29 Maggio 2014
Malificent: una voce fuori dal coro
29 maggio 2014
Visto che per natura scelgo sempre la strada più in salita (da convinto alpinista), senza mai farmi condizionare da nessuno, questa volta per il film “Maleficent” veramente mi avventurerò in un campo minato per voler vedere a tutti i costi e contro la stragrande maggioranza della critica, il bicchiere mezzo pieno!
C’è una profonda ragione per cui sono addivenuto a questa contrastante ma maturata scelta è cioè “l’introspezione dell’autoanalisi” dopo un’accurata scissione di me stesso, dalle emozioni e dalle motivazioni profonde dell’agire per le sensazioni non di parte, né scontate, che mi hanno scaturito questa pellicola.
Intanto, la recitazione di Angelina Jolie è da oscar tanto ha saputo entrare nella sua parte dualista. Discreti anche gli altri attori principali: Juno Temple, Elle Fanning e Miranda Richardson. Il regista, Robert Stromberg, ha già ottenuto una nomination insieme a Daniel Sudick, Stefen Fangmeier e Nathan McGuinness agli Oscar per gli effetti visivi del 2003 con il film “Master and Commander – Sfida ai confini del mare”. Nel 2009 ha vinto l’Oscar per la migliore scenografia con il film “Avatar” insieme a Rick Carter e Kim Sinclair e un altro nel 2011 sempre per la stessa categoria con Karen O’Hara per Alice in “Wonderland”. Ma tutto questo non è determinante ai fini di valutare obiettivamente e senza condizionamenti di parte “Maleficent”.
La trama
Un odio atavico separa i due regni confinanti, quello degli uomini e quello della Brughiera, abitato da fate e creature incantate. È in questo territorio magico che vive la piccola Malefica, in pace con tutti. Ed è qui che fa la conoscenza di Stefano, un ragazzino suo coetaneo, abbastanza curioso e coraggioso da spingersi dove gli uomini non si spingono mai. La loro amicizia, man mano che crescono, lascia il posto all’amore, ma, quando a Stefano si presenta l’occasione di diventare re, egli non esita a tradire l’amata, ferendola nel modo più grave e cioè tagliandole le ali, scatenando così in lei giustamente l’ira e il proposito di vendetta. Ne farà le spese la neonata Aurora, figlia di re Stefano e della regina, sulla quale Malefica scaglierà la nota profezia. Ma questa non è la storia della Bella Addormentata bensì quella di Malefica, la storia di una vittima che, da grande, troverà il modo di superare il male che le è stato inflitto da chi amava. Infatti il vero amore scaturirà tra lei madre/madrina e Aurora a cui lei si è davvero affezionata e sconfitto il regnante cattivo il finale sarà un apoteosi di emozioni sino alla riunione dei due regni ove il bene incondizionato tornerà a trionfare.
Critica
Ed ecco ora la critica costruttiva di questo film, kolossal da 230 milioni di dollari. Questo la dice già lunga per scatenare gli opinionisti che si vogliono accattivare la simpatia del pubblico, additando allo spreco come prima ragione di dissenso. Ma il mio disaccordo più totale rivolto ai cervelloni della critica è sul fatto che han voluto rimanere loro stessi vittima degli stereotipi.
Basta estrapolare uno dei tanti commenti per capire appieno cosa intendo significare: «Un punto di vista spiazzante, in questo caso, perché legato al più bel villain animato mai visto al cinema, se non uno tra i personaggi più crudeli della storia della “Settima Arte”. Perché questa “Maleficent” prende la statuaria, malvagia, elegante e maestosa protagonista de “La Bella Addormentata”, per tramutarla in una strega borderline dal cuore spezzato. L’idea di base era ed è infatti intrigante. Chi è realmente Malefica? Posta la domanda, Stromberg e la Woolverton hanno provato a pennellare un’originale risposta, disegnando i lineamenti di una strega buona, protettrice di un mondo incantato chiamato Brughiera e di fatto costretto a difendersi dagli umani. Peccato che regista, produttori e sceneggiatrice abbiano deciso di stuprare la storia originale e l’anima stessa di Malefica, gettandola in pasto ai sensi di colpa e alla bontà di un tempo. L’evoluzione della trama prende pieghe improponibili, ma in forma inedita e inaccettabile, tanto da umiliare il profilo del male animato che per 55 anni ha cresciuto, spaventato ed affascinato generazioni e generazioni di bimbi. Dimenticate la Malefica che avete imparato ad amare, voi che entrerete in sala, perché questa Malefica è la sua versione ripulita con l’acqua ossigenata. A non trovare risposta, dinanzi ad una simile operazione è la più scontata delle domande, ovvero: perché massacrare a tal punto una delle favole più celebri della filmografia Disney, andando a prendere il male fatto donna per trasformarlo in una melensa zitella prima alata e poi azzoppata con accesi e poco salutari sbalzi d’umore? Se è interessante la dualità che inietta in “Malefica”, la lascia troppo spesso scivolare verso la bontà», dalla recensione di Federico Boni.
Ed ecco perché non condivido né questa né altre critiche tutte tendenzialmente e ottusamente convinte che bisognava rispettare il male inconscio che procuravano ai bambini certe fiabe del passato, altro che raccontarle per farli addormentare senza incubi….
Quindi mi sono volutamente staccato da questa ottusa teoria volendo immaginarmi un regista intelligente ben conscio di stravolgere la fiaba originale, anzi mettendosi in gioco e in cattiva luce, proprio riferendosi ad essa per darne una versione più umana. Infatti poteva inventarsi un racconto tipo Avatar e nessuno avrebbe replicato. Ma perché stravolgere la fiaba da cui prende spunto?
Bruno Bettelheim, nella sua opera “Psicanalisi dei racconti di fate”, vede nella trama di questa fiaba un percorso iniziatico, un tentativo di preparare i bambini e le bambine ai cambiamenti che arriveranno… per me era una scusa per giustificare le crudeli fiabe di un “tempo che fu” e non voler accettare il fatto che bisogna staccarsi da un passato di “guerrafondai” sino ad arrivare per l’appunto ad un’altra e più pacifica visione del mondo, come ha tentato di fare Robert Stromberg in questa sua rivisitazione personale dell’immortale fiaba, ben conscio di scatenare la critica!
Mica è scemo con l’equipe che ha a fianco! Non ha sempre tentato di fare la stessa cosa Steven Allan Spielberg, sfatando la teoria che gli alieni scenderanno solo e sempre sulla terra per combatterci? Nel suo capolavoro: “Incontri ravvicinati del terzo tipo” ha lanciato un messaggio di pace che non sappiamo o vogliamo cogliere neppure ora, come per i vecchi film sugli indiani d’America che dovevano essere per forza i cattivi da sterminare, e che invece registi più moderni e intelligenti hanno mostrato il vero volto di questo popolo decimato e bistratto come in ogni guerra per il “dio denaro e il dio potere”. Vediamo anche questo film sotto quest’ottica e forse riuscirete a pensarla come me.
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