03 marzo 2015

Il novelliere alessandrino soggiornò a Pinerolo all’epoca della prima dominazione francese (1538-1574)

Tra le varie personalità che visitarono e vissero anche soltanto per un periodo breve a Pinerolo si riscontra anche Matteo Bandello, noto novelliere e cronista del Cinquecento italiano.
Ne spiega le circostanze specifiche lo storico erudito e letterato piemontese Gian Francesco Galeani Napione, di Cocconato, che nel Tomo II delle sue “Vite ed Elogi di Illustri Italiani” ricorda (in quello scomposto linguaggio italiano caratteristico della sua epoca; e riferendosi alle bandelliane Novelle VIII e XII) che «dallo stesso Bandello il raccogliamo, attesochè riportando una novella narrata in Pinerolo da messer Giovan Antonio Gribaldo Muffa, gentiluomo di Chieri, […] che ivi trovavasi col Fregoso, che chiama il Luogotenente generale del Re cristianissimo», per motivi di contingente attività militare.
Il Condottiero Cesare Fregoso – che era Sostituto plenipotenziario in Italia del Re Francese Francesco I e aveva lasciato l’Italia nel 1535-36 per andare al servizio del monarca d’oltralpe – era amico e protettore del Bandello; il quale dovette pertanto seguirlo, insieme allo stesso fedele Capitano Guido Rangone («Colà con Cesare Fregoso trovavasi eziandio il Conte Guido Rangone suo cognato», come attesta la Novella XIV), capace comandante e valente spadaccino (tanto che il maestro e trattatista di scherma Achille Marozzo, proprio nel 1536 gli dedicò la sua “Opera Nova Chiamata Duello”).
Il soggiorno pinerolese del novelliere, se non fu estesissimo, risultò tuttavia molto importante per il suo lavoro letterario, e sempre il Napione dichiara: «Nella città poi di Pinerolo lungamente si trattenne il Bandello, potendosi dessa vantare, tuttochè appena città Italiana, di essere la patria, a dir così, di maggior numero di Novelle del nostro Prosatore, più di quello, che alcun altro luogo non sia».
La vera presenza di questi armati italo-francesi nel Pinerolese dipendeva dalla lotta che il Re di Francia stava conducendo contro il Piemonte sabaudo, per le sue mire di conquista espansiva; «E se il Conte Guido Rangone andava intorno alle mura di Pinerolo, col parere di alcuni Ingegneri suoi (che allora erano tutti Italiani) disegnando fortificazioni», era perché voleva rendere più munite le vecchie mura cittadine, ancòra pienamente medievali (come poi – l’episodio è riportato nella Novella XXXVI – «di Pinerolo fatto avea il Conte Guido»).
È lo stesso Bandello a descrivere i preparativi di esecuzione delle nuove difese, con una elegiaca prosa quasi petrarchesca: «Eravamo questi anni passati (1535-37, n.d.a.) a Pineruolo molti in compagnia, fuor della Terra a seder in un praticello pieno di verde e minutissima erbetta, per la quale in un canaletto correva una limpidissima e molto fresca fontana, la quale col suo dolce e piacevol mormorio rendeva un soave e dilettevol suono. Quivi ragionando noi di molte cose sopravvenne la buona memoria del sig. conte Guido Rangone, allora luogotenente general in Italia del re Cristianissimo; che accompagnato da molti signori e capitani ed altri soldati, andava d’ognintorno delle mura della Terra, disegnando là un baloardo, colà una piatta forma, ed altrove un bastione ed altri ripari, secondo che la diversità del sito ricercava; perché Pineruolo parte è in colle, parte al declivo del monte, e parte in terra piana. Erano seco alcuni Ingegneri con i quali conferiva il tutto, e voleva di ciascuno il parere: poi quello che pareva il più regionevole, e più a profitto della sicurezza del luogo, si metteva in opera; di modo che in assai breve tempo rese quella terra fortissima».
Nella distesa narrazione bandelliana, non tecnica e competente, e tuttavia cronisticamente precisa nella propria essenzialità espressiva, è circoscritto il percorso operativo di osservazione ed esecuzione fortificatoria che dal sopralluogo di rilevamento delle condizioni fisiche del sito alla stesura complessiva di progetto, ha portato alla definitiva conclusione delle opere materiali; che si potrebbero credere già disposte nella tipica sistemazione nuova, con recinzione bastionata a conformazioni stellari, poi rinforzata dal sacerdote e generale Armand-Jean Du Plessis, Cardinale di Richelieu, dopo la sua discesa in Italia, tra il 1631 ed il 1636, e proseguita fino al 1640.
Più che alle imprese militari, comunque, Matteo Bandello preferì dedicarsi alla mondanità curtense, o meglio cortigiana, sebbene dal 1550 al 1555 venisse nominato Vescovo di Agen. E nella vasta produzione di 214 Novelle, che rappresentano il suo capolavoro letterario, e alle quali deve la sua notorietà storica, in ogni proprio racconto – basato su vicende reali o riportanti leggende tradizionali – egli trattò di numerosi episodi, dedicandoli (con una apposita Premessa com’era allora di prassi) ad un famoso o importante personaggio del tempo. Tra i più rinomati argomenti del suo Novelliere (che originariamente uscì in italiano con il titolo “De le Novelle del Bandello” nel 1554, e in francese come “Histoires Tragiques” nel 1559) si deve indubbiamente ricordare la storia sentimentale e tragica di “Romeo e Giulietta” (Novella IX della Seconda Parte, ripresa da un racconto del vicentino Luigi Da Porto intitolata “Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti”, scritta nel 1529); che ricevette l’onore di venire rielaborata da William Shakespeare, a sua volta ricavandola dalla più tarda raccolta – del 1570 – delle traduzioni francesi delle Novelle bandelliane stampate nelle edizioni lionesi e parigine (del 1560, 1563, e 1564) e contenute nel volume che le rilegava insieme accorpato nel 1570 da François De Belleforest (e che servirono al grande drammaturgo inglese per trarne anche ispirazione per le commedie “Molto rumore per nulla” e “La dodicesima notte”).
Notorietà in patria e fuori, dunque, ha suscitato l’estrosa ed eterogenea versatilità scrittoria di Matteo Bandello; talvolta, purtroppo, ingiustamente dimenticato dalla critica letteraria odierna, ma almeno storicamente ricordato dai riconoscenti Pinerolesi, che hanno saputo giustamente intitolargli una strada cittadina (proprio sul sito storico dei tracciati delle gloriose fortificazioni della sua epoca, ormai irrimediabilmente scomparse sotto il tessuto urbano attuale).

Corrado Gavinelli

Allegato 1 - Vita 2015 N° 4 (Matteo Bandello [pubblicato da C Motteroz 1878, originale 1791 di Lapi Angelo Emilio]

Il ritratto di Matteo Bandello inciso nel 1791 da Angelo Emilio Lapi riprendendolo da un disegno originale cinquecentesco, ripubblicato da Claude Motteroz nel 1878