29 Marzo 2021
I vaccini funzionano, per le RSA si vede la luce

Un anno di Covid non è trascorso invano per le RSA: «Rispetto alla scorsa primavera – raccontano i responsabili del Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna – il clima è più tranquillo, siamo entrati in una nuova – ma speriamo temporanea – diversa normalità. I tamponi rapidi quindicinali ci danno tranquillità, il fatto di avere vaccinato gli ospiti e buona parte del personale anche. Certo è una sofferenza sapere di essere così isolati, specie per noi che abbiamo sempre puntato molto sul rapporto con l’esterno».

Una disamina che riassume le impressioni unanimi di tanti che lavorano in questo settore e che nell’ultimo sono rimasti pressoché sempre sotto pressione. «All’inizio della pandemia – ricorda Carla Signori della Casa dell’Anziano Fer di Pinerolo – non si sapeva come fare: mancavano i tamponi, mancavano i DPI (ndr dispositivi di protezione individuale)», bisognava creare dal nulla degli spazi per le persone risultate positive al coronavirus, adesso tutto va decisamente meglio». Certo prima di arrivare a veder la luce, le strutture sono passate attraverso la cosiddetta “seconda ondata” dell’autunno scorso, che ha toccato spesso anche chi era passato indenne dal “primo giro”.

L’aspetto sanitario soprattutto grazie alle vaccinazioni massive di ospiti – con tutte le difficoltà nel raccogliere i consensi per quelli sotto tutela – e operatori sembra volgere al sereno. Al momento un po’ ovunque in Italia non si hanno notizie di contagi nelle RSA, un raggio di speranza che illumina anche il mondo fuori dalle strutture (in attesa che la campagna vaccinale raggiunga gli obiettivi fissati a tavolino).
Non mancano però i tasti dolenti. In molte strutture (fa eccezione ad esempio il Rifugio Re Carlo Alberto) è calato il numero delle persone ospitate – la maggior parte per naturale decadimento – per via delle difficoltà legate ai nuovi ingressi. «In questo periodo – spiegano dall’Asilo dei Vecchi di San Germano – è complicato inserire nuovi ospiti per diminuzione della richiesta sia da parte dell’ente pubblico che privato. A questo si aggiunge il timore che il famigliare possa contrarre la malattia ma anche per il fatto che all’ingresso la persona deve rimanere in isolamento per 14 giorni senza poter vedere i propri cari». Ad influenzare la scelta di tenere a casa un parente «sono anche le difficoltà economiche di molti che a causa del Covid lavorano poco o nulla», precisa Marco Cogno, direttore della “Pro Senectute” di Luserna e del “San Giuseppe” di Torre Pellice.

Ad un minor numero di ospiti e, di conseguenza, di entrate, non corrisponde però un calo dei costi, che anzi nel corso dell’anno sono saliti vuoi per il personale – sostituzioni di chi si ammalava, nuove assunzioni per coprire le nuove incombenze originate dalla pandemia -, vuoi per le spese per DPI e igienizzazioni. Senza che gli aiuti promessi dalla Regione siano arrivati, almeno per ora. «A fronte di un lavoro di rendicontazione lungo e meticoloso – sottolinea Silvia Zavattero della “Jacopo Bernardi –, se tutto andrà bene riceveremo forse un 30% di quello che abbiamo speso! Un forte motivo di amarezza è poi la scelta della Regione di rimborsare solo i DPI acquistati per le persone in convenzione (ndr quelli a cui il Servizio Sanitario riconosce la copertura della quota sanitaria individuata nel 50% del costo totale della retta), come se potessimo caricare sulle famiglie i costi sostenuti per gli altri». Rincara la dose Carla Signori: «Nel 2020 come Fer abbiamo speso circa 240mila euro solo tra DPI e sanificazione e dalla Regione ce ne rientreranno forse 28mila. Inoltre facendo parte del settore non profit, non possiamo richiedere i ristori del Governo previsti solo per le imprese. Almeno i circa 40 milioni (stanziati a bilancio) che la Regione ha risparmiato nel 2020 per via del calo delle “convenzioni” venissero destinati al nostro settore… ci sono molte famiglie che hanno un loro caro da anni in lista d’attesa per la convenzione».

Per i responsabili della Casa Valdese delle Diaconesse di Torre l’attuale aspetto più negativo è la limitazione alle visite: «Anche se nel periodo estivo abbiamo potuto effettuare visite di persona ma all’aperto con dovuti distanziamenti e dispositivi di protezione, rimane a distanza di un anno una condizione complessa da sostenere per gli ospiti che vorrebbero vedere liberamente i propri cari».

Tutti gli strumenti (e il personale) adottati per consentire di mantenere le relazioni tra anziani e familiari – video-chiamate; stanze degli abbracci; visite davanti a un vetro – non possono certo sostituire un singolo abbraccio. E i rapporti con i familiari degli ospiti è importante anche per chi in struttura ci lavora. «La soddisfazione di chi viene in visita – evidenzia Elena Boggio dell’Asilo Valdese di Luserna – gratifica gli sforzi che facciamo per rendere l’Asilo una casa accogliente grazie anche alle proposte degli educatori e al culto settimanale con il pastore (che ogni volta che entrano vengono sottoposti a tamponi rapidi)». Un’impressione condivisa anche da Cogno che ricorda: «Gli anni scorsi in occasione delle feste natalizie, la nostra struttura era praticamente aperta: al pranzo di Natale partecipava un buon 50% dei parenti degli ospiti. Lo scorso Natale senza candele, senza lavoretti e, soprattutto, senza visitatori per me non è stato Natale!»
GR

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