3 Febbraio 2020
#Giornodelricordo - Il generale Mazzaroli, esule polesano, ha incontrato i ragazzi dell'Istituto don Bosco
«Per me essere italiano è stata una scelta». Ha esordito così il generale degli alpini Silvio Mazzaroli che lo scorso lunedì 3 marzo a Cumiana ha portato la sua testimonianza di esule polesano ai ragazzi dell’Istituto don Bosco. L’incontro è stato promosso dalla scuola salesiana in occasione del “Giorno del ricordo” (che si celebra il 10 febbraio) istituito nel 2004 per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra».
Nel saluto di benvenuto, uno degli studenti ha espresso, a nome di tutti, il desiderio di «conoscere la tragedia degli italiani vittime delle foibe e quella dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati dalle loro terre, partecipando così al dolore che certamente lei ha vissuto e che rivive narrandoci queste tristi realtà. Le sue parole faranno sicuramente riflettere e ci aiuteranno a valutare con maggiore attenzione e consapevolezza gli eventi che ancora oggi segnano duramente la vita di tante persone».
Il generale Mazzaroli, sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio e vicepresidente dell’Unione degli Istriani, ha preso le mosse dalla vicenda della sua famiglia, costretta a lasciare la propria casa in seguito al trattato di pace del 10 febbraio 1947. Con tale accordo internazionale i territori istriani furono consegnati alla Jugoslavia comunista di Tito e molti degli italiani che vi abitavano scelsero la via dell’esilio. Anche perché le esecuzioni per “infoibamento” erano già iniziate nel 1943 dopo l’armistizio, congiuntamente alle deportazioni nei campi di concentramento. «Fu lì che iniziò la campagna dell’odio tra popolazioni diverse – italiani, sloveni e croati – che avevano sempre convissuto pacificamente. Ci fu poi l’episodio della strage di Vergarolla, una spiaggia di Pola dove il 18 agosto del 1946 fu fatto esplodere un grande quantitativo di materiale bellico durante una gara di nuoto organizzata dagli italiani. Persero la vita oltre 100 persone. Tra loro 48 erano minori di 14 anni. Questa strage indusse molti di noi ad andarsene».
Senza mezzi termini, Mazzaroli ha denunciato il colpevole silenzio che per sessant’anni ha accompagnato questa brutta pagina di storia del nostro paese («alcune scuole, ancora oggi, non accettano la presenza e la testimonianza degli esuli»), e che ha visto oltre 300mila italiani costretti a fuggire dalle loro terre. Alcuni emigrarono all’estero, altri trovarono rifugio a casa di parenti, molti furono radunati in campi profughi: «Invece di considerarci italiani, ci consideravano fascisti. Quando si entrava nei campi venivano prese le impronte digitali come si fa con i delinquenti e le famiglie erano spesso costrette a vivere in promiscuità, in spazi separati solo da coperte appese tra un muro e l’altro».
Complessivamente, furono tra i 5 e 7 mila gli italiani infoibati. «I prigionieri venivano legati a due a due col fil di ferro. Uno veniva ucciso e poi la coppia veniva buttata nella foibe, pozzi naturali profondi anche più di 100 metri. Il peso del morto trascinava con sé quello vivo. Per questo la fine arrivava anche diversi giorni dopo a causa dei colpi ricevuti nella caduta, le ferite, la fame e la sete».
Ora l’impegno di Mazzaroli, alla soglia degli 80 anni, è quello della riconciliazione tra quanti hanno scelto l’esilio e quanti, slavi o italiani, sono rimasti nella loro terra.
«L’antidoto a simili orrori – questo l’appello finale rivolto ai ragazzi – è la conoscenza della verità e la capacità di decidere con la propria testa: nella vita ci sono cose che non si possono accettare!»
Nato a Trieste il 14 gennaio del 1942, diplomato presso il Liceo scientifico “G. Oberdan”, ha frequentato gli Istituti Militari di Modena e di Torino ed è stato nominato Ten. di a. (mon.) nel 1966.
In qualità di Ufficiale delle Truppe Alpine, è stato impiegato nelle Brigate Alp. “Julia” (C. te 14ˆ e 15ˆ btr. Gr.a.mon. “Conegliano”), “Taurinense” (C. te Gr.a.mon. “Pinerolo”) e “Cadore” (Vice comandante B.), ricoprendo tutti gli incarichi di comando previsti. Ha, in particolare, comandato la Brigata Alpina Julia” (1994 – 1995) e la Scuola Militare Alpina di Aosta (1997).
Ha frequentato la Scuola di Guerra (1975 – 1977), lo Staff College in Inghilterra (1983) ed il Centro Alti Studi della Difesa di Roma (1996). Ha conseguito la laurea in “Scienze Strategiche” presso l’Università di Torino (2000).
In qualità di Ufficiale in Servizio di Stato Maggiore, è stato ripetutamente impiegato presso la Stato Maggiore dell’Esercito in Roma, nei settori ordinativo e logistico.
Nei difficili anni del disfacimento della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, è stato Addetto per la Difesa presso l’Ambasciata d’Italia a Belgrado (1988 – 1991).
Ha partecipato, come Comandante del Contingente italiano “Albatros”, alla Missione di pace delle Nazione Unite in Mozambico (1993 – 1994) e, come Vice Comandante delle Truppe Nato, alla Missione in Kosovo (2000).
Dopo aver comandato la Regione Militare Piemonte (1999) e la Regione Militare FVG (2001 – 2002), è stato posto in congedo il 14 gennaio 2002, stabilendosi definitivamente a Trieste.
È insignito di diverse decorazioni al “merito” italiane e straniere ed è Commendatore della Repubblica Italiana.
Esule da Pola (feb. 1947), dall’aprile 2002 è stato Presidente dell’Associazione “Libero Comune di Pola in Esilio” di cui è ancora Consigliere e cura l’organo di stampa della medesima – “L’Arena di Pola” – di cui, dopo aver conseguito la qualifica di giornalista pubblicista (2004) è il direttore responsabile.
È felicemente sposato con la sig.ra Tatiana Cosulich di antica famiglia Lussiniana ed ha tre figli (i due maschi hanno prestato servizio nelle Truppe Alpine).
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