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Personaggi  

Antoine de Toulongeon: il conte gentiluomo

Antoine de Toulongeon: il conte gentiluomo

10 novembre 2014

Durante la peste del 1600 il governatore francese salvò Pinerolo dalla distruzione

C’è a Pinerolo una piccola strada che molti forse non conoscono o non sanno a chi si riferisce. Questa strada, dedicata al conte Toulongeon, si inerpica dalla chiesa di Santa Maria Liberatrice a raggiunge l’antico borgo superiore di San Maurizio e ricorda l’unico governatore francese di Pinerolo che fu benevolo verso la città.
Il conte Antoine de Toulongeon, nobile della Borgogna, svolse, infatti, un ruolo importante nel breve periodo in cui fu a capo della città «come governatore della cittadella, dei forti e delle Valli di Perosa e territori dipendenti». Così recitava il decreto di Luigi XIII, del 7 maggio 1630, recatogli dal cardinale Richelieu dopo la riconquista francese di Pinerolo. Iniziava così la seconda dominazione francese che durerà fino al 1696.
Il 31 ottobre 1631 si era riunito il Consiglio comunale alla presenza del governatore militare francese, Antoine de Toulongeon, il quale lasciò intendere che Pinerolo sarebbe restata alla Francia e sarebbero stati rispettati i diritti concessi dai Savoia.
In quel periodo la peste decimava la città e imperversava ovunque; si moriva senza avere cure, i morti giacevano per le strade.
Ogni attività in città era paralizzata, mancavano viveri, nessuno seppelliva i morti, l’acqua era inquinata. I morti furono circa 10.000, compresi molti religiosi che non vollero abbandonare il loro convento; tra essi ricordiamo in particolare i cappuccini che si dedicavano all’assistenza dei moribondi.
Per impetrare la cessazione del morbo portato dall’esercito francese, il Consiglio dei Cento stabilì l’erezione di una chiesa in onore di Maria Liberatrice.
Di fronte alla gravità della situazione Richelieu, manifestò l’intenzione di distruggere la città per impedire che il contagio si diffondesse nei paesi vicini. Ma il governatore Toulongeon salvò la città dalla distruzione. Il suo merito principale è testimoniato dal fatto che egli, pur francese, non fuggì dalla città che amava, anzi collaborò a distribuire i soccorsi e il suo esempio fu così efficace che il Comune, con deliberazione del 3 settembre 1630, a testimonianza della sua riconoscenza, gli offrì una catena d’oro di grande valore.
Durante la peste il Toulongeon aveva convocato nell’oratorio di San Bernardino i capi di casa, dando loro l’ordine di fuggire in campagna, dove l’aria sembrava più respirabile, e aveva disposto che tutti i religiosi e le monache lasciassero la città.
Il governatore è stato descritto dal canonico Croset-Mouchet come «gentiluomo saggio ed abile amministratore, che riuscì ad ottenere dai cittadini pinerolesi stima, confidenza e amore»; egli giocò un ruolo anche importante mitigando molte delle richieste di denaro e di viveri che le truppe francesi esigevano.
Il Toulongeon, pochi giorni prima della morte, ebbe un figlio; morì il 23 settembre 1633, forse per i postumi della peste, e fu seppellito fuori le mura della città, nella chiesa della Madonna degli Angeli che era allora officiata dai Riformati francesi; il suo cuore venne portato ad Autun nella cattedrale, mentre le sue spoglie andarono disperse.

La cacciata dei benedettini
Durante il governatorato del Toulongeon i benedettini italiani lasciarono l’Abbazia di Santa Maria per ordine di Luigi XIII; vari ufficiali francesi, guidati dal governatore, si recarono all’Abbazia intimando ai monaci italiani di lasciare il monastero perché sarebbero giunti i Fogliensi da Parigi.
I monaci italiani abbandonarono forzatamente il monastero; alcuni raggiunsero Superga, trasportandovi di notte su carri guidati da buoi tutto quello che poterono: documenti, argenteria, vettovaglie; altri si rifugiarono alla Consolata di Torino. I militari si impossessarono di quanto era rimasto e diedero alle fiamme quanto vi era ancora dell’archivio.
Insieme ai Fogliensi, al seguito dei francesi, giunsero a Pinerolo i francescani riformati e i gesuiti; successivamente furono due i prevosti francesi della Collegiata dei Santi Donato e Maurizio.

 Aurelio Bernardi

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