15 Luglio 2024
Caro Mons. Luigi, ti scrivo

A un anno dalla morte di Mons. Luigi Bettazzi, riproponiamo la lettera, indirizzatagli subito dopo la sua nascita al Cielo dal vescovo emerito di Pinerolo, Pier Giorgio Debernardi.
Carissimo Mons. Luigi,
quindici giorni fa ricevevo una tua lettera contenente gli auguri di pasqua, la custodisco preziosa, come testamento nei miei confronti. Terminavi dicendo: ”ti ricordo sempre e quasi ti invidio per la tua scelta missionaria”.
L’amore per le missioni
Devo dire, però, che la scelta missionaria me l’hai insegnata tu. Ancora prima di papa Francesco tu parlavi di Chiesa in uscita, infatti, una delle prime iniziative dopo il tuo arrivo a Ivrea, fu di inviare dei preti Fidei donum in Brasile.
In quel gruppo ci dovevo essere anch’io, stavo preparando le valigie per partire nei primi giorni di ottobre, quando a giugno, la scoperta che mio padre aveva un cancro mi fece cambiare decisione. Anzi, tu stesso, mi consigliasti di rimandare la partenza nell’attesa di una conoscenza più dettagliata della sua situazione; salparono solo don GianBattista Ossola e don Pietro Garbiero. La destinazione era la diocesi di Barra in Bahia, che a quell’epoca era una zona poverissima. Il servizio pastorale era svolto da un anziano prete brasiliano novantenne e da alcuni monaci benedettini provenienti dall’Austria.
La scelta missionaria l’ho imparata da te. Anche tu, ricordo bene, desideravi terminare la tua vita in Africa, in Burundi, dove già operavano reti della diocesi di Ivrea. Ma poi, a malincuore, hai deciso di rimanere in Italia. Ti avevano convinto che la tua presenza sarebbe stata preziosa nel nostro paese per sostenere il cammino del Concilio.
L’attenzione agli altri
Se dovessi sintetizzare la tua vita la riassumerei in tre parole: vicinanza-affetto, amore, passione.
La vicinanza e l’attenzione agi altri sono sempre state caratteristiche della tua personalità. Oggi si parla di ”legami caldi” anche nella pastorale della Chiesa, ma qualche decennio fa questo linguaggio era sconosciuto, almeno nell’ambito ecclesiale, eppure tu già lo parlavi con disinvoltura e convinzione. Legami caldi prima di tutto con le famiglie dei tuoi preti. Gli esempi sono tanti. Ricordo la vicinanza che hai avuto nella malattia dei miei genitori. Lascio parlare mia mamma per la quale hai sempre mostrato molta vicinanza, soprattutto nel tempo in cui ero vicario generale, risiedendo a Banchette. Quante volte, passando davanti al condominio, fermavi la macchina, suonavi il campanello e salivi al primo piano a prendere il caffè. E uno dei ritornelli tra te e mia mamma era questo:’ ‘guardi che il mio Pier Giorgio le vuole tanto bene”; e tu rispondevi: “Pier Giorgio lo sa che anche il vescovo gli vuole tanto ben”. A lei, caro mons. Luigi, hai fatto la confidenza che presto forse sarei stato nominato vescovo. In seguito mi hai confidato che a questa notizia la mamma pianse.
Una Chiesa povera e ricca d’amore
L’amore alla chiesa. Ti sei sempre sentito profondamente figlio della Chiesa, l’amavi appassionatamente e volevi che la tua testimonianza di vita, la rendesse come la voleva Gesù, povera e ricca d’amore.
Sottolineo soprattutto la povertà che è la porta di entrata di tutte le beatitudini. Non voglio ripetere le parole già dette in questi giorni da tante persone ma sottolineo invece come la tua vita è stata una preziosa icona della chiesa povera. Mi permetto di citare alcuni esempi, parecchie volte mi confidasti: ”non ho più nulla sul conto”, il che voleva dire di cercare qualcosa per continuare la tua azione di carità verso i poveri. Una volta andai dal capitolo della cattedrale – i canonici dell’epoca sono tutti morti – per chiedere che alcuni alloggi di proprietà del capitolo fossero ceduti in affitto per i profughi che provenivano dall’antica Jugoslavia e per le famiglie povere della città. La risposta del capitolo, fredda e gelida, fu: “’E chi paga?”. Mi vergogno per questa risposta perché anch’io a quell’epoca ero canonico della cattedrale. Ritornai a testa bassa, mons. Luigi mi disse soltanto: “Aiutami solo a trovare i soldi per pagare l’affitto”. E la provvidenza ci aiutò come sempre.
La vicinanza concreta agli ultimi
Di giorno abitavo in vescovado ma di notte andavo ad accudire mia mamma malata nella vicina Banchette. Al mattino giungevo presto in vescovado, spesso trovavo distesa sul sofà dell’entrata una persona che dormiva e nello stanzone attiguo altre persone distese sui materassi messi lì dal vescovo per rispondere alle necessità, soprattutto d’inverno. C’era lì anche un uomo dedito al vino che vomitava, c’era una puzza insopportabile che metteva a tutta prova anche la signora che faceva le pulizie, ma poi la tua presenza appianava tutto.
Sono queste piccole storie, ma non dimentichiamo che la storia si crea come il mare con piccole gocce. Non dobbiamo dimenticare che negli anni del tuo episcopato in diocesi si rafforzò la Caritas e sorsero diverse istituzioni a favore dei giovani presi nel laccio della droga e la Casa della carità per venire incontro alle necessità di persone anziane sole.
Un capitolo appassionante sarebbe quello della tua presenza nel mondo operaio e la tua difesa appassionata dei lavoratori in un momento di grave crisi della Olivetti .
La preghiera per la pace in casa e nel mondo
La terza parola che caratterizza la tua personalità è passione, passione per la pace da realizzarsi a tre livelli, nella famiglia, nel territorio e a livello nazionale e mondiale. In particolare, caro mons. Luigi, credevi fermamente alla preghiera per la pace e desideravi che nelle preghiere dei fedeli, soprattutto la domenica, ci fosse una particolare intenzione per questo scopo.
È facile fare retorica sulla parola pace e non accorgersi che si ha la guerra in casa. Predicavi la pace, cercando di realizzarla innanzitutto in diocesi, tra preti e tra preti e laici.
Un piccolo episodio: il giorno di Natale, nelle prime ore del mattino giunse in vescovado la telefonata di un prete che con parole furibonde si scagliava contro il vescovo e i preti che gli stavano attorno. Ricordo ancora le sue parole: ”Ieri sera ho celebrato la messa di mezzanotte con poche persone e oggi non mi sento di celebrare, sono solo”. La tua risposta è stata immediata: “Celebra tu la messa in duomo e io vado a celebrare la messa da questo prete”. Questa decisione operò un cambiamento totale, fu come il sole che appare improvvisamente tra le nubi, subito io telefonai al prete per comunicargli che il vescovo era in viaggio per raggiungere la sua parrocchia. Il risultato fu che il parroco chiamò i chierichetti e li inviò in tutte le case ad annunciare che arrivava il vescovo a celebrare la messa delle undici, e, quando vide l’auto del vescovo arrivare sulla collina, fece suonare a festa le campane.
Il dialogo davanti a tutto
Caro mons. Luigi, dopo aver ricordato questi piccoli gesti casalinghi di pace, voglio passare al tuo percorrere le strade del mondo con la stessa semplicità, prontezza e amore. Emblematica fu la marcia dei cinquecento a Sarajevo, insieme a don Tonino Bello. Non ti arrendevi davanti alle difficoltà e alle calunnie, come avvenne a causa del dialogo con alcuni esponenti politici del Vietnam del nord, come pure non ti arrestavi di fronte ai visti negati per l’ingresso in alcuni paesi dell’America latina dove vi erano regimi dittatoriali.
Per te il dialogo non aveva colori perché è lo strumento che Dio usa continuamente con l’umanità.
Grazie per gli insegnamenti
In queste tre parole, vicinanza-affetto, amore alla Chiesa e passione per la pace, è sintetizzata tutta la tua vita, non solo per la diocesi di Ivrea ma per tutta la chiesa italiana e per Pax Christi.
Ancora questo mi permetto di sottolineare: quello che ho imparato da te ho cercato di realizzarlo in forma molto frammentata e imperfetta attraverso il mio ministero episcopale, nella certezza che l’ecumenismo e il dialogo interreligioso sono un cammino irreversibile. Non lo abbiamo intrapreso per nostra strategia. È il Signore che ha messo davanti ai nostri occhi un indicatore per orientare le nostre chiese su questa strada. Lui stesso è la meta che dobbiamo raggiungere.
Ancora grazie per gli insegnamenti che mi hai lasciato e per il bene che mi hai voluto.
Con tantissimo affetto.
Mons. Pier Giorgio Debernardi
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