Skip to Main Content

In evidenza  

Rinascere con san Paolo. Quasi 500 persone hanno seguito la prima conferenza quaresimale del vescovo Olivero

Rinascere con san Paolo. Quasi 500 persone hanno seguito la prima conferenza quaresimale del vescovo Olivero

«Imparare è un’esperienza, tutto il resto è solo informazione». Con questo aforisma di Albert Einstein, lunedì 5 marzo nel seminario di Pinerolo, nell’ambito degli incontri quaresimali intitolati “Fede con arte”, monsignor Derio Olivero ha introdotto la presentazione del quadro di Caravaggio “La conversione di san Paolo”. In tono non cattedratico, con il suo caratteristico stile colloquiale, senza formalismi, il vescovo ha detto che, per apprendere davvero, dobbiamo emozionarci, essere coinvolti, toccati nell’animo, altrimenti aggiungiamo solo dati. Siamo convinti che con l’informazione diventiamo saggi, in realtà le conoscenze nei vari campi ci servono per tirare avanti. Capire la vita è un’altra cosa e, per comprenderla, ogni giorno dobbiamo rinascere, rimetterci in moto, ripartire, alzarci dal letto al mattino. Quando siamo venuti al mondo siamo stati accolti, curati, altrimenti non saremmo sopravvissuti, ma le relazioni sono essenziali sempre e non solo al momento della nascita. Rinascere è il tema di questo primo incontro, per aiutarci a capire la nostra vita. Il pubblico, intervenuto numeroso (470 persone, suddivide in tre incontri alle ore 16; 18.30 e 21) e di ogni fascia di età, è la dimostrazione che la gente cerca delle risposte alle proprie domande, non jingle, refrain, slogan.«Imparare è un’esperienza, tutto il resto è solo informazione». Con questo aforisma di Albert Einstein, lunedì 5 marzo nel seminario di Pinerolo, nell’ambito degli incontri quaresimali intitolati “Fede con arte”, monsignor Derio Olivero ha introdotto la presentazione del quadro di Caravaggio “La conversione di san Paolo”. In tono non cattedratico, con il suo caratteristico stile colloquiale, senza formalismi, il vescovo ha detto che, per apprendere davvero, dobbiamo emozionarci, essere coinvolti, toccati nell’animo, altrimenti aggiungiamo solo dati. Siamo convinti che con l’informazione diventiamo saggi, in realtà le conoscenze nei vari campi ci servono per tirare avanti. Capire la vita è un’altra cosa e, per comprenderla, ogni giorno dobbiamo rinascere, rimetterci in moto, ripartire, alzarci dal letto al mattino. Quando siamo venuti al mondo siamo stati accolti, curati, altrimenti non saremmo sopravvissuti, ma le relazioni sono essenziali sempre e non solo al momento della nascita. Rinascere è il tema di questo primo incontro, per aiutarci a capire la nostra vita. Il pubblico, intervenuto numeroso (470 persone, suddivide in tre incontri alle ore 16; 18.30 e 21) e di ogni fascia di età, è la dimostrazione che la gente cerca delle risposte alle proprie domande, non jingle, refrain, slogan.
ARTEPer trasmettere i contenuti, due sono le forme artistiche predilette da monsignor Olivero: la musica e la pittura. Una sfrutta l’udito e l’altra la vista, entrambi sensi sottoposti a un uso pressoché continuo nell’arco della giornata. In una conferenza, l’ascolto è fondamentale e, per favorire la concentrazione, i presenti sono stati invitati all’ascolto, con gli occhi chiusi, di un brano musicale di circa due minuti, durante i quali dovevano chiedersi «Come sto veramente? Di cosa ho bisogno?» Un altro stacco musicale, da sentire sempre con gli occhi chiusi, si è avuto dopo la presentazione del quadro di Caravaggio, per cercare di far venire alla mente tutti i particolari del dipinto, soffermandosi su quelli che erano stati tralasciati. «Quando vai a vedere una mostra, portati a casa un quadro» diceva un ex insegnante di arte del vescovo, per sottolineare che bisogna soffermarsi, analizzare l’opera nei particolari, perché rimanga impressa nella mente. La maggior parte del tempo è stata impiegata nell’illustrazione del dipinto, ben visibile su uno schermo video. Perché Caravaggio? Michelangelo Merisi, nato a Caravaggio in Lombardia, quando si è trasferito a Roma amava frequentare più le osterie di Trastevere che le sacrestie e la sua non è stata certo la vita di un uomo tranquillo. È vissuto mentre nasceva un’epoca nuova, perché il mondo stava cambiando, come oggi. Un’epoca di grandi conflitti, sia all’interno della Chiesa (protestanti contro cattolici) che all’esterno (lo scontro a Lepanto tra mondo cristiano e Islam). Caravaggio ha dipinto in modo realistico la concretezza quotidiana, ha calato la fede nel vivere, ha cercato di far capire ai contemporanei che la fede aveva a che fare con la vita, ha colto l’attimo come un fotografo. Saulo è caduto da cavallo; dovrebbero esserci concitazione, grida, imprecazioni. Invece la scena è tranquilla e Saulo, disteso su un pregiato mantello di colore rosso, sembra che stia sognando. Il cavallo ritira la zampa per non toccarlo, quasi a giustificarsi per la caduta del padrone. Il maturo stalliere, a piedi scalzi e con le vene varicose alle gambe, si occupa più dell’animale, che cerca di tranquillizzare accarezzandolo sul muso, che del giovane caduto. Saulo ha le braccia sollevate come un Gesù Bambino nel presepe, come se fosse stato partorito un’altra volta, per questo il dipinto rappresenta una rinascita. Saulo è caduto verso chi guarda, perciò gran parte dello spazio è occupato dal cavallo e lo spettatore si trova coinvolto nell’avvenimento in una prospettiva dal basso. È notte e le tenebre impediscono di vedere lo sfondo, ma c’è un raggio di luce che illumina i tre protagonisti. Analoghi dipinti che riproducono la caduta di Saulo, mettono, in alto nel quadro, la figura di Cristo, che Caravaggio sostituisce con la luce. Saulo è nella notte più profonda della sua vita; ha gli occhi chiusi e sparsi a terra accanto a lui ci sono l’elmo e la spada, gli strumenti della sua oppressione, ma Dio è all’opera per la sua trasformazione. La fede cristiana ci fa ritenere che Dio è all’opera sempre e per tutti, anche per noi. Paolo sta rinascendo, ma non tutto gli andrà bene e morirà giustiziato proprio con una spada.
PAROLA
Nel mondo moderno, anche le parole sono logorate dall’uso. Le parole sono come contaminate e bisogna adoperarle con prudenza, per non correre il rischio di essere etichettati, imprigionati in qualche cliché. I professionisti del linguaggio (giornalisti, politici, scrittori) spesso usano le parole come materia prima per costruire notizie, concetti, ideologie, che confondono anziché fare chiarezza e fanno passare il male per bene necessario, il negativo per positivo. Il pericolo di questo uso, ma sarebbe meglio parlare di abuso sconsiderato, è che le parole finiscano per non esprimere più nulla. I contorni sfumano e non c’è più il bianco da una parte e il nero dall’altra, ma tutto diventa grigio. Le parole non sono più né belle né brutte e i discorsi, anche i più impegnati, sono spesso allusivi e, privi di una reale corrispondenza con la realtà, rinviano ad altri contesti con infinite possibilità combinatorie. Il risultato è che anche gli aspetti più semplici della vita quotidiana diventano ambigui e limitano la capacità di ragionare con la propria testa, di individuare lo scopo della comunicazione, di intraprendere in autonomia delle scelte. Nelle enciclopedie multimediali su internet, per aiutare i “naviganti” a orientarsi nel mare delle informazioni, ci sono le cosiddette pagine di disambiguazione, quelle cioè che aiutano a districarsi tra i diversi significati, ma non c’è una spiegazione sicura, valida per tutti e in tutti i contesti.Come orientarsi, qual è il faro che conduce al porto sicuro? Non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere che cosa succede. Soltanto la Parola rivelata conserva, a distanza di duemila anni, tutta la sua originaria forza comunicativa ed è la lampada che deve illuminare i nostri passi. Con la Parola gli Apostoli hanno attratto tutti i popoli della terra e san Paolo ha indicato il metodo per trasmetterla: «Annunciamo non cercando di piacere agli uomini».  A testimonianza della freschezza e della genuinità della Parola, è stato letto ad alta voce il capitolo 9 degli Atti degli Apostoli, quello che ha ispirato il dipinto. Saulo si stava recando a Damasco per mettere in catene i seguaci di Cristo quando, all’improvviso, una luce lo ha accecato e fatto cadere da cavallo. Saulo ha udito una voce che gli diceva «Perché mi perseguiti?»Intimorito ha chiesto «Chi sei, o Signore?» e si è sentito rispondere «Io sono Gesù, che tu perseguiti». Un dialogo che ha avuto come spettatori ammutoliti gli uomini della scorta. Saulo è rimasto tre giorni senza vedere e senza prendere né cibo né bevande. Poi è diventato lo strumento per portare ai popoli la Parola di Dio.
VITA
La società contemporanea ha accentuato l’aspetto attivo rispetto a quello passivo. Importante è fare, agire, decidere. Il mito del self made man, dell’uomo che si fa da sé, è il modello da seguire. Anche i credenti sono coinvolti in questo modo di pensare, con la convinzione che l’agire sia l’aspetto più importante della fede (andare a messa, confessarsi e comunicarsi, partecipare a qualche pellegrinaggio). I momenti passivi, quelli della riflessione sulla propria vita, sono relegati a pause indesiderate, come la malattia o il malessere per la perdita del lavoro o di una persona cara. È vero che ci mancano sempre delle cose, ma siamo costantemente dentro un ventre che ci rigenera. Il cristianesimo non è un insieme di norme, una dottrina, come una qualsiasi ideologia. Chi sono io? A questa domanda spesso anche i cristiani non hanno ben presente che io sono perché un Altro mi fa esistere. L’essenziale del cristianesimo è Dio che sta operando perché io venga alla luce. Se fosse dipeso da lui, Saulo sarebbe rimasto persecutore dei cristiani, perché riteneva giusto così, ma Gesù è intervenuto per fargli cambiare rotta. Saulo conosceva la Legge, aveva le idee chiare, vedeva bene che i cristiani erano dei nemici pericolosi per le tradizioni dei padri. Era convinto delle sue idee, ma si sbagliava e per tre volte racconterà nei suoi scritti questa sua esperienza di rigenerazione. L’uomo vecchio, Saulo, è morto e ne è nato uno nuovo: Paolo. Cosa vuol dire essere cristiano? Essere uno che è continuamente generato, credere che Dio è all’opera in me. Adesso. La gravezza della vita ci porta a volte a dimenticare i sogni che hanno caratterizzato le nostre scelte (gli studi, l’amore per una persona, la professione). Essere credenti non è una garanzia sufficiente per far andare bene le cose, ma è una forza che fa rinascere, che dà senso e gusto alla vita. Dobbiamo essere convinti che, se Dio è all’opera, possiamo rinascere.

Giuseppe Campanaro

LASCIA UN COMMENTO  

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Visualizza l'informativa privacy. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *