15 Giugno 2011
Eroi (quasi) dimenticati
Il Circolo Giovanile San Martino di Torre Pellice annovera tra i suoi soci sette caduti Non sono stati pochi i partigiani, o i deportati in campi di concentramento, provenienti dalle file dell’Azione Cattolica, in particolare dalla GIAC (gioventù italiana di Azione cattolica). Questa considerazione valida per l’ambito regionale piemontese, ben si addice anche alla nostra diocesi e in particolare, senza escludere ricerche in altre parrocchie, al Circolo Giovanile San Martino di Torre Pellice che annovera tra i suoi soci sette caduti. Lo si è appreso, in occasione della mostra diocesana sull’Azione Cattolica del 2010, da alcuni numeri di “Cuori allegri”, circolare interna del gruppo intitolato al patrono della parrocchia. La figura più nota è quella di Sergio Toja, medaglia d’oro al Valor Militare. Era nato a Luserna San Giovanni nel 1923; fu delegato degli aspiranti di A.C.; l’8 settembre 1943, già membro del nucleo politico clandestino di Torre Pellice, fu pronto, con una scelta netta e chiara, a entrare nelle file della Resistenza dove ben presto ebbe incarichi di comando. Cadde crivellato da raffiche di mitra alla stazione ferroviaria di Bibiana il 24 gennaio 1944, nel tentativo di liberare quattro giovani catturati al Pra e condotti in treno a Pinerolo. La V divisione alpina di Giustizia e Libertà prese il suo nome; altrettanto avvenne per il Circolo Giovanile, dove fu istituito, per volere della mamma, un premio.
Nei campi di prigionia morì Adriano Botto che nel Circolo si distingueva per la sua allegria e la sua “letizia pura”. Non ancora ventenne era stato chiamato a indossare la divisa alpina per difendere la patria. Dopo l’8 settembre 1943 preferì la prigionia piuttosto di servire la Repubblica di Salò.
Il 30 dicembre 1944 veniva fucilato, davanti al muro del castello sulla piazza centrale di Campiglione, Renato Geymet. Frequentava il Circolo San Martino con i suoi tre fratelli Bruno, Ermanno, Romano. Entrato nelle file della Resistenza, operò dapprima nell’Astigiano; incaricato di una missione a Vigone fu catturato in un’imboscata sulla via del ritorno, dalle brigate nere e dalle SS. Condotto a Campiglione fu torturato e condannato a morte. Ottenne con insistenza di poter essere condotto in chiesa: il teologo Meglia lo confessò, lo comunicò e lo accompagnò al luogo dell’esecuzione, lasciando una vibrante testimonianza del coraggio e della fede del condannato.
A Perosa Argentina, fu ferito in combattimento e poi trucidato, Carlo Giraudo. Era nato a Torre Pellice nel 1925. Chiamato alle armi dal bando repubblichino del 1943, scelse la via della montagna; combatté in Val Pellice e poi in Val Germanasca. Il 17 febbraio 1944 fu predisposta un’azione che condusse i partigiani a San Germano, Villar Perosa e Perosa. Qui sulla via del ritorno il camion su cui viaggiava il Giraudo ebbe un guasto e fu raggiunto da un’autocolonna tedesca. Nel combattimento che ne seguì Carlo, fu ferito e poi trucidato. Gli è stata assegnata la medaglia di bronzo.
L’8 settembre 1943, alla base navale di Tolone, si trovava un giovane marinaio di Torre Pellice: Ermanno Rivoira. Prima di partire per la guerra aveva coronato il suo sogno d’amore. Fatto prigioniero dai tedeschi riuscì a fuggire e a tornare a Torre Pellice dove si unì ai partigiani. Individuato, fu costretto, per timore di rappresaglie verso il suo piccolo Giorgio, a presentarsi a Vercelli per entrare nell’esercito repubblichino. Fuggì dopo pochi giorni e ritornò sui nostri monti. Catturato a Bricherasio fu condotto in carcere a Pinerolo e a Torino alle “Nuove”. Durante il trasferimento in Germania riuscì a fuggire alla stazione di Brescia e a ritornare a Torre Pellice. Il 4 settembre 1944 veniva ucciso in combattimento a Bricherasio.
Alle 21,30 dell’8 agosto 1944, fu impiccato a Torre Pellice, il diciottenne Martino Marotto. La sua famiglia, di origine veneta, si era costì trasferita e Martino, col fratello Ferruccio, era diventato una delle anime dei Circolo giovanile. Era stato arrestato, con due compagni, il 5 agosto. Poco prima di essere condotto al patibolo ricevendo una visita dei familiari riuscì a convincerli che lo aspettava un interrogatorio. Fu assistito dal priore don Barale, cui si rivolse nell’ultimo saluto con le parole con le quali sempre salutava il suo parroco: “Sia lodato Gesù Cristo”.
Nel campo di prigionia di Zeithan (in Germania) moriva il 13 aprile 1944 Lino Grosso. A diciannove anni era stato chiamato sotto le armi e aveva preso parte alla campagna di Francia; venne l’8 settembre, fu catturato dai tedeschi e deportato in prigionia. Nell’ultima licenza aveva detto alla mamma “sono pronto e preparato a tutto perché il Signore è con me”.
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