Caro Direttore,
a Parigi, il ministro dell’Éducation nationale, o Istruzione pubblica, Vincent Peillon, introduce per legge nelle scuole un’evidente liturgia della scristianizzazione che ha il suo esplicito fondamento nel laicismo ateo della Rivoluzione dell’89, e la conseguenza immediata di una guerra aperta alla religione cattolica. Il reato di opinione è ormai un ingrediente pratico della legislazione francese.
Il pensiero aberrante, che cioè devia dai dettami rivoluzionari, viene espulso, e una semplice visione tradizionale delle cose, è respinta. La modernità come sfondo di equilibrio tra razionalità e mistero, umano e divino, dell’esistenza, è a stento tollerata, la post-modernità invece, come soggettivismo sfrenato, secondo cui tutto è lecito, apertamente promossa e incoraggiata. Se a Dio si sostituiscono i desideri del soggetto, tra i quali primeggia il desiderio di abolire Dio, le conseguenze possono essere catastrofiche.
Anche se rimane la speranza che ampie parti della popolazione francese resistano a queste imposizioni, che però hanno dalla loro l’evidente secolarizzazione, con la rinuncia, da parte dell’uomo e della donna, ad una visione cristiana o comunque religiosa della vita. Al posto della quale s’impone facilmente, finora, la laicità come nuova religione, e insomma un percorso giacobino e massonico, e la rieducazione delle nuove generazioni da parte di una classe burocratica di insegnanti proni all’ideologia dominante.
Si elimina in tal modo la libertà individuale, per formare, nelle intenzioni, dichiarate dal Ministro stesso su YouTube, un fanatismo attivo e coinvolgente, spregiatore di ogni tradizione e religione. Ancora un esempio. Nei formulari burocratici non esistono più Padre e Madre, esistono il responsabile legale 1 e il responsabile legale 2, e così via. Negli studi storici sulle origini religiose della Rivoluzione francese, c’era già l’affermazione del culto rivoluzionario come un’ottusa professione di fede, con una dogmatica che prevedeva la caccia all’eretico, cioè al cristiano, da mandare alla ghigliottina, e il rogo inquisitorio giacobino.
Adesso c’è il conformismo sommato all’ostracismo, il fanatismo è al potere, e ha un volto anticristiano. Il teologo Ratzinger, e Papa Benedetto XVI, aveva una strategia, dichiarata nel famoso discorso di Ratisbona. È stato sconfitto, la caccia alle “streghe cattoliche” è una cosa seria, come si vide già con la vicenda Buttiglione, al Consiglio d’Europa, undici anni fa.
Che cosa succederà ancora, prima che i cattolici, e l’autorità cattolica, si muovano? Infine, però, dopo un silenzio che evidentemente è servito a preparare una risposta, e un’iniziativa efficace, il portavoce della conferenza episcopale transalpina, monsignor Bernard Bodvin, ha detto che “il secolarismo non deve limitarsi a negare e ostacolare le religioni”.
Il presule ha aggiunto, in una conversazione col giornale cattolico “La Croix”: non è sbagliato pensare che il popolo usi la religione come un “emblema identitario”, e per di più la fede ha contribuito a formare i valori francesi di libertà, uguaglianza e fraternità”. Il rischio cui va incontro la République è quello di “santificare la sfera pubblica, mentre se non si coltiva la conoscenza delle religioni, le giovani generazioni non saranno più capaci di rispettarsi a vicenda”.
Adesso si può cominciare a cogliere il senso, lucido e non disperato, del suicidio, del sacrificio di sé, insomma, dello studioso e storico francese Dominique Venner che, il 21 maggio scorso, si immolò, a Parigi, davanti all’altar maggiore di Notre- Dame. Con l’invito, implicito ed esplicito, criticato, frainteso e sbeffeggiato da molti giornali, l’italiana Stampa in testa, a salvare “un altro destino” per l’Europa intera, fatto di fede identitaria e di salvaguardia dei valori nazionali.
Domenico Carosso
Egr. Lettore,
il processo di secolarizzazione che lei evidenzia coinvolge tutto il mondo occidentale. Se è vero che molte istanze ossessivamente laiciste hanno preso il via e si stanno sempre più consolidando oltralpe, è anche vero che i francesi sono stati capaci di una mobilitazione di massa come “La Manif Pour Tous”, che ha coraggiosamente portato in piazza il dissenso di credenti e non credenti nei confronti di uno sciagurato progetto di smantellamento della famiglia.
E non si tratta di una mobilitazione superficiale. Alle spalle di questo movimento ci sono intellettuali di spessore. Credo che questo fenomeno, al di là di gesti estremi come quello compiuto da Dominique Venner, sia da studiare in modo approfondito e da prendere come esempio. Anche da parte di noi italiani.
P.R.