27 Agosto 2019
Un sinodo per denunciare gli interessi dietro agl'incendi in Amazzonia
Da un paio di settimane – e la notizia è rimbalzata anche in Italia – numerosi incendi (73 mila, oltre l’83% più dello scorso anno) stanno bruciando aree estese della foresta amazzonica tra Brasile, Perù e Bolivia.
Per Padre Dario Bossi, provinciale dei missionari comboniani in Brasile e membro della REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica), non si tratta di fatalità, ma del risultato di scelte politiche «di un governo che tende a favorire i progetti delle grandi imprese e del latifondo» allo scopo di estendere l’allevamento del bestiame e la monocoltura della soia. Don Bossi non ha dubbi: «Il governo è responsabile da quando ha cominciato a tagliare i finanziamenti alle agenzie e alle istituzioni che dovrebbero occuparsi della prevenzione e del controllo (Ibama, Incra, Funai)». Anche se le politiche di taglio dei costi erano già precedenti, dall’inizio del mandato del presidente Jair Bolsonaro «sono stati strategicamente imponenti», accompagnati all’indebolimento degli istituti deputati a investigare e denunciare i danni ambientali e il disboscamento. Sempre il governo sta favorendo l’estrazione mineraria soprattutto nelle aree indigene – «il presidente ha negato più volte il riconoscimento dei territori alle popolazioni originarie» – e in quelle protette, allentando i vincoli della licenza ecologica per i grandi progetti nell’area amazzonica. «Un progetto opposto a quello della preservazione, un progetto del saccheggio e dell’esportazione che rinnova in chiave moderna quello che da 500 anni si sta replicando in America Latina: il sistema coloniale!» A fronte delle manifestazioni popolari, Bolsonaro, rifiutando le sue responsabilità, ha addirittura avanzato, «senza nessuna prova», l’accusa alle organizzazioni non governative impegnate a tutela dell’ambiente di aver provocato gli incendi «per favorire la polemica politica e la critica al governo».
La chiesa panamazzonica, di fronte alla sfida posta dalle pressioni politiche e economiche sull’ambiente, già dal 2017 «sta costruendo un processo partecipativo, visionario quello del sinodo dell’Amazzonia». Un sinodo – «figlio della “Laudato si’”» e intitolato “Nuovi cammini per la chiesa e l’ecologia integrale” – per dare una risposta a questi conflitti. «Crediamo in una chiesa di presenza, e non di visita, che si faccia prossima e che riesca ad ascoltare e fondare il suo impegno a partire dal clamore dei poveri […] che valorizzi il ruolo delle donne, capace di denunciare e annunciare una nuova relazione con l’amazzonia ispirata allo stile di vita dei popoli indigeni, […] uno stile di vita fondato sulle relazioni, sulla non capitalizzazione, sul rispetto alla madre terra […] Non possiamo separare la politica dall’economia, dall’ecologia, dalla cultura, dalle pratiche di vita quotidiana». Un sinodo che, partendo dalla dottrina socio-ambientale della chiesa, «sicuramente dirà parole forti sull’urgenza politica di difendere e far crescere l’Amazzonia in un contesto di emergenza climatica come quello di oggi».
Guido Rostagno
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