29 Luglio 2019
Nell’ultimo libro di Erika Gavazzi il dramma dell’anoressia vissuta e vinta

Il coraggio di lasciarsi amare
“Per un battito d’ali”. Un libro, quello di Erika, che scorre tra le dita, denso e tagliente come la lama di un coltello, profondo e immenso come l’abisso di un oceano.
Erika dice molto tra una riga e l’altra, tocca sfuggente profonde ferite, vissuti innominabili, da un nome e una forma vivida a un mostro che invece un nome ce l’ha: anoressia. In un viaggio tra il reale e il fantastico esorcizza un demone muto che divora e azzanna, che ti risucchia nelle caverne da cui la sua protagonista è attratta e spaventata al tempo stesso.
Un viaggio tra il dolore indicibile, che grida tra le ossa appuntite che tagliano l’aria, e il controllo che sfugge e si porta via sogni, incubi, ricordi, orrori.
L’autrice parla di un male oscuro, di un patto tra il sé e la punizione di un amore che cerchi, che ti è stato strappato, che vuoi e attanaglia le viscere e la voglia di scomparire fino a diventare vento sottile.
Un viaggio di fantasia, denso di simboli che ti imprigionano, ti danno speranza, ti salvano.
Un tunnel dove, nel fondo oscuro della fantasia, si esorcizza il male del secolo, che strappa l’anima e la fa sua, un tunnel dove la protagonista diventa il controllo stesso, in una prigione che sembra non lasciare scampo
L’autrice usa la penna come una catarsi che immagina e rivela, che affonda e risolleva. Si passa dal grido silenzioso di aiuto, al bisogno di amore che salva ma, come dice l’autrice «ci vuole coraggio a lasciarsi amare».
Perche l’abbandono fa paura, perché l’abbandono ci fa perdere il controllo di emozioni e ricordi e dolori troppo grandi che ci ingoiano tutto di un fiato.
Nello sguardo attento e nella mano che rassicura Erika passa un potente e forte messaggio di salvezza, di un amore salvifico che non chiede nulla in cambio, che ti ruba al buio e ai mostri che lo abitano, che ti apre gli occhi alla luce e ti solleva.
Un libro forte e dolce, che entra con discrezione e irruenza nel demone della malattia anoressica, che ti lesiona corpo e anima, che non è mai sazio, come quel lupo pronto ad azzannarti, come l’incubo ricorrente che ti intrappola.
L’autrice accompagna il lettore in un viaggio dove «solo il buio insegna agli occhi a vedere la luce», dove la cura è lasciare che l’amore entri, è affidarsi a lui. L’amore e la fiducia risanano le ferite, acquietano l’anima, colmano e riempiono quel vuoto che l’anoressia e il suo dolore infligge ogni attimo.
Erika attraverso la sua penna attenta e accurata, descrive minuziosamente passaggi importanti, ti fa entrare nell’abisso fino a farti mancare il fiato per poi portarti a scorgere la luce e respirare a pieni polmoni.
Ho avuto il piacere di incrociare Erika nel mio cammino e le nostre vite si sono intrecciate per un po’, ci siamo comprese in uno sguardo. E dopo anni sono orgogliosa di avere fatto questo viaggio in questo libro che merita una lettura attenta, perché per quanto questo viaggio sia fantastico, grida verità forti e attuali, lascia strumenti e simboli per riflettere, chiavi per aprire le porte alla rinascita.
La lettura e lo scrivere diventano strumenti che salvano. L’abbandono a una mano che resta lì, accanto al tuo dolore, alle tue ossa sporgenti, ai tuoi vestiti troppo ampi, al tuo sguardo spento e svuotato che chiama. Restare e lasciarsi amare.
Perché l’amore salva e ricostruisce la nostra pelle, riempie il nostro corpo vuoto, le nostre mani secche, affama i nostri occhi profondi, perché come dice l’autrice «Per amore si può morire di fame e per fame muore l’amore».
Il libro è una nicchia di personaggi ricchi e preziosi di cui senti quasi l’odore, ma solo in una lettura attenta essi si lasciano scoprire. Quegli odori che penetrano nel romanzo li ritrovi sparsi ovunque, affondano nella carne e nelle narici e, terminata la lettura del libro, vedi tutti i pezzi del puzzle che rientrano in un ordine stabile e armonico e ti senti leggera e riesci a guardare oltre e vedere il cielo azzurro e tutti i colori che la vita ci può offrire per ricominciare finalmente a vivere.
Serena Catastini
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