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Pio XII: è ora di sfatare i pregiudizi

Pio XII: è ora di sfatare i pregiudizi

Intervista a Silvia Introvigne, Preside del Liceo Torinese “FAA’ di Bruno”, sul pontificato di Eugenio Pacelli Silvia Introvigne è docente di storia e filosofia presso il liceo scientifico “Francesco Faà di Bruno” di Torino, di cui attualmente è anche preside. Dal 2008 è membro della Commissione “Ecumenismo e dialogo” della Diocesi di Torino. L’abbiamo incontrata per una chiacchierata a proposito del pontificato di Pio XII
Come nasce la vulgata storiografica che considera Papa Pacelli connivente con il movimento nazista?
È stata una vulgata creata per attaccare il suo lungo pontificato e, per estensione, la Chiesa cattolica. La polemica nasce dalla pièce teatrale “Il Vicario” di Rolf Hochhuth, e rinvigorita dal film “Amen” diretto da Costa Gavras e presentato al festival di Berlino. Con una vera e propria operazione mass-mediatica si è costruito il mito del Pontefice amico di Hitler e nemico degli ebrei, falsificando così la realtà storica.
Quali sono gli aspetti principali più originali del pontificato di Pio XII?
Gli aspetti principali del suo pontificato sono certamente gli interventi in campo dottrinale e la delicata operazione politica volta a sconfiggere il nazismo e a limitare i danni del comunismo. Ci sono tuttavia, lati poco noti e più curiosi che dimostrano come questo pontefice fosse attento ai “segni dei tempi”. Poiché i mezzi tradizionali per comunicare, cioè Encicliche, Bolle, Esortazioni, sono inefficaci per la censura dei diversi Stati in guerra, Pio XII, decide di utilizzare il mezzo radiofonico che la nuova tecnica ha messo a disposizione. Si contano 200 radiomessaggi trasmessi a tutto il mondo in diverse lingue: latino, spagnolo, francese, italiano, inglese, tedesco, portoghese. Nel 1954 istituisce la Pontificia Commissione per la cinematografia, la radio e la televisione, alla quale affida il compito di studiare i problemi di tali attività che hanno attinenza con la fede e con la morale.
Quali rapporti umani e politici caratterizzarono il rapporto tra Pio XII e la gerarchia vaticana?
In qualità di Nunzio apostolico e per la sua profonda conoscenza della lingua tedesca si impegnò per la realizzazione del Concordato della Santa Sede con la Germania di Hitler (1933), sebbene fosse consapevole fin da subito della precarietà dell’accordo. Nel complesso il rapporto con la gerarchia fu proficuo e di stima reciproca. Mi permetta, però, di ricordare, il messaggio natalizio di Pacelli del 1942. In tale occasione sottolinea come il nazismo «sottragga la gioventù alla benefica influenza della famiglia cristiana estraniandoli dalla Chiesa; la educano in uno spirito avverso a Cristo, installandovi concezioni, massime e pratiche anticristiane». Dopo interventi di questo tono, credo sia chiaro che i rapporti tra il Papa e Hitler non potevano che essere tesi.
Molti storici sostengano la tesi, secondo la quale, Pacelli preparò in qualche modo il pontificato di Montini. Condivide?
Montini venne nominato nel 1937 sostituto alla Segreteria di Stato e iniziò a lavorare strettamente al fianco di Eugenio Pacelli, all’epoca Segretario di Stato e quando questi, nel 1939 venne eletto Pontefice, collaborò alla stesura del famoso radiomessaggio per scongiurare la guerra ormai imminente. Sul fronte politico, invece, fu più vicino a De Gasperi di quando non gradisse Pio XII, e nelle elezioni amministrative del 1952 appoggiò apertamente la posizione scelta dalla Dc. Qualcuno sostiene che per questo motivo, nel 1954 Montini venne allontanato da Roma e nominato Arcivescovo di Milano alla morte del Cardinale Schuster. Altri invece sostengono che la decisione di Pio XII sia stata determinata dalla necessità di provare le capacità pastorali di Montini in vista di un futuro ruolo di capo della Chiesa.
Per quale ragione la Comunità ebraica sembra stigmatizzare tanto l’operato di Pacelli? E ancora quale rapporto contraddistinse il legame con Alcide De Gasperi?
Direi che per decenni è stato esattamente il contrario. Golda Meir, il primo ministro israeliano, definì Pacelli “un grande servitore della pace”. Altra dimostrazione pratica fu la conversione di Anton Zolli, rabbino capo di Roma dal ’39 al ’45, che al battesimo volle prendere il nome di Eugenio, proprio in onore a Pacelli. Sono state alcune frange della generazione successiva (che peraltro non hanno vissuto in prima persona la guerra, o che erano giovanissimi), ad attaccare Pio XII. Quanto al rapporto con De Gasperi, esso fu ottimo, fino alle già citate elezioni di Roma del ’52. Nel tempo la Dc di De Gasperi aprì ai laici del Pri e del Pli, e questo preoccupò Pacelli. Tuttavia alla morte dello statista della Dc, Pio XII scrisse «Ha fatto la morte di un Santo. È stato un buon cristiano, un grande uomo».
Enzo Cardone Pio XII davanti ai microfoni di Radio Vaticana

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