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Personaggi  

Antonio da Padova

Antonio da Padova

9 dicembre 2014

Nei pressi della cancellata che delimita il Battistero, a destra appena entrati nel duomo di Pinerolo, su un piedistallo è collocata la statua di Sant’Antonio da Padova. È una scultura in legno alta un metro, di cui non si conosce con certezza la provenienza e non si sa molto sull’artista che l’ha realizzata, anche se si ipotizza che si tratti di Augusto Rungaldier, che nel 1929 ha realizzato le cornici della Via Crucis. Il santo è raffigurato con le caratteristiche tipiche dell’ordine francescano: ha una vistosa chierica, un saio di colore marrone adornato con un giglio, un cingolo da cui pende una grossa corona del Rosario e dei sandali aperti. Tiene saldamente in braccio, ma con gli occhi bassi, un bambino paffutello, riccioluto, scalzo, vestito con una semplice camiciola. Il sacrestano ha raccontato che, quando lui era da poco in servizio al duomo, un uomo si è caricato la statua sulle spalle ed è uscito, sotto lo sguardo dei fedeli i quali hanno creduto che fosse per un intervento di restauro, invece si trattava di un furto, forse su commissione. La statua è stata in seguito ritrovata abbandonata a Porta Palazzo a Torino, forse perché era diventata difficile da piazzare a qualche ricettatore, in seguito alla denuncia fatta ai carabinieri. Da allora, per evitare altre sorprese, la statua è stata posta su un piedistallo saldamente ancorato. Pur essendo conosciuto come Antonio da Padova, in realtà il santo si chiamava Fernando di Buglione ed era nato a Lisbona, in Portogallo, intorno al 1195. Di nobile famiglia, a 15 anni era entrato come novizio nel monastero di San Vincenzo, poi si era trasferito a Coimbra, nell’Ordine di Sant’Agostino dove, all’età di ventiquattro anni, ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale. Profonda impressione ha quando giungono a Coimbra i corpi decapitati di cinque frati francescani che si erano recati a predicare in Marocco per ordine di Francesco d’Assisi. Ottenuto il permesso dal priore del convento agostiniano, Fernando entra in quello dei frati Minori di san Francesco e decide di chiamarsi Antonio, in onore dell’abate eremita. Invitato al Capitolo generale di Assisi, si reca con altri frati a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare, ma non di conoscere personalmente, san Francesco che gli assegna il compito di insegnare teologia ai suoi confratelli. Comincia a predicare in Italia e in Francia per combattere l’eresia catara e albigese, esercitando con frutto il suo ministero e attirando molti alla vera dottrina. I temi riguardano i precetti della fede, della morale, della virtù, l’amore di Dio, la pietà verso i poveri, la preghiera, l’umiltà, la condanna dell’orgoglio, della lussuria, dell’avarizia e dell’usura. Dopo la morte di san Francesco, è nominato provinciale dell’Italia settentrionale e fissa la residenza a Padova, dove detta legge il feroce Ezzelino da Romano che Dante pone nell’inferno. Frattanto si diffonde la fama dei miracoli da lui operati: esorcismi, profezie, guarigioni, predica ai pesci, presenza in più luoghi contemporaneamente, o con Gesù Bambino in braccio. La sua attività è senza sosta, ma l’idropisia di cui soffre non gli concede tregua. Per riposarsi si ritira a Camposampiero, vicino Padova, dove il conte Tiso gli fa allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce, dove Antonio la sera torna a riposare. Una notte, attirato da una grande luce, il conte assiste alla visita che Gesù Bambino fa al santo. A mezzogiorno di venerdì 13 giugno del 1231, Antonio si sente mancare e prega i confratelli di portarlo a Padova, dove vuole morire. Caricato su un carro trainato da buoi, alla periferia della città le sue condizioni si aggravano al punto che si decide di ricoverarlo nel vicino convento dell’Arcella dove muore in serata. Si racconta che in quel preciso momento, nella città di Padova frotte di bambini presero a correre e a gridare che il frate Antonio era morto. Nella tradizione popolare molti sono i riferimenti al Santo che viene invocato per ritrovare oggetti smarriti o la protezione contro il “fuoco di sant’Antonio”, una malattia causata probabilmente da un’intossicazione da segale cornuta, che affliggeva soprattutto i poveri. Conosciuta oggi come Herpes Zoster, si manifesta allo stadio iniziale con una sensazione d’intenso bruciore ma può essere curata con le medicine. È rimasto in senso figurato il termine per indicare chi è in stato di agitazione e irrequietezza, non riesce a star fermo o continua a grattarsi senza motivo apparente.
Il nome Antonio, che significa “nato prima”, in Italia è al terzo posto come diffusione in quanto si chiamano così più di un milione di persone, che festeggiano l’onomastico il 13 giugno. Sono frequenti anche le varianti maschili Tonino, Tonio, Tony (diminutivo dell’inglese Anthony) e quelle femminili di Antonella e Antonietta.
A Padova hanno costruito per “il Santo”, come lo chiamano i cittadini, una grande e maestosa basilica che è meta di pellegrinaggio da ogni parte, ma anche a Pinerolo ci sono i devoti che non fanno mai mancare piante e fiori, ai piedi della statua di sant’Antonio, soprattutto gigli che sono il simbolo della purezza.

Giuseppe Campanaro

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