15 Giugno 2011
Chi erano i Cattolici liberali?
Il vescovo Renaldi conosceva il pensiero del Rosmini ed era in relazione con Gioberti, Balbo e Manzoni Il vescovo Renaldi (regge la diocesi dal 1849 al 1873), il suo vicario generale Jacopo Bernardi e il canonico Paolo Barone sono esponenti del cattolicesimo liberale. Che cosa si intende con questi termini? Il cattolicesimo liberale è una realtà variegata e di fronte alla quale ci si è chiesto “Esiste un nucleo comune, storicamente verificabile, del fenomeno?”. Analizzando i due termini, uno storico rileva: 1) i cattolici liberali sono prima di tutto dei cattolici, che vogliono restare cattolici o che addirittura si sono convertiti al cattolicesimo; 2) la loro adesione al cattolicesimo non implica un’adesione totale, illimitata o passiva alla chiesa istituzionale nella sua forma storicamente data; essi sono perciò dei cattolici che si pongono nuove domande religiose, e che considerano tali domande molto importanti non soltanto per la loro vita spirituale, ma più in generale per i destini del cattolicesimo nel mondo moderno; 3) il loro cattolicesimo è liberale non perché tenda ad una conciliazione pratica tra la dottrina cattolica e le ideologie o i programmi liberali, ma perché tende a far emergere in primo piano gli aspetti del cristianesimo cattolico che alimentano e giustificano un modo liberale di vivere e di sentire; il principale di questi aspetti è il primato della coscienza personale, che, sola, può assicurare il giusto equilibrio tra l’idea della libertà e il principio di autorità, in materia religiosa non meno che politica. Per meglio comprendere riprendiamo alcune antitesi tra il cattolicesimo “non liberale” e il cattolicesimo “liberale”. Da un lato incontriamo il formalismo e il ritualismo religioso, il primato concesso alla visibilità esteriore dell’identità religiosa; dall’altro lato il primato riconosciuto alla religiosità intima e personale. Da un lato si afferma la supremazia della struttura istituzionale e gerarchica della Chiesa, incentrata sul papato; dall’altro lato una concezione della Chiesa come corpo mistico che vive nella storia. Da un lato emerge la ricerca di un’omogeneità sacrale tra società religiosa e società civile; dall’altro lato la distinzione ben netta di fini e di poteri tra le due società. A ciò si accompagnava la preoccupazione della promozione delle istituzioni liberali. “Comune a tutti i cattolici liberali italiani – ha scritto Giacomo Martina – è l’accettazione del regime costituzionale, l’aspirazione all’unità e all’indipendenza della penisola in modo federale o rigidamente unitario, il desiderio di una maggior distinzione tra religione e politica ed un rinnovamento della Chiesa con una morale più austera e un culto più puro ed interiore”. Il cattolicesimo liberale avverte l’esigenza dell’unità della nazione e il problema di superare la spinosa questione del potere temporale del pontefice. Su quest’aspetto le proposte saranno diverse, ma tutti sentono la necessità dell’indipendenza dell’Italia dall’Austria. Antonio Rosmini (alla scuola del suo pensiero si formano e si rifanno Paolo Barone, il vescovo Renaldi, Jacopo Bernardi) ha a cuore la libertà della chiesa nell’esercizio della sua missione apostolica e del suo fine soprannaturale; ma identificando l’indipendenza del papa in rapporto ai governi monarchici, con l’indipendenza dell’Italia dall’Austria, egli è condotto a rivendicare con i patrioti la libertà nazionale come una condizione della libertà della chiesa. Credo che non si possa mettere in dubbio l’importanza, nel nostro risorgimento, di figure quali Antonio Rosmini, Vincenzo Gioberti, Nicolò Tommaseo, Cesare Balbo, Alessandro Manzoni. Perché richiamo questi nomi? Perché Paolo Barone è un rosminiano ed è apprezzato da Gioberti; perché Jacopo Bernardi, anch’egli rosminiano, è amico del Tommaseo, concorre alle vicende della Repubblica veneta, è in stretta relazione col Gioberti; perché il vescovo Renaldi, che conosce il pensiero del Rosmini, è in relazione con Gioberti, Balbo, Manzoni, vari esponenti del cattolicesimo liberale in Italia e all’estero, e tra questi non mancano dei vescovi. Penso di poter immaginare che tutta la ricchezza di pensiero di questi personaggi, filtrata dall’attività di Lorenzo Renaldi, Jacopo Bernardi e Paolo Barone, abbia segnato il cattolicesimo pinerolese.
LASCIA UN COMMENTO
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *