Questa notte, nell’ospedale di Pomaretto dove era ricoverato, è morto Nello Manduca.

Classe 1932, è stato per lunghi anni segretario di sezione della DC di Pinerolo, sua città di adozione. Assessore all’Istruzione nella giunta guidata dall’allora sindaco Aurelio Bernardi, fu esponente di spicco della politica democristiana del pinerolese e del Piemonte.

I funerali saranno celebrati mercoledì 9 agosto, alle ore 16, nella chiesa Santi Michele e Lorenzo di Pinerolo.

Riproponiamo di seguito l’intervista raccolta nel maggio scorso da Enzo Cardone.

 

Quando la politica era una cosa seria

La DC è stata dal 1945 al 1994 il partito dei cattolici italiani e non solo. In che anno si è iscritto alla DC? E perché?

Fin da bambino ho nutrito interesse per la politica intesa come servizio per i più bisognosi. La DC degasperiana mi sembrò, nell’immediato secondo dopoguerra, il partito che meglio corrispondesse a questa esigenza. Inoltre, la mia fede cattolica mi spinse quasi naturalmente tra le braccia del partito dello scudocrociato. Mi iscrissi alla DC pinerolese non appena arrivai al Nord, lasciando il Mezzogiorno d’Italia. Se non ricordo male, correva l’anno 1955.

Quanto ha influenzato il suo essere uomo del Sud nella sua attività politica?

Moltissimo! Sono nato nel 1932 a Monterosso Calabro, un piccolo paese della Calabria situato in provincia di Vibo Valentia, dove la povertà era di casa. La mia generazione fu costretta a lasciare il Sud Italia in cerca di fortuna. Arrivai a Pinerolo a metà degli anni Cinquanta, con pochi soldi in tasca ma tante speranze. L’impegno politico rappresentava la possibilità concreta di poter aiutare le tante famiglie meridionali arrivate al Nord.

L’impegno politico è stato preceduto da altre esperienze sociali?

Prima di prendere la tessera della DC ero iscritto all’Azione Cattolica, senza dubbio palestra di valori spirituali e morali. Il passaggio alla DC mi sembrò il naturale compimento di un percorso coerente.

Chi sono stati i suoi riferimenti politici?

È difficili rispondere. La DC poteva contare nell’immediato secondo dopoguerra su una classe dirigente di primaria grandezza. Tuttavia, se devo farle dei nomi, non posso non citare De Gasperi, Donat-Cattin, Moro e Fanfani.

Ha avuto modo di conoscerli?

Una volta (a differenza di oggi) la politica era una cosa seria. Prima di assumere cariche di responsabilità dirigenziali, i giovani erano invitati a frequentare le scuole di partito. La DC, da questo punto di vista, era molto esigente con i suoi ragazzi. Diverse volte sono stato a Roma per apprendere l’arte della buona politica. Ho conosciuto Moro e Fanfani, ma il legame più duraturo lo instaurai con Carlo Donat-Cattin.

Può raccontarci qualche episodio?

Ne potrei raccontare diversi. Il primo che mi viene in mente risale al mio arrivo in Piemonte. Risiedevo già a Pinerolo, ma mi recai a Torino da Donat-Cattin per chiedergli di essere presentato alla sezione di Pinerolo il cui segretario cittadino era Priolo. Donat-Cattin mi accolse con simpatia e cordialità e scrisse una lettera di presentazione al segretario cittadino. Gliene fui molto grato! Ricordo anche che nel 1984, dopo un intervento al cuore, Donat-Cattin mi venne a trovare a casa. Fu un politico di livello assoluto, un “uomo” nel senso autentico della parola.

La DC è stata (anche) un partito di correnti. Lei come si collocò nello scudocrociato? E qual era la situazione pinerolese nel secondo dopoguerra?

Sono stato certamente vicino a Donat-Cattin ma, poco alla volta, il mio convincimento personale mi spinse verso la corrente dei dorotei. Una corrente centrista (contraria ad aperture ai comunisti) nata a Roma nel 1959 (il nome doroteo è stato mutuato dall’omonimo convento doroteo di Roma nei cui locali si riunirono i dirigenti DC Colombo, Antonio Segni, Rumor) che certamente rappresentò per me un punto di arrivo. A Pinerolo la DC fu molto forte e radicata nel tessuto civico e culturale della città. Negli anni dell’immediato dopoguerra le sinistre (pur rappresentate in comune) non erano in grado di competere con i consensi della DC per il governo della città e questo costringeva la DC ad un di più di responsabilità.

Nello Manduca, lei ha ricoperto diversi incarichi pubblici. È stato segretario cittadino della DC negli anni ‘80 ma anche assessore all’Istruzione nella giunta guidata dal compianto Aurelio Bernardi. Cosa può raccontarci in proposito?

Sono stato a lungo segretario cittadino della DC negli anni ’80 e devo dire che l’incarico mi ha permesso togliermi molte soddisfazioni (penso all’impegno a favore dei meno abbienti) e, nonostante alcune fisiologiche difficoltà, ho sempre potuto contare su un seguito personale ed elettorale considerevole nel partito e tra i cittadini. Ma se devo essere sincero, l’incarico di assessore all’Istruzione mi emozionò ancora di più. Negli anni ‘60 era fondamentale portare avanti politiche di sostegno alle famiglie. Garantire l’istruzione ai figli della povera gente era un imperativo categorico. La DC pinerolese poteva contare su Aurelio Bernardi (sindaco dal 1965 al 1975), uomo di notevoli capacità e di indiscutibile moralità. Ricordo che ci costringeva ad un grande lavoro di raccordo tra i cittadini e le istituzioni, ma era il primo a dare il buon esempio (ogni lunedì sera il sindaco convocava i suoi assessori DC per fare il punto della situazione). Mi permetta anche di citare Sergio Buttiero, altro intellettuale “politico” di riguardo. Pinerolo in quegli anni, poteva contare su una classe dirigente indiscutibilmente preparata.

Come si arrivò al centrosinistra? E quali rapporti intercorsero tra la DC pinerolese e la Curia?

Posso dirle che il centrosinistra (fortemente voluto dall’onorevole Aldo Moro) vide nella nostra Pinerolo un importante laboratorio. Aurelio Bernardi, in qualche modo, anticipò la scelta di Moro. Bernardi era convinto della necessità per i cattolici democratici di aprirsi al mondo socialista (che in Pinerolo vide protagonista l’avvocato Costanzo, che divenne in seguito assessore all’Urbanistica, assessorato allora sconosciuto). L’intento ambizioso che ci ponevamo era quello di guidare i processi di trasformazione del Paese e della città. Quanto ai rapporti con la Curia, sono sempre stati impregnati al rispetto reciproco, ognuno autonomo nel proprio ambito. Ovviamente tenevamo in particolare considerazione quella che era l’opinione della Chiesa pinerolese, ma poi decidevamo seguendo i nostri convincimenti personali. Posso dirle ad esempio che, almeno inizialmente, la Curia fu molto prudente (se non contraria) all’apertura ai socialisti.

E il rapporto con i diversi Vescovi che si alternarono alla guida della Diocesi come andò delineandosi?

Il confronto fu sempre fruttuoso e improntato all’ascolto reciproco. La DC è sempre stata il partito del dialogo, con la Chiesa ancor di più. Posso dire con orgoglio che il vescovo Gaudenzio Binaschi (vescovo di Pinerolo dal 1930 al 1968) mi interpellò diverse volte sul tema della povertà in città, chiedendomi in qualche modo di fare da raccordo tra mondo politico, chiesa e società civile.

Oltre alla politica, quali sono state le sue passioni?

La politica è stata la mia grande passione, ma devo dirle che anche fare l’impiegato alle poste mi ha fatto crescere come persona. E non dimentico di essere stato anche maestro! Altra esperienza indimenticabile. Inoltre a lungo ho collaborato per motivi istituzionali con la Cisl. Questo mi ha permesso di accrescere la mia consapevolezza rispetto alle dinamiche del mondo del lavoro.

La fine della DC era inevitabile?

Difficile rispondere. Certamente Mino Martinazzoli ha guidato la DC in un periodo storico e politico complesso e di passaggio. Tuttavia, penso che si sarebbe potuta evitare la fine di quell’esperienza politica. Le dimissioni da segretario nazionale di Martinazzoli mi colsero di sorpresa e con me furono sorpresi anche tanti amici democristiani pinerolesi. In qualche modo, ci sentimmo abbandonati e traditi. Non a caso non aderii al Ppi e solo diversi anni dopo, decisi di impegnarmi nell’UDC, partito per altro di cui oggi fatico a comprendere la linea politica.

Come valuta il primo anno della nuova amministrazione grillina?

È presto per formulare un giudizio definitivo. Diamo tempo alla nuova amministrazione di dimostrarsi all’altezza della situazione. Non mi sembra che, in questo primo anno di amministrazione Salvai, ci siano state grandi discontinuità rispetto al passato. Direi che la navigazione procede a vista.

Enzo Cardone

Nello Manduca