25 Febbraio 2020
#Coronavirus - Parla l'epidemiologo Roberto Rostagno
Roberto Rostagno, originario di Dubbione di Pinasca, è medico epidemiologo presso l’Ospedale di Vercelli. A lui abbiamo chiesto alcuni chiarimenti circa la gravità e la sintomatologia del virus che in Cina ha già causato migliaia di morti.
Che cos’è il coronavirus 2019-nCoV?
I coronavirus sono dei virus già noti per causare nell’uomo dei disturbi che vanno dal banale raffreddore a sindromi più gravi del tratto respiratorio.
In questo caso, questo virus sembrerebbe essere derivato da un coronavirus animale che per mutazione spontanea ha effettuato il cosiddetto “passaggio all’uomo” ovvero è diventato patogeno per l’uomo. Come succede spesso in questi casi la malattia nell’ospite secondario è più grave forse perché il nostro sistema immunitario si trova di fronte a qualcosa di nuovo o forse perché un virus giovane dal punto di vista evolutivo è tipicamente più aggressivo. Questa aggressività poi si attenua con la convivenza con il suo ospite anche perché non vi è una convenienza evolutiva nell’uccidere chi ci permette di sopravvivere.
Quali sono i sintomi?
I sintomi sono quelli dell’influenza. Non c’è modo di distinguerli inizialmente se non attraverso la storia di un viaggio in zona endemica o di contatto con caso sospetto o accertato.
Come si evolvono?
Dopo circa una settimana dalla comparsa della febbre una bassa ma non definibile proporzione di casi sviluppa difficoltà respiratoria che può portare a una mortalità stimata del 2% sui casi totali. Tale mortalità non si distacca molto da quella dell’influenza stagionale, ma i dati sono comunque preliminari e in continua evoluzione e quindi è giusto che si prendano tutte le dovute precauzioni per limitare il diffondersi dell’epidemia.
Come ci si difende?
Cercando di identificare precocemente i casi di malattia in modo da adottare le relative misure per evitare il contagio. In particolare, informando il più correttamente possibile la popolazione in modo da evitare episodi di panico e contestualmente non perdere la possibilità di riconoscere e “screenare” i casi veramente sospetti.
Perché fa così paura?
Perché ricorda la SARS dove la mortalità era elevata e in aggiunta l’epidemia odierna presenta una diffusività maggiore. I due parametri non sono però indipendenti e quindi ci si attende una letalità minore rispetto alla SARS di inizio millennio.
È vero che è un prodotto di laboratorio?
È poco probabile. Da una parte perché un virus creato intenzionalmente avrebbe delle caratteristiche diverse. Dall’altra anche perché un virus sfuggito inavvertitamente a un laboratorio di ricerca difficilmente potrebbe dare origine a un’epidemia di questo tipo.
Che cosa vuol dire che in un laboratorio italiano è stato isolato il virus?
Significa che partendo dai liquidi biologici di un paziente infetto è stato possibile coltivare il virus all’interno di linee cellulari in laboratorio. L’Italia – come anche altri Paesi – è riuscita in questo intento e questo permette a quel laboratorio di effettuare alcuni tipi di test su quel virus nella ricerca di una potenziale cura.
Ci sarà un vaccino disponibile? In che tempi?
Secondo alcuni esperti è difficile che sia prontamente disponibile per la popolazione prima di un anno. Si stanno comunque facendo progressi su terapie farmacologiche che inibiscono il virus, ma anche per queste è difficile stabilire quando potranno essere commercializzate.
Potrà modificarsi e se sì cosa accadrebbe?
Si prevede una perdita di aggressività da parte del virus, ma questa previsione è solo teorica e quindi si deve mantenere l’allerta.
Quanto è stato ingigantito il fenomeno dai mass-media?
I mass-media vivono di un’economia tutta loro basata sull’attrazione del fruitore medio e pertanto non credo abbiano ingigantito più di tanto il fenomeno; hanno semplicemente confezionato la notizia in modo da venderla ed è la notizia stessa che genera il panico. Da operatore nel servizio sanitario non ho la percezione se lo stesso tipo di attenzione fosse stato dato a ebola in West Africa, ma dal punto di vista della preparazione per un’ipotetica epidemia negli ospedali ci eravamo attivati similmente a oggi. Non credo si parli oggi dell’epidemia di ebola in RDC che al momento ha mietuto più vittime del nuovo coronavirus, perché da quelle zone difficilmente i viaggiatori arrivano in Europa. È il panico che vende e i mezzi di comunicazione non hanno bisogno di ingigantire più di tanto, è sufficiente che operino come di consueto: ricercare una notizia a effetto, se poi questa risulta completamente falsa, essendo la smentita poco redditizia non vale la pena di comunicarla al grande pubblico.
Ho visto poi delle derive paradossali classiche del mondo del web: circolava un video con una serie di persone dai tratti somatici orientali che da una fase di completo benessere perdevano conoscenza, sottotitolato “i cinesi muoiono per strada”. Alla mia osservazione sommaria sembravano una serie di svenimenti in persone senza problematiche respiratorie. L’intento del creatore di questo video era di ottenere il maggior numero di visualizzazioni con relativo possibile rientro economico, non certo di fare informazione. Essendo il web un mezzo di comunicazione relativamente giovane si imparerà a diffidare delle fonti un po’ come quando in un gruppo di amici uno cerca di fare il sensazionalista raccontando aneddoti ai limiti della credibilità, col tempo si impara a non credere a tutti i suoi racconti, ma si apprezza comunque lo sforzo per la simpatia.
Ci sono fasce di persone particolarmente sensibili?
Da quanto sembrerebbe sono le stesse dell’influenza stagionale, persone anziane o con patologie croniche.
E i bambini?
I bambini sembrano essere più protetti. È simile al discorso delle malattie esantematiche: un morbillo contratto in età infantile avrà un decorso mediamente meno severo di uno contratto in età adulta.
Cristina Menghini
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