14 Ottobre 2019
Hikikomori: uscirne si può
«Se tuo figlio non vuole mangiare a tavola che salti cena!»
«Se non va più a scuola è un fannullone e tu come madre devi costringerlo!»
Ecco alcune delle frasi che i genitori dei ragazzi hikikomori si sentono dire quando i loro figli rompono i rapporti con tutti e si rinchiudono in camera. Giorno e notte.
Ma chi sono i gli hikikomori? La parola è un termine giapponese che significa “stare in disparte”. Vengono definiti tali gli adolescenti e i giovani adulti che decidono di isolarsi dalla società vivendo nella loro stanza, specialmente di notte. Non è una malattia, è un disagio che i ragazzi vivono. Maschi nella maggior parte, ma anche femmine.
L’autoreclusione volontaria degli hikikomori, se non affrontata, può durare anche molti anni e compromettere in modo irreversibile la vita dell’individuo.
Trattandosi di un fenomeno sociale nuovo, le famiglie e le istituzioni si trovano impreparate, in parte per la carenza di informazione tra il personale, ma soprattutto per l’impossibilità di comunicare con un soggetto refrattario a contatti con l’esterno. In Giappone il fenomeno è conosciuto da tempo.
Una madre racconta il suo oro olimpico
«Ho due figli di 15 e 8 anni – racconta la madre di un hikikomori – . Il primogenito a scuola è sempre andato molto bene tranne in musica. Non riusciva suonare il flauto. L’insegnante si è un po’ impuntato e lo costringeva a suonare in classe tra le risa dei compagni. Battute, scherzi… bullismo! Ecco che il ragazzo ha iniziato ad isolarsi. Saltava le lezioni di musica. Purtroppo la struttura scolastica non ha capito il problema e il ragazzo ha smesso di frequentare anche perché è stato ricoverato al Regina Margherita per manie di suicidio».
«È stato un periodo molto pesante per tutta la famiglia – prosegue la mamma del ragazzo -ma, per fortuna, ci è stato assegnato dall’ASL un educatore molto valido!»
L’educatore, subito rifiutato dal ragazzo, non si è scoraggiato e ha iniziato un percorso con i genitori, in particolare con la madre.
A fronte di tante fatica i frutti iniziano a vedersi
«A settembre mio figlio è tornato a scuola, frequenta il secondo anno delle superiori. Ha conservato qualche amicizia. Io incoraggio molto questi rapporti e i ragazzi sono spesso a cena a casa nostra».
Le superiori sono risultate un ambiente più comprensivo. Il ragazzo aveva frequentato con molto profitto il primo semestre, ma poi ha avuto una ricaduta…Tre mesi chiuso a chiave in casa con la voglia e la paura di tornare a scuola e lo spettro di un altro ricovero. Ma l’educatore è intervenuto con una relazione che spiegava come l’ambiente famigliare fosse idoneo e assolutamente fuori luogo un ricovero. Ma i mesi passavano. Stava per terminare la scuola e l’anno scolastico sembrava perso. Dati i risultati ottenuti al primo semestre al ragazzo è stata data l’opportunità di fare tutte le verifiche. I risultati hanno superato di molto la sufficienza e il ragazzo è stato promosso!
«A settembre è tornato a scuola. Speriamo che continui. Se penso a quante angosce… Mio figlio con me parla, si sfoga. Mi spiega come è difficile per lui uscire di casa e andare a scuola».
Oltre le angosce per la situazione del figlio, si è sentita “giudicata” come madre. Qualcuno le aveva anche consigliato di staccare internet in casa. «Sarebbe stata la cosa più sbagliata- sottolinea decisa – mio figlio sarebbe morto! Internet era il suo unico contatto con l’esterno! Era sempre aggiornato sull’attualità. Ha studiato le materie come storia e geografia per le verifiche a scuola. Certo non seguiva i social. Con Youtube ha migliorato molto il suo inglese. Adesso ha voluto iscriversi in palestra: c’è andato solo una volta, sono stata anche criticata per questo, ma per me è stato come un oro olimpico!»
Cristina Menghini
Un’associazione di genitori per aiutare i ragazzi
Elena Carolei è la presidente dell’Associazione “Hikikomori Italia Genitori”, nata, da un gruppo Facebook, nel giugno 2017.
Il progetto Hikikomori Italia raccoglie (e accoglie) oggi già molte centinaia di famiglie in tutta Italia, e da allora ha attivato diverse iniziative per fronteggiare il ritiro sociale. Organizza per gli associati incontri gratuiti di supporto per genitori in presenza di uno psicologo, in tutte le località di Italia. «Moltissimi casi di associati – spiega Elena – ci testimoniano che il tipo di approccio di buone prassi adottato dall’associazione sta ottenendo risultati incoraggianti nel miglioramento della comunicazione tra hikikomori e genitori e nel graduale riavvicinamento dei ragazzi alla società».
In Piemonte sono un centinaio le famiglie iscritte all’associazione ma si pensa che siano molte di più quelle interessate da questo fenomeno. Tutta la Regione è coperta dai gruppi di mutuo aiuto.
«La nostra associazione – conclude la presidente Carolei – ha sottoscritto e avviato con l’Ufficio Scolastico Regionale e la Regione Piemonte un protocollo di intesa per fronteggiare il disagio degli hikikomori, inoltre partecipa ad un tavolo tecnico voluto dal MIUR per la redazione di linee guida per le scuole di secondo grado.
Per info: elena.carolei@hikikomoriitalia.it
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