7 Aprile 2014
Da Garzigliana a Kiev

La testimonianza di Bruno Salera, testimone della crisi in Ucraina e in Crimea – Aprile 2014
Bruno Salera, 52 anni, sposato con un figlio, residente a Garzigliana, è consulente aziendale e titolare di un’attività in Ucraina dove si reca con frequenza.
«Sabato 15 marzo, alla vigilia del referendum per l’annessione della Crimea alla Russia, avevo una serie di appuntamenti a Kherson (al confine con la Crimea). Mi è stato chiesto se volessi fare un giro per la città. Ho accettato. Ma non potevamo viaggiare in auto perché le strade erano tutte bloccate. I miei accompagnatori hanno chiaramente cercato di stemperare la situazione sostenendo che c’erano solo manifestazioni per il referendum del giorno successivo in Crimea. E così mi hanno portato a vedere il porto», racconta Bruno. Nel pomeriggio avrebbe dovuto avere altri appuntamenti di lavoro. Dopo pranzo, però, le sue guide gli consigliano di rimandare gli impegni pomeridiani al suo ritorno in Ucraina. Ora c’è qualche piccolo problema…
La sera, senza aver concluso nulla durante il pomeriggio, Bruno e i suoi accompagnatori rientrano a Kiev. Uscendo da Kherson verso Kiev in senso opposto incrociano colonne di militari con autoblindo e carri armati. Bruno chiede se si tratti di un’esercitazione ma gli viene risposto che è solo una precauzione per i movimenti che si stavano creando. La telefonata di un amico che è a Leopoli (città al Nord Ovest dell’Ucraina e origine storica dei movimenti Nazionalisti) lo avvisa di rientrare in fretta: stavano arrivando gli elicotteri dei russi che avevano già occupato diversi punti strategici. Preoccupato Bruno domanda: «Ci sono dei disordini?»
Gli viene risposto: «Tu hai visto disordini?»
«No!»
«E allora non ci sono disordini!», tagliano corto gli accompagnatori.
«Le manifestazioni che ho visto – prosegue Bruno – non sembravano le nostre: uomini e donne erano in tenuta mimetica, allienati a pochi metri uno dall’altra in posizione strategica e di controllo movimenti, praticamente militarmente organizzati. Si percepiva un’atmosfera di tensione, in attesa di non si sa che cosa. Si aveva la percezione di “attesa ordini” e che una scintilla avrebbe potuto far esplodere da un momento all’altro quell’equilibrio precario».
Bruno, spesso a contatto con la gente, è certo che la maggior parte degli ucraini non voglia tornare nuovamente sotto la Russia – come forse desidererebbe qualche anziano – ma nemmeno essere incorporata nell’Europa – come vorrebbero i più giovani. L’Ucraina, sfruttata da troppo tempo, sta iniziando a capire le sue potenzialità. Le bandiere europee sventolano solo davanti alle telecamere e non si vedono per le strade. «L’Ucraina ha una posizione strategica e una potenzialità di sviluppo invidiabile… e non parliamo di radiazioni, perché attualmente, grazie alle centrali nucleari francesi, ce ne sono più a Pinerolo che nei campi ucraini!
L’Ucraina è nazionalista, vorrebbe gestire in proprio le sue risorse e vuole essere considerata “Nazione” non un “satellite” di Russia o Europa . Il controsenso è che il 5% della superficie del paese è stato ceduta ai cinesi che la sfrutteranno per l’allevamento intensivo di bestiame destinato esclusivamente al fabbisogno Cinese, allevato da maestranze Cinesi, con metodologie Cinesi di tecniche allevamento e mangimi iper chimici, il tutto senza coinvolgere la popolazione locale la quale non avrà nessun beneficio da questa attività». Il controsenso è motivato dal fatto che il Governo Ucraino pur essendo consapevole dei sistemi di lavoro e mentalità di sfruttamento distruttivo di matrice Cinese, non ha avuto altre proposte reali (se non quelle Russe fatte a suo tempo) per racimolare in qualche modo un po’ di moneta ed evitare o rimandare il rischio di default.
Chiediamo a Bruno se tornerà in Ucraina. Lui ci risponde di sì, perché è il suo lavoro e si trova bene con questo popolo molto simile al nostro, ma, senza nascondersi, afferma che al primo sparo di cannone (o anche solo allo scoccare di… una fionda) scapperà dalla parte opposta!
Cristina Menghini
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