Il Beato scriveva versi in piemontese a difesa dei lavoratori sfruttati dai padroni Famiglia, lavoro, festa: questi temi dell’incontro mondiale di Milano emergono già in quattro poesie in piemontese pubblicate nel 1862 dal calendario popolare “L’indicatore delle Feste”. Un saggio di Mario Cecchetto, compreso nel volume “I cardini della felicità. Francesco Faà di Bruno nella Torino del XIX secolo”, spiega come l’autore di tali testi sia proprio quest’uomo che si inserisce con caratteristiche originali tra i santi sociali ottocenteschi. Figlio non primogenito di famiglia nobile, Francesco aderisce alla cultura del suo ambiente quando sceglie la carriera militare; ma lascia l’esercito perché il Vangelo gli impedisce di accettare un concetto di “onore” che gli imporrebbe di battersi a duello. Laico celibe (sarà prete solo negli ultimi dodici anni di vita), investe tempo, denaro, progettualità nella promozione umana e cristiana delle donne più povere: in particolare delle lavoratrici domestiche, esposte a varie forme di sfruttamento considerate in qualche modo inevitabili o “socialmente accettabili” da una certa mentalità presente tra le classi agiate. Mente creativa in campo scientifico e tecnico, smentisce i luoghi comuni sull’incompatibilità fra scienza e fede, mentre il suo impegno ecclesiale gli crea ostacoli nella desiderata carriera universitaria.
“L’Indicatore” è espressione di un’associazione finalizzata a difendere il diritto dei lavoratori ad un riposo festivo che permetta loro di partecipare alla messa. Faà di Bruno ha contribuito a fondarla a Torino, dopo aver soggiornato a Parigi e conosciuto un analogo gruppo francese, nato fra i suoi amici delle prime Conferenze di San Vincenzo. Dai documenti dell’associazione risultano tra i suoi consiglieri un calzolaio, dei nobili, dei negozianti; vicepresidente è don Bosco!
Le poesie, rivolte a lavoratori e datori di lavoro (in particolare artigiani e commercianti, la rivoluzione industriale non si è ancora affermata) presentano, al di là dei riferimenti e modi espressivi legati alla cultura ottocentesca, argomentazioni di perenne attualità. L’attacco alla schiavizzazione di persone costrette a lavorare sette giorni su sette ha una forza in cui si fondono l’immediatezza del parlato dialettale, maneggiato con grande scioltezza, e l’eco dei profeti biblici. La santificazione delle feste è il comandamento di un Dio che desidera il vero bene dell’uomo: non solo la sua salvezza eterna, ma la tutela della sua salute psicofisica, dello sviluppo intellettuale e sociale richiesto dalla sua dignità personale. La dimensione spirituale fondata in Dio e propria di ogni essere umano, amato da Cristo fino alla croce, diventa uno sbarramento invalicabile contro ogni tentativo di ridurre qualcuno ad animale da tiro.
L’an n’anima immortal:
‘L’an ij stess comandament,
‘L so drit l’è an tutt egual
Benché a sio d’ povra gent.
Hanno un’anima immortale, hanno gli stessi comandamenti, il loro diritto è in tutto uguale,benché siano povera gente. Così Faà di Bruno descrive i dipendenti ai “padron”, di cui denuncia le pressioni, i maltrattamenti, le accuse di bigottismo, i licenziamenti ingiustificati nei confronti di chi afferma il suo diritto a vivere cristianamente il settimo giorno: e questo comportamento imprenditoriale è anche autolesionista, perché il lavoratore che approfondisce la sua fede ne trae motivazioni alla correttezza e responsabilità nei rapporti di lavoro. Gli stessi lavoratori vengono messi in guardia da meccanismi che potrebbero spingerli a rinunciare alla domenica per guadagnare di più, con conseguenze autodistruttive a lungo termine.
Serenità e dolcezza emergono dalle strofe che descrivono una domenica fatta di preghiera,coltivazione della mente e del cuore, tempo condiviso con la famiglia, svaghi sani, alternativi alla spaventosa dipendenza dall’alcol e dal gioco d’azzardo.
Faà di Bruno esorta operai, garzoni, commessi, lavoranti ed apprendisti a fare con i “padroni” dei “patti chiari”, che garantiscano il riposo festivo. Li invita ad essere concordi, per proporre le loro ragioni più efficacemente, in modo che i padroni vengano convinti a rispettare i loro diritti; potranno avere una giornata di tregua dal lavoro, andare in chiesa come Dio chiede, stare in famiglia: tutto si concluderà felicemente, “tut sarà bin agiustà”.

Anna Maria Golfieri Francesco Faa di Bruno