2 Agosto 2024
Settant'anni dalla morte di Alcide De Gasperi

Pier Giuseppe Accornero riassume il percorso politico e umano di Alcide De Gasperi, “l’artefice della ricostruzione nazionale”, morto il 19 agosto 1954.
«L’Italia onora in Alcide De Gasperi l’artefice della ricostruzione nazionale». Così sentenzia a 9 colonne «Corriere della Sera» settant’anni fa il giorno dopo la morte il 19 agosto 1954 dello statista. Con buona pace di coloro che inneggiano a Silvio Berlusconi «più grande statista italiano». Rimase al potere otto anni, un periodo di aspre contese politiche e di tensioni sociali in cui gli italiani lavorarono sodo e diedero vita a quel «miracolo economico» di cui scrisse il mondo occidentale.
De Gasperi, il più deciso e abile dai tempi di Cavour – scriveva il «Corrierone» – «aveva rivelato anche una statura morale non consueta. Smentendo le accuse di clericalismo aveva chiamato al governo uomini del Partito socialdemocratico, del Partito repubblicano e di quello liberale riuscendo per tanti anni a tenere insieme una coalizione dal precario equilibrio». Sono gli anni in cui gli italiani comprano la «500» a rate e la domenica fanno la gita «fuori porta».
Nella prefazione a «Le verità nascoste. Trenta casi di manipolazione della storia» (Rizzoli, 2019) Paolo Mieli scrive che negli anni Venti, agli inizi del potere fascista, un ex deputato del Partito popolare, Giovanni Maria Longinotti, accompagnandolo a San Pietro, gli domandò: «Quanto credi che durerà questo regime?». Senza esitazione, rispose: «Venti anni». Commenta Mieli: «Colui che nella seconda metà degli anni Quaranta e nei primi Cinquanta avrebbe guidato la ricostruzione in Italia, era stato tra i pochi a non farsi illusioni circa una breve durata del regime mussoliniano. E ad azzeccare la previsione».
De Gasperi, presidente del Consiglio, va negli Stati Uniti a chiedere un prestito da cento milioni di dollari, con il cappotto prestatogli da un collega perché il suo era troppo liso. È quel cattolico che scrive a Pio XII, che gli ha negato un’udienza privata, perché aveva rifiutato l’alleanza con il Movimento Sociale nelle elezioni comunali di Roma: «Come cristiano accetto l’umiliazione, ma come capo del governo la dignità e l’autorità che rappresento mi impongono di esprimere stupore e di provocare un chiarimento». Un uomo verticale che non si vergognava di indossare le proprie idee e i cappotti altrui. Alla figlia Romana a Torino, in macchina, mentre la folla pressa e grida, dice: «Osservando queste scene si capisce come un uomo possa credersi pilota insostituibile per il suo popolo e incapace di errori. Capisco Mussolini. È difficile rigettare indietro queste grida di evviva e riuscire a pensare che non sono rivolte alla persona ma a ciò che rappresenta».
Gli interventi della gerarchia cattolica sulla vita politica italiana furono pesanti e massicci. La Democrazia Cristiana nacque fra l’aperto distacco di larga parte della Curia e il dissenso di chi sperava in soluzioni autoritarie che garantissero la fedeltà ai «principi cristiani». Dopo la caduta del fascismo, il presidente dell’Azione Cattolica Luigi Gedda in una lettera, 11 agosto 1943, al maresciallo Badoglio ricorda la forza numerica e politica dell’AC, due milioni mezzo di iscritti tra cui persone preparate per delicate responsabilità nelle radiodiffusioni (già 70 anni fa). La campagna elettorale del 1948 vede la mobilitazione del clero e delle forze cattoliche e l’intervento dei Comitati civici fondati da Gedda.
Il decreto del Sant’Uffizio del 1° luglio 1949 commina l’esclusione dai Sacramenti a chi vota per il Partito comunista e la scomunica per quanti ne professano la dottrina «materialista e anticristiana». Il provvedimento ha una portata giuridica limitata ma un significato storico rilevante.
Sullo stesso tono è l’articolo «Punti fermi» del 18 maggio 1960 su «L’Osservatore Romano»: condanna la collaborazione politica fra cattolici e non; afferma: «L’antitesi irriducibile fra sistema marxista e dottrina cristiana è evidente, come quella che oppone il materialismo allo spiritualismo, l’ateismo alla fede. Perciò la Chiesa non può permettere ai fedeli di aderire, favorire o collaborare con quei movimenti che adottano e seguono l’ideologia marxista. Tale adesione o collaborazione porterebbe inevitabilmente a compromettere e sacrificare i principi intangibili della fede e della morale cristiana».
La diffidenza Pio XII-De Gasperi continua. Il Papa vuole uno «Stato cristiano» e contesta il discorso di De Gasperi del 20 marzo 1954 al Consiglio nazionale DC: «Il nostro non è un partito confessionale, emanazione dell’autorità ecclesiastica»; ricorda la costante sollecitudine di associare al governo forze di altra ispirazione, unico mezzo per consolidare la nascente democrazia; sottolinea che «il credente agisce come cittadino nello spirito e nella lettera della Costituzione».
In questo clima si colloca il processo al vescovo di Prato, mons. Pietro Fiordelli. Aveva ordinato a un parroco di leggere e di pubblicare una lettera che dichiarava «pubblici peccatori e pubblici concubini» due persone che avevano contratto il matrimonio solo civile, «inizio di uno scandaloso concubinato». L’intervento gli attira una querela per diffamazione: il processo si conclude il 1° marzo 1958 con la condanna del vescovo a 40 mila lire di multa.
Più circoscritto, ma non meno significativo, il «caso di Primo Mazzolari». Il parroco di Bozzolo (Mantova, diocesi di Cremona), noto per la sua passione religiosa, il suo senso della Chiesa e la sua apertura, è fino alla morte oggetto di persecuzioni della gerarchia. Sino al 1948 la sua attività pastorale e letteraria si impernia sulla critica al «perbenismo» del cristiano medio, conservatore e sordo alle istanze sociali. «La più bella avventura» (1934), originale commento alla parabola del figliol prodigo, centrata sulla figura del fratello maggiore, in cui tanti cristiani poco caritatevoli e scontenti possono identificarsi, è ritirata per ordine del Sant’Uffizio. «Tempo di credere» (1941) è sequestrato per ordine del ministero (fascista) della Cultura popolare. «Anch’io voglio bene al Papa» (1942) per il giubileo sacerdotale di Pio XII è «sgradito» in Vaticano. «Impegno con Cristo» (1943) sottolinea la responsabilità dei singoli: il Sant’Uffizio lo invita a non trattare più simili argomenti, e uno dei vescovi più intelligenti e aperti, mons. Adriano Bernareggi (Bergamo), si rammarica perché parla delle «capacità creative del cristiano».
Il clima ecclesiale instaurato da Pio XII – che ebbe grandissimi meriti durante la guerra e per la salvezza degli ebrei e dei perseguitati – nel dopoguerra è pesante e deprimente per un uomo libero come De Gasperi, ed è opprimente per i cattolici che pensavano come don Mazzolari, che non sempre concorda con De Gasperi. Il suo «Impegni cristiani e istanze comuniste» (1945) gli costa il ritiro dell’opuscolo, cinque giorni di esercizi spirituali con la sospensione della Messa.
L’attività di don Mazzolari dal 1949 costituisce una critica serrata al laicato e alla gerarchia; un duro rimprovero al tatticismo e all’opportunismo politico; un richiamo alle istanze sociali del Vangelo. Mazzolari diventa il punto di riferimento della corrente che non rifiuta il dialogo con i comunisti. La fondazione nel 1949 di «Adesso», periodico critico della linea degasperiana e fautore di un deciso impegno sociale, provoca il 14 febbraio 1951 una dura nota del cardinale arcivescovo di Milano Ildefonso Alfredo Schuster con la proibizione agli ecclesiastici di scrivere o cooperare al quindicinale. Mazzolari scrive al suo vescovo Giovanni Cazzani una stupenda lettera in cui accetta il provvedimento, pur non rinunciando alle sue convinzioni e offrendo le dimissioni dalla parrocchia, respinte dal vescovo. Nel 1951 a don Mazzolari è proibito pubblicare scritti senza revisione ecclesiastica e di predicare fuori diocesi; nel 1959 Antonio mons. Poma, vescovo di Mantova, chiede al metropolita di Milano di proibire allo scomodo prete di parlare e scrivere in tutta la Lombardia. Fin alla morte, 12 aprile 1959, il Sant’Uffizio sollecita il vescovo di Cremona perché blocchi la ristampa de «La più bella avventura». De Gasperi e don Mazzolari, due grandi uomini e cristiani.
Pier Giuseppe Accornero
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