8 Maggio 2014
Il combattente Riccardo Turinetti
Maggio 2014
Il 25 aprile del 1945 Riccardo Turinetti non lo ricorda. E non per i suoi quasi 90 anni ma perché lui quel giorno era ancora prigioniero in Germania. Giovane, troppo giovane – non aveva venti anni – parte per la guerra. Neanche il tempo di fare il giuramento ed entra nell’esercito nell’agosto del ‘43, nei Carristi a Vercelli. Un periodo molto difficile per l’Italia: la caduta del Fascismo, un alleato pesante e la guerra che continua a mietere vittime. Pochi giorni e l’armistizio dell’8 settembre getta nella confusione la popolazione. E soprattutto l’esercito. Riccardo, ancora con la sua uniforme, decide di non aderire alla Repubblica di Salò e diventa partigiano. Il 14 settembre nella Brigata Garibaldi. Con orgoglio ed emozione ancora oggi mostra “le carte” che gli furono consegnate a guerra terminata e che testimoniano questa scelta.
Non partecipa a nessuna azione partigiana: i tedeschi nel dicembre dello stesso anno lo arrestano. Però non lo fucilano: era senza armi, già abbandonate per prudenza.
Processato viene deportato in Germania e gli viene data la possibilità di scelta: lavoro nella fabbrica di armi come civile o in miniera come combattente. Scelta la miniera di carbone Peiting di Monaco, inizia un duro lavoro di spostamento e scelta di pietre. Nel suo racconto Riccardo Turinetti non tralascia di ricordare un vecchio, un tedesco che al mattino gli portava un pezzo di pane con della margarina. E poi alcune donne tedesche che, mosse a compassione per le condizioni dei lavoratori, portavano del cibo ai detenuti rischiando e non poco!
Successivamente apprende che la fabbrica dove avrebbe potuto lavorare è stata bombardata. Riccardo torna in Italia, accompagnato dagli americani fino al confine, il 22 maggio 1945. Indossava ancora la sua divisa militare che non ha mai potuto cambiare.
Non ha mai raccontato la guerra. Riconosce di essere stato fortunato: molti suoi compagni non sono tornati a casa. Teneva una corrispondenza con la sorella che pregava per lui intensamente. Ancora oggi riconosce l’importanza di quelle preghiere. Le lettere che riceveva e inviava le ha ancora tutte e le conserva gelosamente. E per lui, dopo tanti anni, la ricorrenza del 25 aprile è ancora molto importante.
Riccardo è il presidente degli ex-combattenti di Pinerolo. Sono rimasti solo più in due ma vogliono ancora ricordare i sacrifici fatti, i rischi vissuti. Se con emozione ricorda il passato con rabbia descrive il presente del nostro paese. «Ma è per questo abbiamo rischiato la vita? – si chiede amareggiato – Per un situazione politica del genere? Potevamo andare a far parte della Repubblica di Salò senza correre rischi. Invece ci siamo esposti e molti sono morti! Tornassi indietro farei il repubblichino… ma sono tranquillo con la mia coscienza per le scelte che ho fatto!»
Il periodo trascorso Germania come prigioniero non gli è stato riconosciuto nemmeno ai fini contributi. In compenso Ha avuto una medaglia.
Dopo il ’45, la vita gli ha sorriso: è entrato in Polizia per alcuni anni, poi è tornato a fare l’operaio specializzato alla RIV. Si è sposato, ha due figlie e due nipoti.
Oggi Riccardo Turinetti è un testimone della storia che è stata. E un monito per quella che verrà.
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