20 Aprile 2015
Antiche miniere: una ricerca fatta... coi piedi

20 aprile 2015
Federico Magrì e Paolo Jannin, dalla loro passione per i minerali, hanno estratto un libro dal titolo “Antiche miniere delle Alpi Cozie. Guida storico-escursionistica. Vol. I”. I due amici quasi coetanei, classe 1961 e 1962, da più di vent’anni coltivano la passione per le montagne, per i minerali e per la speleologia. Federico si occupa di sicurezza mentre Paolo è un informatico di professione.
La montagna è il loro respiro. «È forse normale che uno si scelga una passione che lo distanzi dal proprio lavoro», afferma Federico.
Il testo, dalla grafica leggera e dalle numerose fotografie, racconta la storia e l’itinerario di una decina tra le miniere meno conosciute delle nostre valli. Tra queste la misteriosa miniera di ferro di Luserna San Giovanni, le famose miniere del Beth e le loro concorrenti, le meno note miniere del Ghinivert, sul versante opposto.
Si parla perfino di Cristoforo Colombo (ma non quello delle Caravelle, un omonimo più recente) che cercava l’oro in Val Pellice, e anche di un filone d’oro scoperto a Grande Pouzet in Val Germanasca che prometteva ricchezze immense ma nascondeva una sorpresa. Tra le altre curiosità anche nuove notizie per arricchire e spiazzare la storia della miniera del Beth, nota anche ai profani. Le nuove rivelazioni, sono state confermate dal confronto con i figli di un testimone dell’epoca, Pietro Vigno.
«Fino al 1822 i minerali erano di proprietà di chi possedeva la terra, spiegano i due autori. Dopo di che, il Regno Sabaudo avendo necessità di minerali per l’industria bellica, dichiarò che ciò che si trova nel sottosuolo è di proprietà dello Stato.
Nacque allora l’idea che vige ancora oggi. Chi vuole sfruttare un filone di un minerale deve possedere una Concessione statale per poter estrarre i preziosi e poterne godere. La Concessione viene data a un privato dopo che egli ha prodotto una dichiarazione di scoperta.
«Alcune delle gallerie delle nostre valli, pur affascinanti, non sono lunghe che poche decine di metri per questo motivo. Non sono altro che gallerie di ricerca per vedere se veramente meritava sfruttare il minerale», riferisce Magrì.
Le fonti principali della ricerca sono state l’Archivio di Stato e l’Archivio del Distretto Minerario del regno sabaudo dai quali hanno letteralmente “estratto” documenti che li hanno appassionati. «Avere in mano i documenti originali, spesso scritti su altri supporti che la normale carta, è davvero emozionante. Non tutto si trova su internet in ricerche come queste», spiegano i due.
Da circa tre anni lavorano alla stesura del testo che «è stato scritto anche con i piedi», scherza Magrì, perché alle fonti documentaristiche si sono aggiunte le escursioni, che prima di essere state presentate nel libro, sono state testate dagli autori anche più volte.
0ltre 100 le uscite, più di 80.000 metri di dislivello percorsi. Punto di forza del testo sono le fotografie dell’interno delle miniere. Paolo Jannin e Magrì ci tengono a precisare: «noi puntiamo sullo stimolare la curiosità del lettore perché si interessi della storia e delle bellezze naturali delle nostre valli fino ad arrivare a visitare l’ingresso delle miniere seminascoste. Ma non invitiamo i singoli ad entrarvi! Per farlo ci vogliono, oltre all’esperienza, strumenti e materiali di sicurezza. Ecco perché abbiamo corredato il testo di numerose foto che abbiamo realizzato noi stessi».
Ma se invece qualcuno volesse proprio entrarvi? «Allora può partecipare alle iniziative del Gruppo Speleologico di Pinerolo», spiega Federico Magrì che ne è il presidente. In conclusione Paolo Jannin e Federico Magrì spiegano che l’obiettivo è di risvegliare l’interesse per il luoghi e la storia delle nostre valli. «In Italia non abbiamo quello che in Francia di chiama Eritage e in Inghilterra Heritage… l’eredità in senso storico.
La Storia locale è un patrimonio che spetta ai singoli, agli individui e non solo alle istituzioni. Tocca anche a noi». Il volume è stato presentato nella sede del C.A.I. a Pinerolo venerdì 17 aprile. Il titolo stesso dell’opera preannuncia un seguito. «C’è già il materiale per il prossimo libro», rivela Jannin. In anteprima alcuni siti oggetto del prossimo lavoro: le miniere della Bocciarda in Val Chisone, la galleria di ricerca di Laval in val Troncea, la cava di pietra del monte Frioland e quella di caolino di Bibiana in val Pellice.
Ives Coassolo
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