Caro Direttore,
dopo ogni tragedia si ascoltano con raccapriccio le considerazioni più curiose. Il femminicidio avvenuto in Val Pellice non fa eccezione. C’è chi si chiede “cosa facesse una signora fuori casa a quell’ora!”
Altri si domandano perché “ci fosse un bar aperto a quell’ora!”
Una vittima appartenente al gentil sesso e una barista che fa parte dell’altra metà del cielo vengono bersagliate di critiche più del killer.
Chiunque deve potersi muovere liberamente, protetto e tutelato, in qualunque orario, indipendentemente dalla sua età, dal sesso, dal contesto in cui vive.
Inoltre, un bar aperto in ore tarde garantisce momenti di accoglienza preziosi: ci sostano coloro che restano in panne con l’automobile. Si fermano lì lavoratori notturni e i malcapitati che non reperiscono una toilette pubblica pulita e custodita per chilometri. Che cosa faceva una barista con il locale aperto a quell’ora? Lavorava! Come generazioni di professionisti\e del settore prima di lei, degni e degne di rispetto.
“Il resto è silenzio” come diceva Shakespeare.
Lettera firmata