02 aprile 2015
«Mi piace paragonarlo ad un albero dalle radici profonde, dal fusto robusto e lanciato verso l’alto, dagli abbondanti frutti nella stagione del raccolto». Così il vescovo di Pinerolo, lunedì 31 marzo, ha iniziato l’omelia del funerale di Dario Debernardi, già sindaco di Pinerolo.
Classe 1931, Debernardi è morto nella sua abitazione sabato 28 marzo all’età di 84 anni, dopo una vita spesa a servizio degli altri con generosità.
«Un albero – ha proseguito monsignor Pier Giorgio Debernardi – non si regge senza radici che affondano profondamente nel terreno. Le radici del dottor Dario sono quella fede genuina assorbita dalla sua famiglia e maturata all’interno della sua parrocchia, in particolare nell’ambito dell’oratorio e dell’Azione Cattolica (la “Silvio Pellico” era la fucina di formazione)».
Monsignor Debernardi ha quindi ricordato il suo impegno «all’interno di una società democratica e plurale. Più volte ha invitato i suoi concittadini (sono le sue parole) a “Lavorare con umiltà per ricostruire una nuova società per costruire una nuova società, per assicurare il processo civile, dimostrare la propria passione politica nel rispetto dell’ideologia altrui e della persona umana”.
Capiva che il primo e fondamentale servizio era aiutare i cittadini e la comunità a innervarsi di orientamenti che solo l’etica può fornire, dove si intrecciano diritti e doveri, e dove ognuno, con le proprie azioni, collabora per il bene comune».
Restando nella metafora dell’albero, il vescovo ha quindi voluto ricordarne i frutti che si sono manifestati nel suo impegno sociale, politico ed ecclesiale: «ha servito la nostra città come assessore all’economia e alle finanza dal 1964 al 1974 e sindaco dal 1975 al 1980. Scriverà tra i suoi ricordi: “Ho pensato che, quando sono stato eletto Sindaco, la mia visione o il mio sogno per Pinerolo si concentrava su: Sviluppo della città e lavoro. In fondo le due cose si intrecciano l’una con l’altra. Se non c’è sviluppo non c’è lavoro”.
Aggiungendo con molta concretezza: “Non basta sognare, occorre anche programmare e realizzare”. Infatti il dott. Debernardi non era l’uomo dalle molte parole, ma dei frutti e delle realizzazioni concrete. Sono gli anni in cui la nostra città si ingrandiva attraverso un’edilizia popolare e convenzionata, nascevano nuovi quartieri e si consolidano i servizi sociali. […] La città, in segno di gratitudine, gli ha conferito il premio “Pinarolium”(1992)».
Poi l’impegno come volontario nella Croce Verde e come vicepresidente della “Casa dell’anziano Madonna della Misericordia”. «È stato l’amministratore sicuramente capace e illuminato, che ha realizzato una struttura all’altezza dei tempi e in grado di rispondere alle esigenze della persona anziana e ammalata.
In un momento molto difficile della vita della Casa (si era nel periodo della ristrutturazione) per me, aver incontrato il dott. Debernardi e ricevere da lui una risposta affermativa all’assumere il compito di vicepresidente, non è stato solo motivo di sicurezza personale, ma certezza che sotto la sua guida la Casa dell’Anziano sarebbe diventata una grande risorsa a servizio di tutta la città.
Così pure ha dato tempo e competenza come vicepresidente dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero, ben contento di mettere le sue energie a servizio del clero della diocesi, non come freddo burocrate, ma attento alle necessità delle singole persone, e amministratore – paziente e dialogante – per far sì che i beni della Chiesa avessero una destinazione di apostolato e di solidarietà».
E da ultimo il desiderio di realizzare un dormitorio più ampio di quello attuale e una mensa giornaliera per i senza dimora. «È un desiderio già concretizzato in un progetto, anche se non si è potuto ancora realizzare.
Questo rileva un aspetto bello della sua anima: non si può vivere felici da soli. La felicità è sempre frutto di condivisione e di dono».
Anche un rimpianto per il vescovo: non aver potuto consegnargli l’onorificenza pontificia della “Gran Croce dell’Ordine di S. Silvestro Papa” concessagli per il suo servizio.
«Grazie per la tua testimonianza, caro dott. Dario – ha concluso quindi monsignor Debernardi – . Riposa in pace».