30 Gennaio 2025
Pinerolo. Emanuela Genero col vescovo Derio ha presentato "La fermata di Sophie"

La scrittrice Emanuela Genero ha presentato il suo romanzo La fermata di Sophie” (LAR editore) il 28 gennaio 2025 alla Biblioteca Alliaudi di Pinerolo.
Martedì 28 gennaio, nel salone della biblioteca Alliaudi di Pinerolo, la scrittrice Emanuela Genero ha presentato il suo romanzo “La fermata di Sophie” (LAR editore). Il libro, che affronta anche il tema della Shoah e della deportazione degli ebrei, è stato presentato nell’ambito della Settimana della Memoria. Con l’autrice, erano presenti
- il vescovo Derio Olivero
- l’organizzatore Maurizio Trombotto
- Susanna Maruffi, presidente dell’ANED di Torino
Genero, originaria di Cavour, mescola romance e noir. I suoi personaggi affrontano il dolore ma trovano riscatto. «Questo romanzo apre una finestra sulla vita, sugli amori e sulle ripartenze» ha commentato il vescovo. L’autrice non si limita a descrivere il male, ma ci mostra anche le vie per superarlo. Lo dimostra il protagonista Marcello che si vede strappare il suo caro amico a causa delle deportazioni naziste, ma che al termine riesce a riscattarsi riscoprendo l’amore in tarda età. «Mi stanno a cuore il ricordo e l’amore che arriva nei momenti più bui» ha spiegato Genero.
Il treno è il cuore simbolico del romanzo. Da bambino, Marcello condivideva con l’amico Beniamino la passione per i treni, ma quell’amore si trasforma in dolore quando il compagno di giochi viene deportato, trascinato via su un convoglio diretto ai campi di sterminio. Ma è anche una metafora della vita. «I treni simboleggiano i cambiamenti inattesi, il dolore che può essere attraversato e superato» dice Genero. Un’immagine potente: la vita come un grande convoglio in corsa, con le sue stazioni dove si sale e si scende, con compagni di viaggio che restano per sempre e altri che scompaiono senza lasciare traccia.
Sul destino del protagonista si staglia anche l’esperienza del carcere. Nella rappresentazione di questa, Genero si è ispirata alle carceri Le Nuove di Torino. «Sono spazi terribili in cui gli esseri umani si aggirano come spettri senz’anima» ha commentato.
Nonostante la durezza dei temi, «ciò che stupisce è l’ottimismo di Emanuela, che ci insegna a guardare avanti» ha osservato il vescovo Derio. Il libro propone una via d’uscita: la speranza. Ma è una virtù o una condanna? Il vescovo richiama un passaggio del romanzo in cui una famiglia di nazisti rischia la vita per salvare un ebreo. Si tratta di un gesto pericoloso, fatto per dare speranza a un altro essere umano.
La testimonianza di Susanna Maruffi aggiunge un tassello alla memoria. Suo padre, Ferruccio, deportato a Mauthausen nel 1944, sopravvisse abbastanza a lungo da raccontare la sua storia. «La Giornata della Memoria significa ricordare non solo la Shoah, ma anche le leggi razziali, i deportati politici e chi ha avuto il coraggio di aiutare gli ebrei» ha sottolineato. Maruffi ha poi toccato un tema chiave del libro: il treno. «Per chi era ormai solo uno Stück (pezzo), il viaggio nei carri bestiame segnava il primo passo verso la consapevolezza del proprio destino». E poi, la risposta alla domanda chiave: quella sul perdono. Maruffi la anticipa. L’ha sentita mille volte, prima rivolta a suo padre, poi a lei. Si può perdonare chi ha inflitto tanta sofferenza? «Si può perdonare qualcuno che ancora oggi non ammette di aver sbagliato? Il perdono richiede reciprocità. E soprattutto, perdonare in nome di altri sarebbe un atto di presunzione. La vera questione resta una sola: non dimenticare».
Giulia Tarditi
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