28 Agosto 2024
A proposito del "Piccolo lessico del fine vita"
Grande visibilità sta avendo in queste settimane monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, consigliere spirituale della Comunità di S. Egidio, battezzato da Avvenire “padre della legge 33” norma dapprima mascherata da “tutela degli anziani”, oggi finalmente sdoganata come pessima contro-riforma sulla non autosufficienza e in parte sconfessata – è un bene! – dai funzionari ministeriali.
Non sarà sfuggito a quanti gli danno grande visibilità sui temi del fine-vita (oggi intervista a tutta pagina su La Stampa) che il testo del “Piccolo lessico del fine vita”, pubblicato dalla Pontificia accademia presieduta da mons. Paglia, propone un modello di Dichiarazioni anticipate di trattamento – DAT (già pubblicato sulla rivista Aggiornamenti Sociali qualche anno fa) che introduce tra i motivi della richiesta di eutanasia de facto e per abbandono terapeutico anche “gli oneri imposti alla collettività, nell’ottica di un’equa distribuzione delle risorse” (pagina 78).
Nemmeno i radicali più spinti erano arrivati a tanto: un’apertura senza pari nell’ambito cattolico alla “morte per motivi economici”, che atterrisce per quanto essa è gravida di nefaste conseguenze, di disparità sociali, di distanza siderale dalle tutele costituzionali (alle quali certamente è tenuto il Servizio sanitario nazionale, mentre il Presidente di un Ente istituito con Motu Proprio papale…). Non è peraltro l’unico elemento delle DAT proposte che travalica persino le sentenze della Corte costituzionale in tema! Occorre prendere molto sul serio e contrastare con decisione questi passaggi gravissimi dal punto di vista etico e della convivenza civile.
Ovviamente, salvo qualche accenno alla palliazione del dolore nelle fasi terminalissime della vita, nel “Piccolo lessico”, nulla è detto sul diritto alle cure, che la legge istitutiva del Servizio sanitario (sempre dello Stato Italiano, non d’Oltretevere) sancisce come “universalistico” e “senza limiti di durata”. Merita allora, per rimanere in ambiente Vaticano, ricordare quanto disse l’attuale Segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, in occasione dello sventato colpo di mano del Presidente Zaia sul suicidio assistito, in Veneto: “La battaglia per la vita non riguarda solo l’inizio e la fine, ma anche il durante dell’esistenza“.
Andrea Ciattaglia, Fondazione promozione sociale
Sono argomenti delicati.. Alla Chiesa si richiede di approcciarsi con la serietà del MISTERO, che non vuol dire…cosa da scoprire perchè oscura o ignota, ma elemento spirituale che va oltre i principi umani sanciti da Costituzione e comunque dai diritti tutelati dagli ordinamenti degli Stati democratici.
Proprio perchè medicina e scienza non hanno certezza su alcuni elementi connessi con morte cerebrale, effettiva sofferenza, livello di essa (così come specificavano bene alcuni interventi precedenti), è bene che l’approccio sia sempre totale, rivolto all’essere umano fragile e sofferente, qualunque sia il livello del suo dolore.
E sarebbe bene eliminare ogni riferimento a …costi per la collettività…in nome di una presunta uguaglianza nella distribuzione delle risorse. A questa – cui la Chiesa è comunque attenta oggi forse più che in passato – è bene che ci si preoccupi durante la vita, aiutando nelle difficoltà morali e materiali milioni di uomini e donne.
La fine della vita, proprio perchè ci introduce al Mistero, richiede ogni più ampia cura e attenzione, e non si può indulgere a valutazioni di carattere economico che possono avere giustificazioni in altri momenti della vita.
Gentile Direttore, replico – e me ne scuso con gli eventuali lettori, ma sarò telegrafico – alle critiche di Fabrizio Mastrofini. Con una premessa: non intervengo sulle insinuazioni di “non aver letto il testo” del Piccolo Lessico. Semplicemente, non è il nostro modo di fare: che, invece, è quello di leggere, studiare, approfondire, sottoporre a confronto i contenuti che proponiamo o commentiamo. Detto questo, mi pare che Mastrofini non contesti l’assunto di base: un modello di DAT ri-proposto dalla Pontificia Accademia per la Vita (modello originario di Aggiornamenti Sociali) prevede che si possa disporre “ora per allora” l’interruzione di trattamenti vitali per ragioni di autopercepita “insostenibilità economica”. E’ una novità rilevante e – a nostro giudizio – molto negativa. Prenderne atto e condividerlo ci è parso un esercizio di verità.
Personalmente, ritengo questi temi alla base del patto sociale, che è il fondamento del nostro vivere civile e fare chiarezza è sicuramente positivo, soprattutto quando gli argomenti sono molto complessi, a partire dal concetto di morte: siamo sicuri di sapere esattamente di che cosa si tratti, tenendo conto, ad esempio, che un cervello si danneggia irrimediabilmente in pochi minuti e una cornea resiste giorni?
Il documento vaticano non va letto come un cedimento alla mentalità laicista, ma sicuramente va reso più accessibile a tutti, perché ogni cattolico possa avere le idee chiare su che cosa è moralmente accettabile e che cosa no.
Bene che se ne parli, rifuggendo le polemiche e cercando sempre la Verità.
Leggo con sorpresa questa lettera di Andrea Ciattaglia, che si sofferma su alcuni dettagli del “Piccolo Lessico del Fine-Vita” (Libreria Editrice Vaticana, pp. 88).
Il tono iniziale della lettera non è positivo nei confronti di Mons. Vincenzo Paglia. A mio avviso sarebbe stato auspicabile quanto meno una presa di distanza della Direzione
per l’uso di espressioni non corrette. Tralascio di commentare l’inesattezza di quanto scrive il lettore sulla legge 33 sulla riforma dell’assistenza agli anziani.
Mi limito a dire che non è vero.
Per quanto riguarda il “Piccolo Lessico”, la lettera prende in esame in maniera non corretta il tema delle DAT – Dichiarazione anticipata di trattamento.
Si tratta di una legge dello Stato, e di una disposizione alla quale si può aderire o no. Non ci sono obblighi.
Il “Piccolo Lessico” a titolo di esempio – per far capire l’importanza e la difficoltà della materia – propone un modulo,
peraltro già pubblicato a suo tempo da “Aggiornamenti Sociali”, frutto del lavoro di un gruppo di studio specialistico.
Ma il lettore sa che su un tema così cruciale come le volontà di una persona rispetto ai trattamenti che dovrà o non dovrà sostenere, non esiste un modulo unico
di DAT e ogni Comune ne ha uno specifico? Non è un modo per “non” favorire la trasparenza necessaria su un tema così delicato?
Nella lettera si parla di diritto alle cure, tema che sarebbe assente nel “Piccolo Lessico”. Veramente il testo andrebbe letto tutto, nelle diverse voci, per accorgersi
che non è così e che le questioni trattate sono molto più ampie e complesse.
La lettera dimostra quanto sia indispensabile lavorare per raggiungere l’obiettivo del “Piccolo Lessico del Fine-Vita”: chiarezza sui termini
che usiamo, conoscenza e uso corretto dei testi che abbiamo a disposizione. Infatti le diverse voci (22 in tutto) si appoggiano sul Magistero della Chiesa, e, per l’Italia, sulle sentenze della
Corte Costituzionale e sui pareri del Comitato Nazionale di Bioetica. Tutto è chiaramente esplicitato nel testo.
Tanto dovevo per una più corretta presentazione del lavoro che la Pontificia Accademia per la Vita sta effettuando, proprio nell’ambito di quello che ha chiesto Papa
Francesco: tutelare tutto il corso della vita umana, non solo le fasi iniziali e finali.
Grazie
Fabrizio Mastrofini
Gent.mo Fabrizio Mastrofini,
la ringrazio per queste sue riflessioni. Non sono intervenuto volutamente sulla lettera con puntualizzazioni “da direttore” per non stoppare sul nascere l’auspicabile dibattito che lei, con il suo commento, ha innescato. Credo che su questi temi sia importante un confronto serio, tenendo in conto tutte le sensibilità. Anche e soprattutto di coloro che con gli anziani e gli ammalati, più o meno terminali, vivono o lavorano ogni giorno.
Patrizio Righero – Direttore Vita Diocesana