2 Maggio 2014
Il partigiano Giorgio Catti
Maggio 2014
Era l’Epifania del 1943. Ad Asti, scrive in una testimonianza l’onorevole Silvio Geuna, si teneva un convegno dell’Azione Cattolica.
Mentre nel seminario, ai piani superiori, si svolgevano i lavori del convegno, in cantina, attorno ad un tavolo, veniva avviata l’organizzazione ufficiale dei Giovani Cattolici in una banda partigiana con il duplice scopo: la partecipazione alla lotta di liberazione, come impegno morale e civile di responsabilità e di esempio, e organizzare i giovani cattolici in formazioni partigiane che attuassero la lotta di liberazione nello spirito cristiano con purezza assoluta di intenti e di opere.
Giorgio Catti, era tra questi.
Nato a Torino nel 1925, entrò giovanissimo nella Gioventù Cattolica, collaborò alla San Vincenzo della sua parrocchia e nell’Opera catechistica diocesana, dedicando così le sue energie oltre che allo studio al Politecnico, al cattolicesimo militante.
Dopo l’8 settembre ‘43 collabora con altri giovani alla Resistenza al nazifascismo. Nella zona di Cumiana, che conosceva bene, si adoperò per organizzare i soldati sbandati e poi decise di entrare a far parte della Divisione Autonoma che operava in Val Chisone al comando di Marcellin. Nella zona di Gran Dubbione, un centinaio di giovani quasi tutti dell’Azione Cattolica torinese guidati da. Silvio Geuna, staccatisi dal gruppo di Cumiana per divergenze ideologiche, avevano trovato in don G. D. Bessone, parroco del luogo, un grande loro sostenitore e la casa parrocchiale divenne il loro rifugio.
Questi giovani partigiani partecipavano alla messa con fervore, pregavano insieme e cantavano durante la liturgia domenicale e nella Pasqua del 1943 si confessarono tutti. Giorgio Catti era il loro animatore. Così avvenne anche la notte del Natale del 1943.
Un centro così importante di vita partigiana non poteva certo sfuggire alla furia del tedeschi. Nella Val Chisone erano, infatti, iniziati i grandi rastrellamenti con forti perdite di partigiani.
Catti, una notte, scese con due suoi compagni a Villar Perosa dove attaccò di sorpresa alcune pattuglie tedesche rientrando incolume alla base e partecipò a varie iniziative come la distruzione di ponti e incendi a depositi bellici. Il 26 dicembre ‘43 giunse notizia a Gran Dubbione che 13 soldati inglesi, fuggiti dalla prigionia nazista, si trovavano sulle montagne di Giaveno in condizioni critiche e il parroco fece appello alla popolazione perché desse loro viveri e coperte. Il giorno seguente, dopo quattro ore di marcia sulla neve che superava il metro, raggiunse gli inglesi con alcuni partigiani che portavano il vettovagliamento raccolto. Il 1° maggio del ‘44 i tedeschi stavano salendo a Gran Dubbione dove arrestarono il parroco che venne portato a Torino nelle prigioni. I partigiani si sparsero sulle montagne e alcuni vennero arrestati. Le operazioni repressive condotte con forze rilevanti e con mezzi eccezionali avvennero in tutta la zona Val Sangone – Giaveno – Cumiana – Cantalupa – Gran Dubbione e proseguirono in tutta la Val Chisone. Purtroppo quell’anno era abbondante la neve, gli aiuti alleati tardavano a venire e difettavano le munizioni. I collegamenti tra le bande erano divenuti precari. Il 30 dicembre ‘44 il gruppo di partigiani venne sorpreso da un reparto di paracadutisti fascisti. Giorgio Catti, Michele Levrino e il comandante Gianni Daghero, detto Lupo, che era convalescente, fecero in tempo a rifugiarsi in un nascondiglio predisposto nel fienile di una cascina a La Verna. Dopo una minuta perquisizione della casa, i fascisti diedero incendio al fienile. I tre partigiani resistettero a lungo prima di gettarsi fuori tra le fiamme incontro al nemico che li abbatteva con tre raffiche di mitra. Catti aveva 19 anni.
Il valdese Ettore Serafino, suo comandante partigiano, ricordò Catti con queste parole: «le sue virtù di combattente, il coraggio e la abnegazione, oltre alle caratteristiche del tutto particolari del suo temperamento, facevano di lui un ragazzo di una sensibilità del tutto eccezionale, che si faceva amare da tutti, con una fede adamantina ed una religiosità aperta».
Giorgio Catti ebbe la medaglia di bronzo al valor militare alla memoria e a lui venne intitolato un fondo archivistico presso l’Arcivescovado di Torino e nacque “Il Centro studi Giorgio Catti” dedicato alla Resistenza cattolica in Piemonte con sede a Torino.
Aurelio Bernardi
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