24 Ottobre 2023
Il Papa indice il 27 ottobre una giornata di preghiera e penitenza per la pace in Medio Oriente
Papa Francesco invita, cristiani e non, a una giornata di digiuno e preghiera» per il conflitto che devasta il Medio Oriente il 27 ottobre 2023.
Preghiera e digiuno, penitenza e carità sono le uniche «armi» in mano ai cristiani contro la guerra. Come aveva già fatto per l’orrenda invasione russa dell’Ucraina, Papa Francesco ha indetto, per venerdì 27 ottobre 2023, una «giornata di digiuno e preghiera» per il conflitto che devasta il Medio Oriente. Intanto continua l’opera diplomatica per individuare percorsi di pace con il colloquio telefonico di 20 minuti tra Francesco e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel pomeriggio di domenica 22 ottobre che ha avuto come argomento – spiega la Sala Stampa vaticana – «le situazioni di conflitto nel mondo» ed è stato il Papa a volere il colloquio».
IL PAPA
«La guerra, ogni guerra, è sempre una sconfitta, una distruzione della fraternità umana. Sono molto preoccupato e addolorato, prego e sono vicino a tutti coloro che soffrono, agli ostaggi, ai feriti, alle vittime e ai loro familiari» – dice papa Francesco all’Angelus del 22 ottobre – in particolare per «la grave situazione umanitaria a Gaza e per la violenza. Mi addolora che anche l’ospedale anglicano e la parrocchia greco-ortodossa siano stati colpiti. Rinnovo il mio appello affinché si aprano degli spazi, si continui a far arrivare gli aiuti umanitari e si liberino gli ostaggi».
Alle 18 del 27 ottobre in San Pietro ci sarà un’ora di preghiera «per implorare la pace». Invita alla giornata di preghiera e digiuno «i fratelli e le sorelle delle confessioni cristiane, gli appartenenti ad altre religioni e quanti hanno a cuore la causa della pace» e invita le Chiese particolari «a predisporre iniziative simili» perché «la guerra, ogni guerra, è una sconfitta ed è la distruzione della fraternità. Fratelli fermatevi!».
I CRISTIANI
Le Chiese cristiane di Gerusalemme condannano nettamente il bombardamento israeliano della chiesa ortodossa di San Porfirio a Gaza; assicurano il loro impegno a non venire meno «al sacro e morale dovere di offrire assistenza» e rifugio a chi non ha più una casa; si appellano alla comunità internazionale perché protegga i luoghi di rifugio e si proclami un cessate il fuoco umanitario in aiuto alle migliaia di civili sfollati a Gaza. È quanto afferma una dichiarazione dei patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme, dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby – giunto a Gerusalemme dopo l’esplosione all’ospedale anglicano di Gaza -, del cardinale patriarca di Gerusalemme dei latini Pierbattista Pizzaballa, del custode di Terra Santa padre Francesco Patton, dei responsabili delle Chiese greco-ortodossa e siriaco-cattolica.
Si tratta di «civili innocenti feriti o uccisi dagli attacchi missilistici contro i rifugi, scuole e ospedali dove le persone si sono riparate perché le case sono state demolite nell’incessante campagna di bombardamenti contro le aree residenziali di Gaza». Una missione che non sarà abbandonata, neppure «di fronte alle incessanti richieste militari di evacuare le istituzioni caritative e le case di culto perché non c’è altro posto in cui ci si possano rifugiare».
IL PATRIARCA
Il card. Pizzaballa – che è a Roma per il Sinodo – a «Tg2000» dice: «Il dolore di quelle famiglie, provate da tanto tempo, è enorme e noi siamo con loro. La guerra e le bombe non hanno mai risolto i problemi, anzi ne creano di nuovi. La comunità cattolica di Gaza è informata di tutto questo e ha deciso di restare perché non sanno dove andare e perché nessun luogo nella Striscia è sicuro. Nonostante tutto, riescono a mantenere una fede salda, che non è scossa neanche dalle bombe».
«Stiamo vivendo, ancora una volta, giorni drammatici con una intensità, una violenza e un odio che non abbiamo mai visto. Siamo sgomenti e non possiamo fare altro che unirci a tutti coloro che stanno soffrendo» dice il patriarca: «Se Dio è una presenza reale abbiamo bisogno di averlo con noi. La Chiesa di Terra Santa vive un dramma senza precedenti, con i nostri fratelli ebrei, musulmani, israeliani, palestinesi». Il patriarca rammenta ai cattolici di Gerusalemme la giornata di preghiera del 27 ottobre ed esprime dura condanna agli attacchi di Hamas contro Israele e ai bombardamenti israeliani su Gaza.
IL PARROCO
Tra i 500 rifugiati nella parrocchia cattolica Sacra Famiglia di Gaza ci sono numerosi bambini disabili, anziani molto malati, feriti. Francesco con una telefonata al parroco Gabriel Romanelli, religioso dell’Istituto Verbo Incarnato, ha inviato «benedizione, affetto e preghiera». Racconta padre Romanelli: «Viviamo in una gabbia circondati da macerie ma questa è la nostra casa, non andremo via. Qui ci sentiamo al sicuro». Il Pontefice «mi ha chiamato e, come nelle precedenti telefonate, ha espresso tutta la sua vicinanza: siamo sempre nelle sue preghiere. Ha espresso la sua preoccupazione per quanto sta avvenendo e ci ha incoraggiato ad andare avanti». La parrocchia Sacra Famiglia è l’unica cattolica della Striscia. «I religiosi e le religiose si danno da fare per aiutare i fedeli: molti hanno perso la casa sotto le bombe, non hanno più lavoro, piangono la perdita di parenti e amici. Sappiamo bene che una volta finita la guerra, speriamo presto, la vita non riprenderà come si vorrebbe. Nella gabbia in cui viviamo siamo circondati da macerie».
IL NUNZIO
I diritti umani sono violati da guerre e mancanza di libertà religiosa. Per il nunzio osservatore permanente alle Nazioni Unite, arcivescovo Gabriele Caccia, la dignità è insita nella vita di ogni uomo, è eguale in tutte le persone ed è donata da Dio: i diritti umani non sono concessioni di Stati o governi: la Carta dei diritti umani è contraddetta dalla dolorosa realtà di orrori: guerre, genocidi, deportazioni di massa, nuove forme di schiavitù, tratta degli esseri umani, bambini-soldato, sfruttamento dei lavoratori, traffico di droga e prostituzione.
Pier Giuseppe Accornero
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