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Frossasco. Un anno fa il devastante incendio allo stabilimento Kastamonu

Frossasco. Un anno fa il devastante incendio  allo stabilimento Kastamonu

Il 28 marzo del 2019, alle 4,30 del mattino, la “collina dei rifiuti” nel cortile dell’Ex Annovati di Frossasco ha preso fuoco. Per il Pinerolese sono stati dodici giorni di apprensione e paura. La colonna di fumo si vedeva a chilometri di distanza e le ceneri si sono posate un po’ ovunque. Dopo un anno il destino di quello stabilimento è ancora sospeso e l’emergenza sanitaria legata al coronavirus ha peggiorato la situazione, come spiega Luca Barboni, responsabile sicurezza e ambiente di Kastamonu Italia.
L’azienda turca nel maggio 2017 ha rilevato a un’asta giudiziaria gli stabilimenti del gruppo Trombini-Annovati, tra cui quello di via Piscina 13 a Frossasco e quello di regione Cascina Garola 6 a Luserna San Giovanni. Se a Luserna la produzione è ripartita, lo stesso non si può dire per Frossasco. E l’incendio dello scorso anno ha rallentato ulteriormente i tempi, fino a scontrarsi con l’emergenza sanitaria in corso: «Verso fine 2019 abbiamo presentato domanda al Suap di Pinerolo per ottenere l’autorizzazione alla messa in riserva per un anno» fa il punto Barboni. Questo vuol dire che viene chiesta la possibilità di conservare i rifiuti dove sono ora per un anno, in attesa di compiere gli altri passi per ottenere l’autorizzazione a ripartire con la produzione di pannelli di truciolato.

Questa domanda, però, verrà riproposta in questi giorni, perché il Suap (Sportello unico attività produttive) ha chiesto di farla in maniera telematica. Da quando verrà formalmente ricevuta, partirà il conteggio di 90 giorni: «Se entro quel periodo non riceveremo comunicazioni e richieste di integrazioni, la nostra domanda è da considerarsi accolta» precisa Barboni.

È più lungo il percorso, invece, per poter ripartire con la produzione: «Dobbiamo chiedere l’autorizzazione integrata ambientale e fare una valutazione di impatto ambientale dell’attività che vogliamo riprendere». I progetti preliminari ci sono già e «li abbiamo fatti vedere anche al Comune», ma l’emergenza coronavirus ha bloccato tutto: «I nostri progettisti sono turchi e non possono venire a fare sopralluoghi con il blocco dei confini dell’Unione europea, quindi dovremo attendere la fine dell’emergenza per ripartire con l’iter».

Questa situazione di stallo, però, preoccupa non poco chi ha seguito il caso come il consigliere Rosanna Napoli, che si era attivata con un gruppo di genitori e ora siede in Consiglio comunale a Frossasco, in minoranza: «Mi auguro che l’Amministrazione comunale voglia prestare attenzione a tutto il processo autorizzativo e tenga presente che la salute è il faro che deve guidare queste scelte».

Il capogruppo di minoranza Daniele Castellino chiede espressamente un confronto sul progetto di riapertura dell’attività: «Pur non essendo di competenza del Consiglio comunale pronunciarsi sulla futura richiesta, il Comune dovrà dare un suo parere nelle Conferenze dei servizi e noi vorremmo discutere il progetto. L’ho già chiesto informalmente al sindaco».

Dal canto suo, il primo cittadino Federico Comba non si sbilancia: «Kastamonu è un’attività privata, che deve fare una domanda per ripartire con la produzione e deve seguire l’iter previsto. Il confronto sul progetto, con la minoranza, è una questione che valuteremo più avanti. Al momento è prematuro parlarne».

Fin qui si parla del futuro lavorativo e dello stabilimento e dei rifiuti ancora accatastati nel cortile. Parallelamente, però, la Procura di Torino ha aperto un’indagine sul rogo e il pm Gianfranco Colace è alla ricerca dei responsabili, perché dai rilievi dei vigili del fuoco è emerso che la causa è dolosa: ovvero qualcuno ha appiccato le fiamme intenzionalmente.

Marco Bertello

I tanti dubbi del Comitato

A distanza di un anno sono molte le domande che cercano una risposta, secondo il comitato Valnoce Ambiente e Salute, che si occupa della vicenda Kastamonu, monitorando la situazione e raccogliendo dati e informazioni.

Pochi giorni fa il lavoro del gruppo è stato consegnato in Procura a Torino, sotto forma di dossier: «Il pm Gianfranco Colace, che sta indagando sul caso, ci ha chiesto di fornirgli il materiale che abbiamo raccolto. Ci sono dati, documentazione fotografica e analisi» raccontano.

Tra le segnalazioni raccolte, ci sono gli scoli rossicci che si sono registrati nel canale vicino alla fabbrica: «È una sostanza melmosa che non ci piace».

Ma a destare preoccupazioni non sono solo il presente e il passato, perché restano molti interrogativi sul futuro: «I cumuli di rifiuti continuano a essere lì nel piazzale dello stabilimento e sono esposti alle intemperie. Ci aspettiamo un attento monitoraggio dall’Amministrazione e dagli enti competenti e vorremo capire come si evolverà la situazione».

E non solo: «Quelli sono rifiuti, come possono essere riutilizzati in qualche lavorazione? Inoltre vorremmo capire come sono stati classificati».

m.b.

 

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