda metà del secolo scorso, di molti borghi che si sono trasformati in paesi fantasma animati, quando va bene, solo nel giorno della festa patronale. Prima di inoltrarsi sulle tre cime oggetto di studio è d’uopo visitare il Museo Civico di Storia Naturale G. Gardella a Stazzano (uscita con l’autostrada a Serravalle Scrivia) perché è come un biglietto introduttivo della valle in oggetto. Cinque sono le sale da visitare, contenenti ognuna, reperti inerenti la “Scienza della terra” (litologia, mineralogia, paleontologia). La prima sala contiene anche alcuni fossili di piante ritrovate sommerse sotto l’alveo dei fiumi, passando poi alle sale successive della zoologia (seconda sala gli uccelli, terza sala i vertebrati, quarta sala gli invertebrati, con una serie notevole di animali naturalizzati, vi è persino un lupo che era stato investito, ma nessuno degli animali contenuti nel museo è stato ucciso per essere poi qui immesso), per passare poi alla quinta e ultima sala ove sono contenute molte specie botaniche con alcuni esempi di erbari. Per salire le tre cime, collocate in tre luoghi particolari e diversi della Val Borbera, ci si trasferisce “in primis” alla località di partenza per Rivarossa, borgo abbandonato, sede di un bivacco ricavato in un’antica abitazione restaurata dalla sezione CAI di Novi Ligure, raggiunto il quale in un’ora e mezza circa di camminata (350 m di dislivello), si gode di un panorama stupendo raggiungendo in cinque minuti l’adiacente chiesetta di Rivarossa (750 m) ove è stato possibile godere dall’alto della vista dello spettacolare canyon del torrente Borbera che è un libro aperto sulle caratteristiche geologiche del passato, con aspetti di rilevo dal punto di vista naturalistico e antropologico.

Giacomo Gola e Lodovico Marchisio

VAL BORBERA

DA BARACCHE a RIVAROSSA
Itinerario escursione
Salita: da loc. Le Baracche (362 slm.) percorrendo il sentiero 208 arrivo Rivarossa (738 slm.)
Discesa: per il sentiero 208a
Dislivello in salita (e discesa) 376 m.
Tempi di Percorrenza: salita 45 min. – Discesa 30 min.
Difficoltà: E Equipaggiamento: escursionistico
Note: Rivarossa è la frazione più elevata del comune di Borghetto di Borbera, ubicata in eccezionale posizione panoramica da cui la vista spazia sull’intero territorio circostante. Le case, ormai diroccate e immerse nella natura che si sta lentamente riappropriando degli antichi spazi, sorgono in ordine sparso, sono dotate di fienile e mantengono alcuni connotati che vale la pena evidenziare. In una di esse resta ancora traccia degli strumenti della vita contadina: una macchina per sgranare le pannocchie da azionare, però, ancora a mano. Tra questi ruderi emerge, ancora ben conservata, una casa dotata di stalla, ubicata al piano terreno dell’abitazione, dove si possono osservare le mangiatoie in pietra ed il battuto con la canaletta centrale per i liquami. La costruzione, grazie alla disponibilità dei Proprietari, della Comunità Montana Val Borbera e Valle Spinti e della Sezione di Novi Ligure del Club Alpino Italiano, nel corso del 2006 è stata completamente restaurata ed adibita a bivacco incustodito per escursionisti.

Discesi poi per un sentiero ad anello un po’ sassoso, è utile dare un’occhiata per osservazioni geologiche a livello del torrente sul ponte delle Strette di Pertuso che sono uno spettacolare esempio di gola fluviale. Ci si sposta quindi alla Colonia Don Bosco di Capanne di Cosola, ottima possibilità di pernottamento in zona, completamente riallestito dal CAI di Novi Ligure dalla quale è possibile in 50 minuti scarsi raggiungere la sommità del Monte Chiappo 1699 m, punto d’incontro delle province di Alessandria, Pavia e Piacenza.

Scheda tecnica di questo secondo percorso:

DA LOC. COLONIA DON BOSCO A M. CHIAPPO
Itinerario escursione
Salita: da loc. Colonia (1470 slm.) inoltrandosi nel bosco si raggiunge in breve il sentiero 200 che per crinale erboso conduce alla vetta del M. Chiappo (1699 slm.)
Discesa: ritorno per lo stesso itinerario; evitando la deviazione per la Colonia si raggiunge il valico di Capanne di Cosola (1500 m slm.) dove si trova l’omonimo ristorante.
Dislivello in salita (e discesa) 229 m. Tempi di Percorrenza: salita 40 min. – Discesa 30 min.
Difficoltà: E Equipaggiamento: escursionistico

Note: La montagna fa parte del gruppo del monte Antola, del quale costituisce la terza vetta, in ordine di altezza, dopo quelle del monte Lesima e del monte Ebro. Sulla sua cima si trova il confine amministrativo tra la provincia emiliana di Piacenza (che possiede il versante sud e quello est del monte), la provincia piemontese di Alessandria (che ha il versante ovest e una parte di quello nord) e la provincia lombarda di Pavia (che possiede una piccola parte del versante nord).
Il sentiero n° 200, di cui si percorre una parte, è l’itinerario dell’anello Borbera-Spinti che collega Stazzano co Arquata S. lungo tutto il crinale appenninico.
La dorsale Chiappo-Ebro costituisce una ZPS della Regione Piemonte.
La terza cima per avere una visione più completa della zona nei suoi molteplici aspetti è la salita del Monte Antola.

CIMA DELL’ANTOLA

Attraversando in auto la strada che da Cabella Ligure conduce alle Capanne di Carrega si incontra, appena prima del bivio per Cartasegna, un esempio tra i più spettacolari e rappresentativi di un ambiente di interesse prioritario ai sensi della Direttiva 92/43/CEE “Habitat”: si tratta delle “Sorgenti pietrificate con formazioni di travertino”. La caratteristica di questo habitat è quella di trasformare, attraverso l’azione calcarizzante di alcune briofite – in particolare la Palustriella commutata – il bicarbonato di calcio disciolto in acqua in carbonato di calcio; l’aspetto di queste formazioni rocciose di origine così particolare ricorda le stalattiti tipiche di alcuni ambienti ipogei. Quest’area dell’Appennino Piemontese ospita – unica in tutta la Regione Piemonte – due specie di anfibi di eccezionale interesse conservazionistico e biogeografico, la Rana appenninica (Rana italica) e la Salamadrina dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata), entrambe specie esclusive dell’Appennino, endemiche dell’Italia in senso stretto perché non presenti in nessun altro stato e tutelate dalla Direttiva citata sopra come specie di interesse prioritario. Dalle Capanne di Carrega un facile sentiero con modesto dislivello permette l’ascesa al Monte Antola – 1597 m, cima tra le più elevate del Sito di Importanza Comunitaria omonimo (SIC IT1180011 Massiccio dell’Antola, Monte Carmo, Monte Legnà). Lungo il percorso, che richiede meno di due ore per raggiungere la vetta, s’incontrano estese faggete dove fino a pochi decenni fa dominavo i pascoli creati dall’uomo e ambienti aperti con vegetazione bassa e compatta: si tratta dei vaccinieti a mirtillo nero e falso mirtillo (Vaccinium myrtillus e Vaccinium gaultherioides). Formazioni così estese di vaccinieti sono tipiche degli ambienti propri delle Alpi e delle zone aperte (lande) delle regioni settentrionali dell’Emisfero Boreale, sono rarissime nell’Appennino. Da queste montagne, nei primi anni ’80 del secolo scorso, si sono formati – provenienti dall’Appennino centrale – i primi nuclei della popolazione di lupo che sta spontaneamente riconquistando le Alpi. L’aerea oggetto dell’escursione si inserisce in un contesto di elevata naturalità, esteso centinaia di km quadrati tra le Regioni Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Lombardia, tra Aree Protette (Parchi e Riserve Naturali – queste ultime ancora in fase di attuazione) e Siti della Rete Natura 2000 dell’Unione Europea (Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale). Dalla sommità del Monte Antola, nelle giornate limpide con vento di grecale, non rare in inverno, si può osservare tutta la catena alpina tra cui spiccano il Monviso, il Gran Paradiso e il Monte Rosa; portando lo sguardo verso Sud, invece, si vedono le Alpi Apuane, il Golfo di Genova con al centro la Corsica e la costa ligure di ponente con le isole di Bergeggi e Gallinara. Il Sito di Importanza Comunitaria nel quale si è svolta l’escursione è stato affidato dalla Regione Piemonte, su proposta del Comune di Carrega Ligure (AL), all’Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Appennino Piemontese (già Ente di Gestione del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo) nel luglio 2016.