25 Giugno 2013
Ecologica e sociale: ecco la casa del futuro
Gli architetti Patrizia Alliaud e Paolo Genero sono i titolari dello Studio AR-TE di Villar Perosa. Li abbiamo incontrati per fare il punto sulla situazione del mercato immobiliare e sulle prospettive del settore nel pinerolese e nelle Valli.
In che misura l’attuale crisi economica sta incidendo sul mercato edilizio?
La situazione è sotto gli occhi di tutti: sebbene il mercato immobiliare statunitense inizi a dare i primi segni di ripresa, per molti paesi europei e per l’Italia in particolare la crisi finanziaria continua a pesare sulle quotazioni del mattone. Secondo i dati del Rapporto Immobiliare 2013 realizzato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, nel 2012 il numero delle transazioni è calato a 448.364 unità (-25,7% rispetto al 2011), con un calo inferiore per i capoluoghi (-24,8%) e maggiore per i comuni non capoluogo (-26,1%). Sicuramente le difficoltà di accesso al credito, così come l’incertezza delle politiche in materia e la stagnazione economica frenano una possibile ripresa a breve termine del residenziale. Tuttavia, nonostante le agenzie di rating forniscano dati poco incoraggianti per tutto il 2013, alcuni indicatori sembrano suggerire che già dal 2014 si potrebbe verificare un’inversione di tendenza positiva.
Si continua a costruire o si preferisce la ristrutturazione di edifici preesistenti?
La crisi del settore immobiliare deve essere affrontata anche mediante un approccio differente verso il mercato: la forma di metodo puramente speculativo per fare business immobiliare è parte di un mondo e di condizioni che oramai non esistono più. Le stesse aspettative degli investitori, un tempo forse eccessive, devono oggi essere riviste. In un certo senso ci si deve “accontentare” di valori differenti, ma forse non tutto è così negativo… anche se la perdita, negli ultimi anni di oltre 500mila posti di lavoro nell’edilizia non può essere affrontata con superficialità.
Il problema delle nuove costruzioni è legato soprattutto all’eccessivo consumo del suolo che nei decenni è avvenuto in modo non sempre ragionato. Ci troviamo quindi ad avere sempre più aree urbanizzate a discapito delle aree libere e agricole.
Per contro il patrimonio immobiliare esistente è caratterizzato da un gran numero di edifici con più di 50 anni che ovviamente risultano obsoleti per le tecnologie ed i sistemi costruttivi utilizzati all’epoca della loro realizzazione. Il valore di tali immobili sarà sempre più condizionato dalla loro qualità architettonica e tecnologica per cui si comprende come la riqualificazione del patrimonio edilizio (privato, ma anche pubblico) sia una strada per certi versi obbligatoria.
La ristrutturazione dell’esistente appare in alcuni casi complicata in quanto comporta il rispetto di diverse e complesse normative e gli interventi necessari per l’adeguamento dell’immobile sono piuttosto onerosi, ma sicuramente il risultato sarà quello di ottenere abitazioni più sicure, molto più efficienti dal punto di vista energetico e più confortevoli. Un’altra possibilità è poi quella della demolizione e ricostruzione (sempre nel rispetto della normativa vigente) da valutare se l’edificio non presenta particolari valori architettonici da salvaguardare e che in certi casi può essere economicamente più convenente della ristrutturazione.
Ristrutturazione di qualità. Che cosa significa? in che modo è possibile recuperare le tradizioni abitative del territorio?
Il nostro è un territorio che è stato fortemente “alterato” nella seconda metà del novecento da interventi poco rispettosi dell’esistente introducendo tipologie, tecniche costruttive e materiali che di fatto hanno deturpato quella percezione di organicità e di coralità che proviamo quando osserviamo un paesaggio delle nostre valli incontaminato o un bel centro storico.
Oggi la sensibilità dei progettisti e dei committenti stessi deve necessariamente essere un’altra e le utenze devono comprendere che spesso le loro richieste vanno coordinate con quanto offerto dalla preesistenza perché non ha alcun senso voler vivere in un “simil-chalet” di montagna in mezzo alla pianura pinerolese o in un alloggio di città in alta Val Chisone: anche il modo di abitare deve adattarsi arricchendosi nel rapporto con il contesto paesaggistico.
Con l’esperienza acquisita negli anni abbiamo notato come a volte bastino davvero piccoli accorgimenti per ottenere soluzioni che soddisfino comunque il committente ma che rendano l’edificio più armonioso e rispettoso del contesto in cui si trova.
Edilizia e ambiente: spesso le due parole vengono contrapposte. La casa ecocompatibile è già una realtà o solo un “lusso” per pochi?
La casa oggigiorno di per sé è un lusso, ma concepire un edificio ecocompatibile è possibile in maniera non più esclusiva. L’analisi dell’involucro, la selezione e la realizzazione degli impianti non sono più un lusso destinato a pochi, ma elementi necessari al raggiungimento di un certo obiettivo perché il costo finale della realizzazione di un edificio o di una ristrutturazione può essere contenuto con scelte progettuali mirate ad evitare spese inutili consentendo quindi di investire tali risorse in fattori che consentiranno un confort abitativo superiore.
Troviamo ad esempio molto interessanti le case in legno massiccio (x-lam) perché si tratta di un sistema che consente di ottenere livelli prestazionali eccellenti in termini di isolamento termo-acustico, di resistenza sismica e dal fuoco, mantenendo una notevole libertà progettuale. Il tutto con tempi di cantiere ridottissimi (tre mesi per un’abitazione singola).
Questo ovviamente per quanto riguarda le nuove costruzioni o gli ampliamenti, ma la “buona notizia” è che i consumi di una casa possono essere notevolmente abbattuti, anche attraverso interventi “chirurgici” sull’esistente, a volte non particolarmente complessi né costosi. Nel corso degli ultimi anni le tecnologie impiegate sono mutate con soluzioni che permettono risultati prima insperati
Per molte famiglie la casa è diventata un problema: mutui impossibili, affitti troppo cari, spese condominiali. Alcuni comuni si stanno attivando per far fronte a questa emergenza abitativa e si torna a parlare di Edilizia sociale…
Dobbiamo distinguere: da un lato l’edilizia residenziale sovvenzionata, da concedere in locazione in base alle graduatorie comunali, con l’obiettivo di dare una casa a chi non ha un reddito sufficiente o non ha reddito del tutto e dall’altro il social housing che nasce per rispondere alle difficoltà di chi non può permettersi l’acquisto o l’affitto di un alloggio e allo stesso tempo non ha un reddito così basso per accedere all’edilizia residenziale sovvenzionata.
Per quanto riguarda il primo aspetto ci troviamo di fronte a vere e proprie emergenze abitative ed in quanto emergenze vanno affrontate con tempestività (su Vita Diocesana avete già affrontato l’argomento riportando la notizia di “Casa Immacolata” a Luserna Alta).
Nel secondo caso la situazione è sicuramente differente, ma secondo noi riveste un’importanza sociale rilevante: non parliamo più di collocazioni temporanee (un’emergenza, in quanto tale deve essere limitata nel tempo per non incancrenirsi), ma di una soluzione che contribuisca a creare un contesto residenziale di qualità non solo edilizia, ma di vita. Affrontare questi temi risulta particolarmente complesso perché occorre integrare la progettazione architettonica con discipline di analisi sociale. Sono interessanti le esperienze portate avanti in altre regioni italiane come la Provincia Autonoma di Bolzano dove tramite alcuni bandi sono stati assegnati edifici da ristrutturare, alloggi chiavi in mano e terreni su cui costruire individuando i destinatari tra nuclei familiari a basso reddito, giovani coppie e persone over 60: si tratta di soggetti con reddito, ma che possiamo ormai considerare appartenenti alle cosiddette fasce deboli.
Sarebbe interessante, proprio nel nostro territorio proporre piccoli interventi di social housing chiedendo agli enti locali di giocare un ruolo importante: i Comuni potrebbero cedere alcune aree ad un costo accessibile o meglio ancora fabbricati dismessi e non più utilizzati, ma senza obiettivi speculativi bensì quello di favorire lo sviluppo di comunità “sostenibili” con un buon livello di standard edilizi e di qualità della vita.
Altrimenti, e torniamo alla prima risposta, il rischio è quello di imporre canoni elevati ed insostenibili proprio agli utenti ai quali l’housing sociale dovrebbe essere rivolto, perseguendo interventi speculativi che si spacciano per welfare.
P.R.
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