15 Giugno 2011
Arturo Paoli: un uomo di parte

Don Giovanni Barra lo invitò più volte a portare la sua testimonianza a Pinerolo La biografia è un genere letterario con il vizio di unire in modo singolare l’autore e il protagonista. Il rischio è quello di una con-fusione tra i due soggetti. Un possibile, seppur raro, esito positivo è quello di restituire ad entrambi una più chiara visione di sé. È questo il caso di “Arturo Paoli. Ne valeva la pena” della fossanese (lucchese di adozione) Silvia Pettiti. L’autrice stessa ha presentato la sua opera, edita dalla San Paolo, giovedì 12 maggio presso il Consorzio FIQ di Pinerolo offrendo ma anche raccogliendo contributi originali dai presenti che hanno accostato la figura del toscano Arturo Paoli a quella del pinerolese don Giovanni Barra.
«Sono tre le categorie di persone che hanno assunto un particolare significato nella sua vita: le donne, i poveri e i giovani – ha esordito l’autrice dopo aver proposto un breve video – Ancora oggi la casa di Arturo, quasi centenario, è sempre piena di ragazzi attratti dal suo messaggio e dalla sua persona».
Quindi le donne, soprattutto quelle dell’esperienza sudamericana. Nell’incontro con il mondo femminile «ha riscoperto il valore del celibato che fino a quel momento era stato solo un “tenere da parte” la sfera della affettività e della sessualità. L’incontro con la donna violata gli ha fatto scoprire il senso del rispetto e della relazione che si basa sull’accoglienza».
E poi i poveri. «Arturo ha avuto un modo particolare di incontrare i poveri. Storicamente e politicamente è stato un uomo di parte nel senso della giustizia, dei diritti e della pace. La sua è la parte dei poveri, degli ultimi e dei dimenticati. La parte del Cristo crocifisso. Soprattutto negli anni dell’America Latina si è trovato a vivere un grande fermento a livello sociale e politico. Si è lasciato interpellare dalla storia di quel popolo facendo delle scelte molto forti. In Argentina fu condannato a morte (era il secondo della lista!) perché considerato un sovversivo. In lui non c’era un’opzione solo politica ma un’opzione che nasceva dalla fedeltà ai poveri e dalla ricerca di un mondo più giusto».
Al centro di questa vita così intensa l’esperienza del deserto: tredici mesi di noviziato per entrare nella fraternità dei piccoli fratelli di Charles de Foucauld. «Arturo ha vissuto questo tempo come spoliazione e come un appuntamento speciale che la vita offre per rinascere veramente».
È stato don Giorgio Grietti, assistente diocesano dell’Azione cattolica, a suggerire alcuni punti di contatto tra Paoli e don Barra: «Nel suo donarsi ai giovani si rivedono molti gli atteggiamenti di don Barra. Come pure nei confronti dei poveri». E le donne? «Forse è da riscoprire l’intenso rapporto – esiste anche una ricca corrispondenza che lo documenta – tra don Barra e le religiose». Difficile invece stabilire quando i due si siano conosciuti. Don Barra è diventato assistente di Azione cattolica dal 1942, Paoli dal 1946. Entrambi erano scrittori, entrambi amici di Carlo Carretto. Nella biblioteca di don Barra è stato ritrovato un solo libro da Arturo Paoli: “Dialogo della liberazione”. Si tratta di un libro molto utilizzato, sottolineato e appuntato come era solito fare don Barra (un precursore del copia-incolla!).
«In sintesi – ha concluso don Grietti – si può dire che entrambi hanno amato la Chiesa, una chiesa militante e non trionfante».
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