22 Marzo 2024
Vescovi di Francia contro legge sul fine vita (marzo 2024)
I vescovi francesi entrano nel dibattito suscitato dalla proposta di legge sulla «morte assistita»: una via verso la morte come soluzione alla vita.
Eutanasia nascosta dietro termini edulcorati
Il piano inclinato della cultura della morte in Francia sprofonda verso l’abisso. Dopo che le Camere hanno inserito nella Costituzione il «diritto di aborto», il presidente Emmanuel Macron va a passi decisi verso una legge sulla «morte assistita», che in realtà è l’eutanasia, nonostante lui e tutti paladini della «dolce morte» si nascondano dietro termini edulcorati. La definisce – in un’intervista a «La Croix» e a «Libération» – «via francese». E i vescovi reagiscono molto male.
Diritto alla vita prima del diritto alla morte
Il dibattito sulla legge del fine vita – che aveva coinvolto la Consulta di bioetica – vede i vescovi di Francia in prima linea: insistono sulla dignità della vita e sul diritto alla vita, prima del diritto alla morte. L’arcivescovo Eric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale, sottolinea: «Il nostro dovrebbe essere, a partire dalla legge Claeys-Léonetti, un Paese all’avanguardia nelle cure palliative. Ma il presidente della Repubblica presenta un testo già pronto sulla “morte assistita”. Invece sulle cure palliative solo promesse vaghe con cifre approssimative».
Mettere a disposizione di tutti le cure palliative
L’arcivescovo sottolinea: «Questo non ci conduce verso una maggiore vita ma verso la morte come soluzione alla vita. I francesi non vedrebbero allo stesso modo la fine della vita se le cure palliative fossero una realtà per tutti e ovunque, come prevede la legge del 1999». Invece «negli ultimi tempi non solo non è stato fatto nulla per fornire cure palliative dove non ce ne sono, ma le risorse di diversi servizi esistenti sono state ulteriormente tagliate».
L’ambiguità di Macron
Il presidente della Repubblica – argomenta de Moulins-Beaufort – «chiama “legge di fraternità” un testo che di fraternità non ha nulla e che apre all’eutanasia. È un inganno. La legge inclinerà il sistema sanitario verso la morte come soluzione». In sostanza, il numero uno dei vescovi denuncia l’«ambiguità» di Macron perché parla di «assistenza a morire e in realtà apre la strada all’eutanasia. Come vescovi chiediamo che la società aiuti a vivere e a vivere fino alla fine. Ciò che ti aiuta a morire in modo pienamente umano non è un prodotto letale, è affetto, considerazione, attenzione».
La migliore fine vita possibile
I vescovi, riuniti in assemblea plenaria a Lourdes, esprimono «grande preoccupazione e profonde riserve sul disegno di legge»; affermano che «è un imperativo di umanità e di fraternità alleviare la sofferenza e offrire a tutti la migliore fine vita possibile, anziché interromperla con un gesto letale»; riaffermano «l’attaccamento alla via francese di rifiutare la morte indotta e di dare priorità alle cure palliative»; invitano i cattolici francesi a impegnarsi con le persone disabili, anziane, in fin di vita; osservano: «La richiesta di suicidio assistito o di eutanasia è spesso espressione di un sentimento di solitudine e abbandono».
A maggio la prima lettura all’Assemblea nazionale
In questo modo i vescovi d’Oltralpe sperano di influenzare le discussioni parlamentari pur tenendo presente che, secondo un sondaggio, l’81 per cento dei francesi sostengono «il modello francese sul fine vita» che riguarderà solo gli adulti «capaci di discernimento pieno e completo, affetti da patologia incurabile, con una prognosi a breve termine, con sofferenze che non possono essere alleviate»; prevede che il paziente faccia richiesta per l’aiuto a morire, ricevendo entro quindici giorni il parere collegiale dell’équipe medica: in caso di parere favorevole, gli verrà rilasciata la ricetta, valida tre mesi, per un prodotto letale che potrà assorbire da solo. Oppure, quando non è in grado di farlo, con l’assistenza di un medico o di un volontario. Macron dice che non si tratta né di un nuovo diritto né di una libertà, ma di una possibilità. La prima lettura sarà all’Assemblea nazionale a maggio, prima delle elezioni europee di giugno.
Il rifiuto della morte provocata
«Proclamiamo instancabilmente – scrivono i vescovi – che tutta la vita merita di essere rispettata incondizionatamente e accompagnata da un’autentica fraternità. Ci facciamo portavoce di tanti nostri concittadini, cristiani o no, credenti o no e di un gran numero di operatori sanitari. Ribadiamo il rifiuto della morte provocata e la priorità alle cure palliative. È un imperativo di umanità e di fraternità alleviare la sofferenza e offrire a tutti la migliore fine vita possibile, anziché interromperla con un gesto letale. Il nostro ideale democratico, così fragile e così necessario, si fonda sul divieto fondamentale di uccidere. Esprimiamo grande vicinanza alle persone che soffrono e salutiamo l’impegno di chi si prende cura di loro».
Le vite fragili non sono prive di significato
Sono convinti, i vescovi, che «le cure palliative possano e debbano svilupparsi ulteriormente, quantitativamente e qualitativamente, in tutto il Paese rispondendo sempre meglio al dolore. Quanto più progredirà la solidarietà con le persone vulnerabili, tanto più il Paese andrà avanti su un rinnovato cammino di fraternità, giustizia, speranza e pace. La nostra epoca, spesso abitata dalla paura della morte e dal desiderio di prolungare la vita indefinitamente, considera prive di significato le vite fragili. Ogni vita, per quanto fragile, merita di essere onorata sino alla fine naturale. In mezzo a tanta violenza nel Paese e in tutto il mondo, invitiamo i cristiani e tutti gli uomini e le donne di buona volontà a essere autentici servitori della vita».
Pier Giuseppe Accornero
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