17 dicembre 2014

Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro? (Mt 7,20).

 

Questo l’interrogativo che i discepoli di Giovanni rivolgono a Gesù. Il vangelo ci dice che “in quello stesso momento” Gesù operò diverse guarigioni, “poi” rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti rsuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella” (Mt 7,22).
Prima Gesù interviene in favore dei malati nel corpo e nello spirito, liberando anche da “spiriti cattivi”, in un secondo momento si pronuncia, non rispondendo direttamente alla domanda che gli viene posta, ma incoraggiando i suoi interlocutori a giungere alla verità attraverso i gesti compiuti.
Prima fa, poi si esprime, senza, però, qualificarsi; vuole, così facendo, interpellare la coscienza critica di chi lo ha accostato ed osservato.
Anche chi si professa cristiano è chiamato, innanzitutto, a testimoniare la sua adesione a Cristo con la vita. Il mondo è stanco di parole e false promesse, ha bisogno di vedere fatti concreti che dimostrino che è possibile vivere il Vangelo.
Gesù per qualificarsi davanti ai suoi interlocutori, fa riferimento ad una particolare categoria di persone, i poveri. L’attenzione nei loro confronti, le politiche tese a favorirli, le scelte di vita orientate a facilitarli, dimostrano in concreto il nostro essere in Cristo, e quando, parliamo di povertà le attribuiamo un’accezione di ampio raggio, pur partendo sempre da quella materiale.
Con i poveri il Signore si identifica ed in loro chiede di essere servito.
Ripartiamo, allora, dal riconoscere nel povero il volto di Cristo.

Vieni, Signore, padre dei poveri!

Carmela Pietrarossa

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