7 settembre 2015 

Esistono molti modi di approcciarsi alla montagna. C’è un oggettività della disciplina sportiva ma anche e soprattutto la soggettività di chi la ama e la fa diventare parte della propria vita. In questo spettro quasi infinito di sfumature c’è lo stile di Lodovico Marchisio. Lui la montagna la condivide e la condisce con un’abbondante dose di avventura. Che poi diventa racconto. Lo sanno bene quanti la scorsa domenica lo hanno seguito a Claviere per cimentarsi con il ponte tibetano (il più lungo del mondo). Come nel film “Il minestrone” si parte in pochi e si arriva in tanti. Ma, a differenza del film di Segio Citti, la fame è stata saziata eccome, con l’emozione di un camminata sul cielo e con il piacere di una variegata compagnia che si è poi liberamente e allegramente  sparpagliata. Tra i ventitré discepoli di Lodovico anche la signora Wanda, 85 anni e non sentirli. Grinta, allegria e il sentiero delle Gorge percorso con la spensieratezza di una ragazzina.

Questo e altro ancora è lo stile Marchisio. E ognuno ne ha un pezzo solo suo. Una vetta impossibile e tuttavia raggiunta. Una giornata che supera di parecchio le 24 ore. Una via reinventata. Personaggi improbabili in luoghi inaccessibili. Eppure ci arrivano. E tornano. Che alla fine fine ritrovarsi con i piedi sulla terra ferma pare un miracolo. Ma il vero miracolo è riuscire a mettere tutte quelle cose dentro una persona sola. Alla fine o lo ami o lo detesti. Comunque lo ringrazi per averti trascinato là dove forse non saresti mai andato di tua spontanea volontà. E ti si aprono mondi nuovi. L’esperienza Claviere ne è un’efficace sintesi : dall’alto (il ponte), dal basso (il sentiero), in verticale (la ferrata), in profondità (il bunker). Sembra molto. Invece si tratta solo di un assaggio.

P.R.